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Cos’è il decreto trasparenza e perché non è un Foia / LA SCHEDA

di    -    Pubblicato il 20/02/2013                 
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Mario Monti

Lo scorso 15 febbraio il decreto trasparenza ha passato l’esame del Consiglio dei ministri. Il provvedimento sul riordino della disciplina in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni è stato definito dal governo Monti un Freedom of information act (Foia – Legge sulla libertà d’informazione) italiano. Questa dichiarazione ha scatenato le critiche delle associazioni che si occupano di diritti digitali.  Secondo gli attivisti il provvedimento italiano non sarebbe un Foia perché il diritto d’accesso ai dati delle PA, previsto dal decreto, è limitato a quelli che già dovrebbero essere accessibili per legge. 

Ma cos’è un Foia? Il Freedom of Information Act è una legge statunitense sulla libertà di informazione, emanata nel 1966 ma che recentemente ha avuto un nuovo impulso grazie al presidente Obama. Questa legge consente a chiunque di conoscere e valutare l’operato del Governo federale attraverso l’accesso totale o parziale ai dati delle amministrazioni pubbliche. Norme che garantiscono una maggiore trasparenza e che, allo stesso tempo, rinvigoriscono la libertà di stampa.

Il ritardo italiano in materia di trasparenza è attribuito da alcuni addetti ai lavori a una certa reticenza nel divulgare il patrimonio informativo che circola nelle stanze dei bottoni. C’è anche un altro problema: trovare un giusto bilanciamento tra il diritto all’informazione e quello alla riservatezza. A tal proposito Ernesto Belisario, avvocato esperto in diritto amministrativo e delle nuove tecnologie, ricorda, parafrasandolo, il parere espresso nel 2010 dal Garante della privacy canadese risolto proprio alle amministrazioni: “In tema di trasparenza non utilizzate la privacy come scusa”.

LE NOVITÀ DEL DECRETO TRASPARENZA

Il diritto d’accesso civico. Il diritto di accesso civico, sancito dall’articolo 5 del decreto trasparenza, è un istituto che consente di richiedere, senza addurre motivazioni specifiche, documenti che dovrebbero già essere pubblicati per legge. Cosa cambia rispetto al passato? Questo nuovo strumento dovrebbe rendere effettivo il diritto alla conoscenza degli atti.

Verso gli open data. All’articolo 7 del decreto  si legge che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria devono essere pubblicati in formato aperto. Cosa sono gli open data? Si tratta di dati, organizzati e indicizzati per essere facilmente fruibili, accessibili a tutti. L’unica restrizione al loro riutilizzo è, in alcuni casi, l’obbligo di citazione della fonte.

Informazione e riservatezza. Nel decreto trasparenza sono state introdotte alcune modifiche, su parere del Garante della privacy: viene espressamente esclusa la pubblicazione di dati identificativi delle persone fisiche che beneficiano di sussidi e ausili finanziari, se da questi si possono ricavare informazioni relative allo stato di salute o alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati. Inoltre, su richiesta delle Regioni, verranno pubblicati, tra gli altri, i dati riguardanti: le situazioni patrimoniali di politici, e parenti entro il secondo grado; gli atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti urbanistiche; quelli, in materia sanitaria, relativi alle nomine dei direttori generali e gli accreditamenti delle strutture cliniche.casi, l’obbligo di citare la fonte.

I PROBLEMI

Il sito Foia.it

Le critiche al Foia del governo. Negli ultimi mesi, in Rete si è sviluppato un movimento per l’adozione di un Freedom of information act nel nostro Paese: con Foia.it giornalisti, professori ed esperti come Giovanni Sartori, Roberto Natale, Pietro Ichino, Guido Scorza, Vittorio Roidi e Raffaele Fiengo si battono proprio per questo (per la trasparenza: alcuni dei nomi qui elencati hanno insegnato alla scuola di giornalismo di Urbino).

Va anche a loro il merito degli elementi innovativi del decreto. Ma alcune perplessità restano: “Il provvedimento – spiega Ernesto Belisario – rappresenta un grande passo avanti in tema di accesso ai dati, ma il decreto appena approvato ha abrogato le precedenti disposizioni e ancora non sappiamo come sia stato inserito all’interno del Testo Unico. Così si crea un un’assenza di trasparenza legalizzata”.

La trasparenza italiana: questione (anche) di soldi. Realizzare un Foia italiano è complesso e ha un suo prezzo. “In Italia il costo della corruzione – afferma Ernesto Belisario – si aggira intorno ai 60 miliardi di euro (Corte dei conti), cioè più di mille euro a cittadino, mentre quello del Foia statunitense è di 5 di soli dollari”. Se anche noi lo adottassimo il ritorno economico sarebbe considerevole e potrebbe convincere molti investitori esteri a puntare sul nostro Paese.

C’è anche un aspetto tecnico-organizzativo che coinvolge il problema della copertura finanziaria del progetto. In Italia, su un totale di 8101 Comuni, 5787 sono sotto i 5000 abitanti. La scarsità di fondi per tecnologia e formazione e un organico ridotto rischiano di diventare degli ostacoli insostenibili per gli enti locali.

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