URBINO – Cinque parole per descrivere il ruolo dell’intellettuale in Italia: pedagogia, ascolto, responsabilità, bellezza e autorevolezza. Così l’editore Giuseppe Laterza e la scrittrice giornalista Elena Stancanelli hanno tracciato l’identikit di chi oggi produce visioni del mondo e orienta l’opinione pubblica nel nostro Paese. Un ritratto a pennellate contrastanti, quello che è emerso questa mattina al Legato Albani, durante uno degli incontri conclusivi del Festival del giornalismo culturale.
Partiamo dalla pedagogia. “Insegnare significa saper orientare ma anche disorientare il lettore – dice Giuseppe Laterza – ma come fai a fare pedagogia senza avere una visione del mondo? Non basta la competenza se non viene contestualizzata. Benedetto Croce non è solo la somma delle sue competenze ma è stato in grado di formare le coscienze delle classi dirigenti italiane. Come lui tanti altri che consideriamo tecnici ma in realtà sono intellettuali”.
Secondo l’editore determinante in questo senso è il ruolo degli insegnanti, parere non condiviso dalla Stancanelli che si relaziona tutti i giorni con professori ed educatori grazie al suo ruolo di presidente dell’associazione “Piccoli maestri”, un gruppo di scrittori che vanno di scuola in scuola a raccontare i grandi classici agli studenti. “Non credo che il corpo insegnanti italiano – dice la giornalista – sia tra i più fini intellettuali del Paese. Se non si ha idea di cosa è successo in Italia negli ultimi 40 anni, come puoi essere in grado di spiegare la contemporaneità? La cultura è un elastico tra quello che è stato è quello che è”.
L’esperienza di “Piccoli Maestri” dimostra l’importanza della presenza dell’intellettuale all’interno di una realtà. Presenza fisica che si lega alla loro autorevolezza. “Quando andiamo nelle scuole, dimostriamo ai ragazzi che gli autori esistono – dice la Stancanelli – e nell’era del virtuale è importante sapere che posso fidarmi di una persona che guardo negli occhi”.
Ma in realtà, non tutti gli intellettuali hanno questa consapevolezza. Giuseppe Laterza la pensa così: “Gli intellettuali italiani ascoltano poco e usano la cultura in maniera esclusiva. Invece l’argomentazione è un dovere dell’intellettuale”. Secondo l’editore questa categoria dovrebbe abdicare alla autoreferenzialità in nome della responsabilità democratica che ha. Responsabilità che comporta la misura del potere, il dubbio e soprattutto la loro autonomia perché l’intellettuale deve essere dissidente, spiazzante e in alcuni casi anche spiacevole. E sta qui il paradosso del suo ruolo: deve conquistare persone alle sue idee ma senza metterle per forza a loro agio.
Fra gli altri compiti degli intellettuali, infine, secondo la Stancanelli c’è la produzione di bellezza. “Non si può produrre bellezza se non ci si mette in relazione con il presente – conclude la giornalista – gli intellettuali hanno il dovere della manutenzione della contemporaneità, devono cioè stabilire dei criteri di ‘classicità’ all’interno dell’epoca in cui vivono”.