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Storia, cronaca, fede e tecnologia: “Così raccontiamo il Conclave”

di    -    Pubblicato il 12/03/2013                 
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La piazza di San Pietro gremita in attesa della fumata Bianca e l’entusiasmo che diventa delusione per il nero che esce dal camino sopra san Pietro. Il clima che si respira durante il conclave è sempre la stesso. A raccontarci gli aspetti più nascosti e a dare una chiave di lettura ci sono i giornalisti, che approfondiscono sia gli aspetti religiosi, che quelli più strettamente politici. Ma dall’ultima elezione del 2005, che ha consacrato Papa Benedetto XVI, il panorama dell’informazione è cambiato: social media e citizen journalism hanno moltiplicato le fonti e cambiato il modo di reperire informazioni.

Ma il ruolo del giornalista è cambiato? Secondo gli addetti ai lavori no.  Aldo Maria Valli, vaticanista di Rai 1 che nel 2005 ha seguito con lunghe dirette l’elezioni del Papa racconta: “Per fare questo lavoro bisogna aver studiato tanto i meccanismi della chiesa, ci vuole preparazione storica e teologica. Per seguire il pontefice nei suoi viaggi bisogna aver studiato la cultura dei popoli che visita. Non basta essere preparatissimi sulla cronaca degli eventi”.

Ma anche se lo stesso Valli ammette che il giornalista sta perdendo sempre di più la sua autorità come mediatore privilegiato di notizie: “Il giornalista è ancora centrale per scelta del pubblico, ma le nuove generazioni usano sempre di più fonti alternative. Una volta eravamo solo noi con la nostra telecamera, ora, un cittadino qualunque può diffondere immagini fatte col suo cellulare. Oggi la professionalità del giornalista è più che mai un valore fondamentale per i grandi media”.

Secondo il vaticanista de La Stampa, Giacomo Galeazzi, “i giornalisti sono ancora in prima linea; il ruolo dei mezzi d’informazione è dare ai lettori gli strumenti con cui capire le notizie e approfondire gli aspetti più difficili da decifrare. Questo non sarebbe possibile con Twitter. I giornali cartacei sono ancora il mezzo migliore per capire quello che succede”. Sempre secondo Galeazzi: “I nuovi media non danno più notizie di prima, hanno solo cambiato il modo di trovarle”.

Attraverso i social media i cardinali anticipano i comunicati, ma il lavoro dei giornalisti è tutt’altro che finito: “Ogni target di lettori è interessato ad aspetti diversi dell’elezione del papa – conclude Galeazzi – c’è chi è interessato al futuro della Chiesa e chi agli scandali che hanno colpito la Santa Sede”.

Se per Valli “il sovraccarico di notizie rende più difficile capire ciò che è importante, per questo il ruolo del giornalista rimane centrale”, il vaticanista della Stampa sottolinea come attraverso la rete si trovano spesso notizie che anticipano i comunicati ufficiali. “Il caso più famoso – dice Galeazzi – è quello di Roger Mahony, arcivescovo di Los Angeles coperto dagli scandali”.

Mahony, accusato di aver coperto 129 casi di abusi su minori, dopo le dimissioni di Papa Benedetto XVI, ha usato Twitter per dare la notizia: “Sarò al conclave”. Poche parole che hanno fatto il giro del mondo in un click.

Il modo di raccontare il papa e la sua elezione è però molto diverso nei Paesi di diversa confessione religiosa. Secondo Asaf Ronel, giornalista del quotidiano israeliano Haaretz “nel 2005, subito dopo l’elezione di Benedetto XVI, tutti i media israeliani hanno puntato gli occhi sul passato di Ratzinger nella gioventù nazista. Il ritiro della scomunica al vescovo revisionista Richard Williamson e la beatificazione di Pio XII (il papa che ha taciuto sullo sterminio degli ebrei pur essendone a conoscenza, ndr) hanno suscitato molto scalpore in Israele. Ratzinger ha migliorato la sua posizione nei media dopo la sua visita alla sinagoga di Roma e il viaggio Gerusalemme, che l’ha riabilitato come amico degli ebrei”.

I media, al di fuori dell’Italia “sono molto più interessati agli aspetti politici del conclave, più che alla sua dimensione religiosa” come afferma Valli. La conferma è data anche dal giornalista di Haaretz, secondo cui “i nostri lettori sono molto interessati alle dimissioni di Benedetto XVI: ci si interroga se ci siano state delle ragioni nascoste che non sono state ancora rese pubbliche”.

Come ricorda Galeazzi, in questo senso ha molta importanza la provenienza geografica dei giornalisti: “La stampa di ogni nazione punta su temi diversi. A Mosca, i giornali sono interessati a sapere se il nuovo papa continuerà a dialogare con il mondo ortodosso o riformerà la gerarchia della chiesa. Nel mondo arabo i giornalisti puntano a sapere chi sarà il nuovo pontefice per capire come si porrà nei confronti dell’islam”. Ogni Paese del mondo vuole avere notizie diverse”.

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