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Riforma del lavoro: cosa cambierà

di    -    Pubblicato il 28/03/2012                 
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URBINO – La riforma proposta dal ministro Elsa Fornero ritoccherà le regole riguardanti il diritto del lavoro. Molto discussa resta la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma per la provincia di Pesaro-Urbino l’impatto maggiore potrebbe averlo la riforma degli ammortizzatori sociali. Ecco un confronto tra la situazione attuale e le novità introdotte nel disegno di legge del governo Monti su questi due punti nodali.

LICENZIAMENTI

La situazione oggi – Il licenziamento deve essere motivato. Le motivazioni possono essere oggettive (o economiche) oppure soggettive (o disciplinari).

Il carattere oggettivo riguarda cause interne all’organizzazione dell’azienda come motivi economici, attinenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro. Il carattere soggettivo riguarda il comportamento del lavoratore nel luogo di lavoro.

Ci sono poi i licenziamenti per motivi discriminatori, relativa a caratteri personali del lavoratore (come razza, religione etc.), che però è di per sé nulla perché non ritenuta una giusta causa.

A chi si applica l’articolo 18 – A tutti i dipendenti di aziende con più di 15 lavoratori o 5 per le imprese agricole.

I licenziamenti – Il giudice che dichiara inefficace il licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ordina al datore di lavoro delle imprese con più di 15 dipendenti (o 5 se si tratta di aziende agricole) di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Questo significa che queste imprese  devono reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro assunto in precedenza se il giudice riconosce che il licenziamento è senza giusta causa.

L’onere della prova della legittimità del licenziamento spetta all’azienda che deve dimostrare al giudice del lavoro (non al giudice civile) la fondatezza dei motivi alla base del provvedimento preso.

Il giudice annullando il licenziamento condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento, stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento dell’effettiva reintegrazione. La misura del risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale. Perciò il lavoratore reintegrato non perde i diritti acquisiti con il precedente contratto negli anni di anzianità di servizio come avverrebbe in caso di riassunzione.

Il lavoratore può chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione del posto di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale. Dalla comunicazione di deposito della sentenza di reintegrazione nel posto di lavoro, il dipendente ha 30 giorni di tempo per chiedere il pagamento dell’indennità.

Per le aziende al di sotto dei 15 dipendenti (o con meno di 5 nel caso delle aziende agricole) non è previsto il reintegro, ma in caso di ricorso da parte del lavoratore se il giudice dichiarerà non valida la motivazione del licenziamento, il datore di lavoro dovrà pagare solo un indennizzo fino a 15 mensilità.

Come fare ricorso – Il lavoratore una volta licenziato ha 60 giorni per impugnare il licenziamento che deve avvenire per atto scritto tramite un legale. Nell’atto si deve rendere chiara la volontà del lavoratore di contrastare il licenziamento. La comunicazione deve essere inviata al datore di lavoro.

Il dipendente ha due modi per fare ricorso:

  • - il dipendente dovrà rivolgersi a un legale che invierà, tramite raccomandata, una comunicazione all’azienda datrice di lavoro, in nome e per conto del proprio cliente, in cui annuncia di ritenere illegittimo il licenziamento. Il dipendente, inoltre, sempre tramite una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno dovrà presentare istanza alla commissione provinciale di conciliazione controversie di lavoro. Se entro 60 giorni il datore di lavoro non risponderà alla comunicazione , il dipendente potrà procedere al ricorso in tribunale.
  • - in tribunale: il legale dovrà inviare un atto al tribunale ordinario nella sezione lavoro nel quale si spiegano i motivi contestati dal lavoratore licenziato.

Il nuovo articolo 18 – Per i licenziamenti oggettivi, quelli che riguardano motivi economici, attinenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro. In caso di licenziamento senza giusta causa, che deve essere dichiarato dal giudice,  il reintegro è sostituito da un indennizzo in denaro variabile da 15 a 27 mensilità. Nei licenziamenti disciplinari, in questo caso il giudice che stabilisca l’assenza della giusta causa potrà decidere se serve un indennizzo o il reintegro. I licenziamenti discriminatori sono illegittimi sempre, e quindi non validi: il giudice perciò prevederà il reintegro del dipendente.

AMMORTIZZATORI SOCIALI

Gli ammortizzatori sociali - Attualmente in vigore ci sono cinque tipi di ammortizzatori sociali: cassa integrazione ordinaria, cassa integrazione straordinaria, cassa integrazione in deroga, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione.

  • - La cassa integrazione ordinaria (Cigo) spetta ai lavoratori di aziende industriali ed edili che rallentano l’attività per le condizioni avverse di mercato. Viene erogata dall’Inps, ammonta all’80% della retribuzione complessiva delle ore non prestate e dura al massimo 13 settimane, con proroghe fino a 12 mesi (24 mesi in alcuni casi).
  • - La cassa integrazione straordinaria (Cigs), come quella ordinaria, è un assegno pari all’80% della retribuzione complessiva delle ore non prestate e viene utilizzata in casi di ristrutturazioni aziendali o chiusura. Dura al massimo 24 mesi. Tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria, il lavoratore non può cumulare più di 36 mesi in 5 anni.
  • - La cassa integrazione in deroga, sempre pari all’80% della retribuzione complessiva delle ore non prestate, riguarda invece quelle imprese (con meno di 15 dipendenti) e quei lavoratori (a tempo determinato, apprendisti, somministrati) che non avrebbero diritto alla Cigo o alla Cigs. Ne possono beneficiare anche le imprese con più di 15 dipendenti che hanno terminato il periodo di cassa integrazione straordinaria. Dura al massimo 12 mesi.
  • - L’indennità di mobilità, finanziata da Inps e imprese, riguarda i lavoratori che perdono il posto di lavoro a causa di una ristrutturazione aziendale o della chiusura dell’azienda. La sua durata va da 1 a 3 anni e arriva a 4 anni per i lavoratori del Sud del Paese. Nei primi 12 mesi viene corrisposto al lavoratore il 100% della cassa integrazione straordinaria; successivamente si passa all’80%.
  • - L’indennità di disoccupazione viene corrisposta ai dipendenti licenziati per ragioni non dipese dalla loro volontà. Per i lavoratori che hanno meno di 50 anni, la durata di tale indennità è di 8 mesi ed ammonta, per i primi 6 mesi, al 60% della media delle ultime 3 buste paga; negli ultimi 2 mesi, invece, scende al 50%. Per i lavoratori al di sopra dei 50 anni la durata è estesa a 12 mesi e l’ammontare dell’indennità è del 60% della media delle ultime tre buste paga per i primi 6 mesi, del 50% per i successivi 2 e del 40% per gli altri 4.

La nuova Aspi – Con la riforma Fornero, resterà inalterata la funzione della Cigo. La Cigs si utilizzerà solo in casi di ristrutturazioni (e non per cessazioni di attività). Si introduce l’Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego, che assorbirà tutti gli altri ammortizzatori sociali oggi in vigore. L’Aspi verrà applicata a tutti i lavoratori senza alcuna distinzione, comprendendo così anche coloro che possono contare su meno anni di esperienza o coloro che hanno contratti atipici e precari. Alla platea di beneficiari si aggiungeranno anche apprendisti e artisti dipendenti. L’Assicurazione sociale per l’impiego avrà una durata di 12 mesi, prolungabili a 18 nel caso il lavoratore interessato abbia più di 55 anni. L’indennità corrisponderà al 70% della retribuzione e avrà un tetto massimo di 1.119 euro e verrà decurtata del 15% dopo i primi 6 mesi, e di un altro 15% dopo gli altri 6 mesi. Per accedervi sono necessari 2 anni di anzianità e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. L’Aspi entrerà a regime nel 2017 rimpiazzando l’indennità di mobilità e quella di disoccupazione.

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