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Il postmoderno è morto, arriva il ‘dopo-moderno’

di    -    Pubblicato il 27/03/2012                 
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La copertina del libro "La Sociologia della riflessività"

URBINO – Dal post moderno al dopo moderno. Questa la teoria di Pierpaolo Donati, sociologo di fama mondiale dell’Università di Bologna che questa mattina ha presentato al Magistero il suo ultimo libro ‘Sociologia della riflessività. Come si entra nel dopo-moderno’ all’interno dei seminari organizzati dalla professoressa Lella Mazzoli per gli studenti di Scienze della comunicazione.

Secondo Donati la modernità è nata e si è sviluppata attraverso una forma di riflessività, individuale e sociale intesa non solo come dialogo introspettivo ma visto da una prospettiva sociologica, prendendo spunto dagli studi di Margareth Archer: una capacità di dialogo con sé stessi in relazione con il mondo. La novità indica che la modernità e anche la postmodernità applicati allo studio sociologico non risolvono le questioni attuali ma, piuttosto, paiono girare a vuoto generando maggiori problemi più che risolverli.

La prospettiva del professore Donati indica la via per uscire dalla crisi della modernità, e imboccare la via del dopo-moderno: è necessario andare oltre la riflessività del “soggetto moderno”. La proposta è di guardare alle dinamiche sociali che emergono là dove la riflessività sì applica alle relazioni sociali e non resta prigioniera della soggettività individuale o dei meccanismi sistemici. Una prospettiva che si può applicare anche all’organizzazione politica delle società. Se quelle pre moderne si basavano su una riflessività di tipo ‘comunicativo’ e quindi dipendente dalle decisioni provenienti dall’alto delle gerarchie, quella moderna e postmoderna è di tipo autonomo, tipica del capitalismo moderno. Mentre la metariflessività può rifarsi all’idea che sottende al terzo settore e il mondo dell’associazionismo: persone motivate interiormente e insoddisfatte sia dallo Stato che dal mercato.

Ma quindi che cos’è il dopo-moderno? Donati sostiene che non  si debba più ripiegare su sé stessi per capire dove è stato l’errore, ad esempio l’inquinamento o la mancanza di lavoro per i giovani. Attraverso una riflessività nuova: pensare alle conseguenze delle nostre azioni in relazione con gli altri.

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