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Gilberto Evangelisti, generoso di consigli e insegnamenti

di    -    Pubblicato il 20/04/2011                 
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Gilberto Evangelisti nella redazione sportiva di RadioRai

Qualcuno si ricorderà di Gilberto Evangelisti come eccellente radiocronista sportivo o come Presidente della Federazione Nazionale della Stampa; ma chi l’ha incontrato sulla propria strada ricorda i consigli che dispensava a chi si stava affacciando alla professione o sulla porta di una redazione. “Lo conobbi – ha detto Tarcisio Tarquini, giornalista e presidente Edit Coop – quando era presidente alla Fnsi, e continuava a formare e insegnare nei corsi e nelle scuole di giornalismo. E’ sempre stato attento alla formazione e alla promozione dei giovani. Avevo con lui un rapporto di profonda stima e fiducia. Siamo nati tutte e due ad Alatri, dove ho avuto modo di organizzare e creare con lui il Premio Alberto Minnucci, per oltre trent’anni interprete dei bisogni della comunità locale”.

Un’presenza costante, saggia, ricca di consigli. “Avrebbe potuto farne a meno, metterci solo una firma – ha detto ancora Tarquini – invece era lì in prima linea a sostenere l’evento, il premio, di cui era Presidente Sergio Zavoli”.

Gilberto Evangelisti, aveva 82 anni. Fratello del democristiano Franco (uno dei più stretti collaboratori di Giulio Andreotti), è stato uno dei pionieri del giornalismo sportivo alla Rai, firmando rubriche come “Novantesimo minuto” e  “Tutto il calcio minuto per minuto”. Ma la sua passione per la professione non si fermava in una sedia di redazione. Divenne anche Presidente della Fnsi nel 1989. Per tantissimi anni è stato segretario della Commissione d’esame dell’Ordine, tenendo quindi a battesimo intere generazioni di giornalisti.

Gilberto Evangelisti era una persona generosa, attenta alla cultura del suo paese natale tanto da voler offrire alla biblioteca comunale i libri del fratello Franco, ex sindaco di Alatri. Una donazione che lo stesso comune non ha ancora accettato. “A lui dispiaceva – ha aggiunto Tarquini sul suo blog – ma il suo rammarico lo esprimeva a mezza bocca, senza alzare la voce o prendere cappello. In fondo, l’affare della biblioteca era pur sempre una buona scusa per tornare”.

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