URBINO – Ci sono un matematico, un programmatore e un giornalista. Non è l’inizio di una barzelletta ma l’assetto di lavoro al quale le redazioni dovranno fare l’abitudine se non vogliono rimanere fuori dalla nuova era del data journalism.
È il messaggio del direttore di Wired Massimo Russo e Luca Tremolada, giornalista del Sole 24 Ore, che questa mattina hanno aperto la giornata di appuntamenti dedicata all’Ifg di Urbino e ai suoi ex allievi.
Un argomento che avrebbe interessato Luca Dello Iacovo, allievo del biennio 2004-2006, scomparso nel dicembre 2013 e ricordato oggi dai suoi colleghi di corso. Luca, che collaborava con l’inserto Nòva del Sole 24 Ore, era un grande appassionato di innovazione anche nel giornalismo.
Nel video: la giornalista Laura Troja legge i ricordi scritti dai compagni di corso di Luca Dello Iacovo.
“La novità che viviamo oggi – ha spiegato Luca Tremolada – sta nella grande disponibilità di dati e nella facilità d’uso di un gran numero di strumenti che permettono di rielaborare le informazioni per renderle fruibili a tutti”. I numeri nel giornalismo ci sono sempre stati, soprattutto nei quotidiani economici: “Al Sole una volta ci chiedevano di mettere una cifra ogni tre righe – ricorda Tremolada – oggi non possiamo farne a meno visto che solo le stesse amministrazioni pubbliche che cominciano a rendere pubblici i propri dati”.
Le redazioni dei grandi gruppi editoriali italiani si stanno gradualmente aprendo al lavoro sui dati: “Il grande fermento – aggiunge Tremolada – arriva anche da una serie di collettivi autonomi, gruppi di bravi giornalisti e programmatori che grazie ai dati sperimentano strade nuove”. Un esempio è il newsgame, videogiochi utilizzati come strumenti per interpretare le notizie, come l’americano DebTetris di David McCandless, che attraverso un videogame spiega il meccanismo dei mutui subprime.
LIVETWEETING – La cronaca della giornata
Emblematici sono stati poi i casi di Wikileaks di Julian Assange e le rivelazioni emerse dai documenti decapitati dall’ex analista della Nsa Edward Snowden. Sono i big data, imponenti quantità di dati e informazioni che nel primo caso in particolare: “Hanno costretto le cinque grandi redazioni che li hanno ricevuti – spiega Tremolada – a elaborare enormi quantità di file pubblicati in una serie di articoli in contemporanea: Assange ha saputo hackerare il sistema giornalistico mondiale sfruttando anche il timore di ogni redazione di ‘prendere un buco’ dagli altri che possedevano i dati”.
“Ci sono state più innovazioni negli ultimi cinque anni che da cinquant’anni a questa parte – ha detto Massimo Russo – siamo e saremo costretti a modificare il nostro modo di produrre le notizie e anche di fruirle, viviamo in un momento storico paragonabile solo al 1775 quando fu inventata la macchina a vapore”.
Una rivoluzione che come è sempre successo nella storia non arriva da dove ce l’aspettiamo: “Non sono gli establishment a portare i cambiamenti, questi arrivano dalla periferia, dagli attori secondari, da chi ha un’idea e fa l’uso migliore della tecnologia”.
Anche il giornalismo dovrà cambiare secondo Massimo Russo, prendendo ad esempio l’evoluzione dell’iOs, il sistema operativo della Apple su iPad e iPhone: “Le interfacce grafiche stanno abbandonando lo scheumorfismo, cioè il richiamo ad oggetti di uso comune associato alle funzioni dell’apparecchio che utilizziamo, come ad esempio la bussola che simula graficamente proprio le vere e proprie bussole. Allo stesso modo, oggi i siti internet dei quotidiani vengono ancora impostati come una “copia digitale” del giornale cartaceo. Sul web, però, il paradigma è diverso”. Nelle redazioni online, insomma, serve più coraggio. “Fare o non fare. Non esiste ‘provare'”. Ha concluso Russo citando il maestro Yoda di Guerre Stellari.
Tutto questo, senza dimenticare i cardini che hanno sempre sostenuto il mestiere del giornalismo: “Silvano Rizza sarebbe stato d’accordo con Giuseppe D’Avanzo, secondo il quale il giornalista scova, ricerca e racconta le notizie. Questo non può cambiare, ma dobbiamo considerare che ci rivolgiamo a un ecosistema dell’abbondanza: non possiamo essere totalmente esaustivi, dobbiamo portare valore nelle cose di cui ci occupiamo. Dimentichiamoci dell’organizzazione gerarchica verticale delle notizie: oggi è roba da giornali cattedratici”.
Un concetto non condiviso da Paolo Gambescia, l’ex direttore dell’Unità, del Mattino e del Messaggero che è intervenuto subito dopo Massimo Russo. “Non possiamo confondere la quantità con la qualità e le gerarchie vanno mantenute. I giornali – ha sostenuto Gambescia – dovrebbero avere meno pagine, i telegiornali meno servizi, ma il tutto dovrebbe essere più denso e filtrato da professionalità”.