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Fotografare l’informazione culturale: web, tv e carta stampata a confronto

URBINO – “Un fotografia dell’informazione culturale italiana”: è il titolo della conferenza mediata da Massimiliano Panarari de La Stampa tenuta al collegio Raffaello subito dopo la lectio di Piero DorflesCinque relatori per affrontare in maniera diversificata il problema dell’informazione e della cultura: Isabella Donfrancesco (Rai Educational), Nicola Lagioia (scrittore), Giuseppe Laterza (Laterza editore), Giuseppe Roma (Direttore del Censis) e Massimo Russo (Ifg Urbino).

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Il giornalismo culturale deve avere anche una funzione sociale? Si può, attraverso la cultura, stimolare la coscienza critica delle persone? Il giornalismo culturale può produrre dibattito? Cinque ‘osservatori’ diversi: dal mondo del web arriva l’incitamento a rendere la cultura ancora più pop; la televsione vuole continuare ad essere un mediatore tra la cultura e i cittadini attraverso l’approfondimento i canali tematici; chi scrive e fa cultura ha bisogno del supporto dell’informazione e di più promozione anche attraverso il dibattito critico; dal punto dei vista dei dati l’analisi si concentra sui cambiamenti epocali che stanno interessando il paese: più del 50% della popolazione si informa oramai su internet ed è quindi in quel luogo virtuale che bisogna promuovere la cultura.

Giuseppe Laterza

“Io do un giudizio positivo del giornalismo culturale italiano: io faccio libri e la loro sorte dipende anche da come i giornali affrontano la cultura. Nei giornali ci sono molte recensioni fatte anche molto bene”. Giuseppe Laterza apre il suo intervento con un pensiero positivo per poi spostare l’attenzione su ciò che manca: “Ciò che manca è la recensione critica, cioè quel momento di confronto in cui chi scrive prende sul serio il libro che ha letto. Spesso nei giornali italiani c’è la stroncatura oppure il silenzio: questo è un problema perché io credo che solo dal confronto, anche acceso, si possa crescere. Nessuno di noi ha la verità in mano: l’avvicinamento alla verità avviene solo attraverso la dialettica. Ecco il punto: il giornalismo culturale deve essere confronto senza demolizione”. In chiusura il pensiero di Laterza sulla “cultura di tutti”: “E’ sbagliata l’idea secondo cui la cultura sia un mezzo di esclusione: la cultura deve essere accessibile a tutti senza perdere capacità critica”.

Giuseppe Roma

“L’Italia è un paese pieno di cultura ma gli italiani non se ne interessano: dovremmo iniziare a chiederci perché”. Giuseppe Roma concentra il suo intervento sul problema dell’assenza di cultura nella “marmellata mediale” in cui viviamo oggi. “Il soggetto è il contenuto stesso che viene trasmesso, basti vedere i social network. Le stesse pagine culturali spesso riportano articoli di interpreti-protagonisti: questo genera molta confusione”. Secondo Roma il problema non è di spazio per la cultura, perché oggi ci sono più inserti di quando esisteva solo la “terza pagina”, né di giornalismo culturale ma di come far diventare la cultura interesse prevalente di tutti: “Per aiutare anche l’economia la cultura deve diventare interesse di tutti. E’ necessario darle appeal facendola scendere dal piedistallo”.

Isabella Donfrancesco

Concentrato sul ruolo della televisione nel processo di interazione cultura-informazione l’intervento di Isabella Donfrancesco: “Noi (Rai Educational) abbiamo creato una serie di canali tematici che sono un luogo di scambio e approfondimento; attraverso la tv si può mediare la cultura e in questo senso il mezzo deve avere solo un approccio di servizio”. Lo scambio di cui parla la Donfrancesco è soprattutto di tipo culturale rispetto alle diversità: “Abbiamo un portale dedicato alla lingua italiana per gli stranieri. Chi vuole fare cultura attraverso i servizi deve necessariamente parlare a chi è diverso: c’è bisogno di interattività”. Vantaggio della televisione specializzata il fatto di poter mostrare cose che normalmente non sarebbero di interesse comune: “Si possono vedere in faccia gli scrittori, cosa che prima non era possibile. Ci possono scrutare i loro volti con i loro tic e i loro vizi. In questo senso la tv si deve porre come mediatore ma in un garbato secondo piano”.

Massimo Russo

“Spiazzerò la platea iniziando il mio intervento con una provocazione: la rete è stupida”. Massimo Russo, che sta per diventare direttore di Wired ed è un esperto giornalista informatico, parla di rete, informazione e cultura. “La cultura è diventata ormai di massa e secondo me dovrebbe essere ancora più pop. Attraverso il passaggio al digitale il processo di apertura si è completato. Ciò che è cambiato è il verso della reazione: se prima la cultura era un sistema che dall’alto si spostava verso il basso ora con il web la cultura si sposta da nodi periferici verso altri nodi. Non c’è nessuno che regolamenta”. E sul recente ‘intervento di Laura Boldrini, presidente della Camera sulla regolamentazione dell’ “anarchia del web”, Russo fa questa riflessione: “Se restiamo legati alla vecchia idea di cultura che dall’alto viene regolata e pensiamo di trasferirla alla rete ci trasformiamo in un regime autoritario. Solo in paesi come la Cina, la Corea del Nord questo può avvenire. La ricchezza della rete sta proprio nel fatto che non sindaca sui contenuti”. E conclude: “Nella rete devono valere le stesse regole che ci sono nella vita reale, non ne servono altre. La verità è che tutto ciò che di brutto si vede sul web non è più confinato e può uscire alla luce del sole. Ma per rispondere ai problemi profondi è necessario che ci sia un cambiamento umanosenza mortificare la realtà”.

Nicola Lagioia

Il punto di vista di Nicola Lagioia chiude il dibattito: “Nelle redazioni dei quotidiani vigono delle regole stupide: è incredibile pensare ancora che per scrivere di cultura bisogna ‘stare sul pezzo’”. Per interesse dei quotidiani prima dell’uscita di un romanzo l’autore viene intervistato o recensito ma questo comporta una perdita di riflessione a discapito della qualità. “Altra cosa che non capisco- continua Lagioia- è la gara a chi arriva prima sulla recensione: l’agenda dei capiredattori è più importante dei contenuti”. Nell’ultima riflessione cita Pasolini: “Molti si lamentano del fatto che oggi manca una figura come quella di Pasolini. La realtà è che non manca Pasolini ma manca lo spazio su cui scrivere ciò che scriveva Pasolini. Nessun quotidiano oggi permette di esprimere opinioni diverse dalla linea del quotidiano stesso”.

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