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Emergenza lavoro: emorragia giovanile anche in Provincia di Pesaro-Urbino

di    -    Pubblicato il 8/04/2013                 
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URBINO – Tra Pesaro e Urbino – secondo quanto riferisce la Provincia – sono oltre 8000 i ragazzi che non studiano e non cercano un’occupazione, più di 25.000 le persone iscritte ai centri per l’impiego e circa 5.500 i lavoratori in mobilità, molti tra i 40 e i 55 anni. Per il ministero nelle Marche la riduzione della forza lavoro nel corso del 2012 è stata dell’11,6%.

In Italia lo scorso anno sono stati persi oltre un milione di posti. Il bollettino del ministero del Lavoro fornisce anche una triste panoramica della situazione giovanile.

Secondo il ministero nel 2012 i licenziamenti sono cresciuti del 13,9% rispetto al 2011 e i più colpiti sono stati i ragazzi e le donne. Si registra anche un boom di assunzioni per i braccianti agricoli (più di 149.000), mentre sono diminuite del 10,9% quelle dei giovani tra 25 e 34 anni.

Flavio Nucci, responsabile per le politiche del lavoro, sostiene che nella provincia di Pesaro e Urbino si è sentito più duramente l’impatto della crisi rispetto ad altre realtà locali. Il motivo è che il mercato del lavoro, in quest’area, si basa prevalentemente sul settore manifatturiero e che quindi “i licenziamenti, individuali e collettivi, colpiscono una platea di disoccupati con età media tra i 35 e 50 anni, difficili da reinserire in un contesto lavorativo”.

Parlando di misure concrete attuate dalla Provincia, “oltre al rifinanziamento del fondo anticrisi – afferma Nucci – stiamo puntando sulla riqualificazione professionale e sulla collocazione in settori in controtendenza rispetto a quelli in crisi, come quello dell’informatica, attraverso corsi di formazione”. E poi c’è da affrontare il problema della depressione da disoccupazione, fattore che ha portato a tragedie come quella di Civitanova Marche. “Sono nati, presso il centro per l’impiego di Pesaro, i cosiddetti gruppi di parola, team di psicologi per sostenere le persone in difficoltà e aiutarle a riprendere la ricerca attiva del lavoro”.

Non esiste in Europa un altro Paese come l’Italia con una così elevata esclusione giovanile dal lavoro. Stando al Bes, rapporto sul benessere equo e sostenibile stilato da Istat e Cnel, anche i contratti a termine scarseggiano. Poi c’è chi il lavoro ha smesso di cercarlo: sono quei ragazzi che non vengono conteggiati nel calcolo del tasso di disoccupazione. Dal 2004 al 2011 il tasso di mancata partecipazione al lavoro è cresciuto di 16 punti per giovani tra i 15 e i 19 anni e di 10 per quelli tra i 20 e i 24 anni.

Anche in Provincia la mancata crescita rende difficile il turn over: “Bisogna far leva sui contratti per l’apprendistato. Nel 2012, 370 giovani hanno anche beneficiato anche di una dote di 5000 euro. Questi incentivi all’assunzione elargiti a livello nazionale – continua Nucci – a giorni dovrebbero essere accompagnati da un prestito d’onore provinciale per i giovani imprenditori”. Non ci sono però solo giovani volenterosi in cerca di lavoro. Il sottobosco dei non occupati è anche composto dai cosiddetti Neet, ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano: “In Provincia sono 8.000 (dato Cna) – spiega Nucci – e cerchiamo di fornire loro un aiuto mirato promuovendo corsi d’orientamento per offrire nuove competenze e motivazioni”.

La percezione che i ragazzi hanno della loro condizione, nonostante i dati oggettivi sconfortanti, è sbalorditiva: si dicono soddisfatti, anche se meno rispetto agli anni precedenti. I giudizi più positivi, rivela il Bes, si hanno, paradossalmente, proprio dai giovani fino ai 34 anni maggiormente colpiti dalla crisi economica: il 45% si dice ottimista.

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