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Giornalisti italiani “vecchi e poveri” i dati dello studio di Lsdi

di e    -    Pubblicato il 15/01/2012                 
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Il giornalismo è vecchio, povero e maschio nelle posizioni più fortunate. Questo è il quadro poco rassicurante uscito dal report di Pino Rea, giornalista impegnato nell’esperienza di Lsdi, un sito di metagiornalismo: notizie per difendere la Libertà di Stampa e il Diritto all’Informazione (da questo la sigla).

La ricerca fotografa una situazione poco confortante: circa la metà degli iscritti all’Ordine è inattivo (49,6%) e tra quelli che riescono a collezionare contributi c’è un divario enorme tra chi esercita la professione come autonomo (freelance, co.co.co e co.co.pro) e chi è subordinato e quindi lavora con un contratto di quelli alla vecchia maniera, poche sigle, due possibilità: tempo determinato o indeterminato.

PANORAMICA GENERALE. I dati si riferiscono al 2010, anno in cui gli iscritti all’Ordine dei giornalisti superano quota 110.000. In Francia la popolazione giornalistica è un terzo (37.415). Di questi 110.000 la maggior parte sono pubblicisti (70,7%), solo l’1,9% praticanti e il restante 27,4% professionisti. I praticanti subiscono rispetto al 2009 un impressionante calo del 31%, mentre professionisti e pubblicisti crescono di pari passo: +3,3% per i primi, +2,1% per i secondi. Per assottigliare la naturale differenza che sempre si produce tra la realtà e la sua rappresentazione, è però più utile fare qualche conto sulla base dei giornalisti attivi, e non di tutti gli iscritti, tenendo in considerazione il ruolo giocato da autonomi e subordinati. La maggior parte dei giornalisti che svolge la professione in maniera effettivamente visibile è professionista e subordinata, seguono i pubblicisti autonomi e quelli subordinati, mentre la percentuale di professionisti che sceglie di non essere inquadrata da un contratto è veramente poca:

REDDITO: Il paragone con i cugini d’oltralpe aiuta anche a capire il progressivo impoverimento della categoria italiana. In Francia per ottenere la carte de presse bisogna percepire almeno la metà del salario minimo (lo Smic, che quest’anno è di 1073€ al mese). Se dovessimo avere una regola simile in Italia sono 16.000 quelli che non ce la farebbero. Infatti 6 giornalisti su 10 percepiscono un reddito inferiore ai 5.000 euro lordi annui. Ad avere redditi così bassi sono il 62% degli autonomi (che sono il 55% dei giornalisti attivi). I subordinati se la passano meglio: scende la percentuale di chi è nella fascia più bassa di reddito e il 66,6% denuncia più di 30.000 € annui. Ad aumentare, solo numericamente, sono però gli autonomi: +7,7% contro il 3,85% dei subordinati. Questa congiuntura porta all’impoverimento della professione. Secondo Pino Rea, l’aumento degli autonomi è un ovvio segnale della crisi: “Gli editori preferiscono non assumere e affidarsi a qualcuno di esterno. E’ necessario scardinare questo sistema” ed uno dei metodi che suggerisce è quello dell’equo canone che porterebbe a disincentivare l’uso di freelance: “Bisogna portare l’editore a ritenere conveniente assumere un giornalista”. E a chi in una situazione tale avrebbe paura dell’effetto boomerang (se il giornalista costa di più non verrà pagato di più, verrà semplicemente non pagato) Rea dà una semplice risposta, le sovvenzioni pubbliche “perché il mercato è un parametro giusto per le testate commerciali, ma l’informazione intesa come servizio pubblico ha bisogno di sovvenzioni”.

DONNE: Boom di presenze femminili, ma solo tra le giornaliste autonome, a confermare che nel giornalismo la cravatta è ancora più apprezzata della gonna. Le autonome crescono del 190% rispetto al 2002, mentre tra i subordinati la percentuale è nettamente inferiore: solo il 6% in 10 anni, dal 27% nel 2000 al 33% nel 2010. Il confronto con il 2009 ci fa ben sperare in entrambi i casi, ma non troppo: siamo infatti in presenza di un incremento, ma lievissimo: dal 42.1% al 42.4% nel caso delle autonome, dal 38.7% al 39% in quello delle subordinate.

PENNE VECCHIE: Rimanendo all’interno delle categorie deboli, passiamo dal gentil sesso a chi non è proprio più giovanissimo per affrontare l’ultimo dato poco incoraggiante: il progressivo invecchiamento della professione. Il 25% dei giornalisti autonomi ha più di 50 anni ed è un dato destinato a crescere visto il blocco del turn over: dalle redazioni si esce, ma non si entra e così il bianco è destinato a diventare il colore dominante. Le cose non cambiano molto se si passa a considerare gli autonomi, dove gli over cinquanta rappresentano il 16,7% con una crescita relativa soprattutto agli ultrasessantenni che conquistano un punto percentuale in più rispetto all’anno prima attestandosi al 7,4%.

Una volta finita la battaglia quotidiana con i colleghi non tutti possono godersi il meritato relax: i dati sulle pensioni raccontano di 15.000 persone percepiscono meno di 500€ lordi all’anno.

Lo studio completo si può trovare sul sito di Lsdi.







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