URBINO – Scrittura è cultura. A sostenerlo la professoressa Pergentina Pedaccini Floris che questa mattina ha tenuto un seminario di scrittura creativa – organizzato e introdotto da Lella Mazzoli, sociologa e direttrice dell’Ifg – a palazzo Volponi, l’ex Magistero oggi sede del dipartimento di Sociologia. Tra i banchi le matricole dell’università Carlo Bo.
Pedaccini Floris è una delle due autrici del manuale Leggere per scrivere, edito dal Centro di Documentazione Giornalistica di Roma, e scritto a quattro mani insieme a Patrizia Cotroneo Trombetta. Il testo è ricco di utili suggerimenti per gli scrittori di domani.
Il genio è colui che esce dagli schemi, osa, rompe le regole. Come si concilia l’immagine del famoso “demone” che muove la penna degli scrittori con il rigore della tecnica?
Platone diceva di esser posseduto da un demone quando scriveva. Ma non bisogna ignorare che c’è sempre della cultura alla base della scrittura. È un lavoro. L’Infinito di Leopardi sembra scritto di getto ma non è stato così: moltissime le redazioni di questo testo, concepito definitivamente dopo anni di elaborazione. Ci sono, per ogni genere letterario, delle regole da rispettare e il genio queste regole le segue e le fa sue. Ungaretti conosceva benissimo la metrica però era capace di costruire un settenario e dividerlo in due parti. In sintesi, per abbandonare certi schemi bisogna prima conoscerli. Noi sappiamo che si può imparare a farlo. Certo, chi ha il fattore X lo sa istintivamente.
E cos’è il fattore X?
La capacità di essere diverso dagli altri. La genialità non si può insegnare ma si può imparare a scrivere in modo dignitoso e professionale, evitando le banalità. Fondamentale è adottare nuovi punti di vista, dire in modo diverso quello che gli altri dicono in modo comune. Sedersi davanti a una siepe che ostacola la vista, per non vedere e per immaginare tutto, anche l’infinito.
Quanto la dedizione e la disciplina possono incidere sulle capacità di uno scrittore?
Per Calvino lo scrittore deve avere il tempo di Vulcano e quello di Mercurio. Il dio Vulcano lavorava con impegno sotto l’Etna per forgiare le armi al buio mentre Hermes, da intermediario, portava la parola degli dei agli uomini. Ci vuole il tempo per pensare un’opera, prima della stesura, che a quel punto può esser anche immediata. Parlando di Calvino, mi viene in mente una storiella significativa: quella di Chang Tzu, abile disegnatore. Vista la sua capacità, il re gli commissionò il disegno di un granchio. Chang Tzu impiegò dieci anni ma allo scadere del tempo “prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto”. Questo è il lavoro dello scrittore.
Scrivere è un fardello o una libertà? Mettersi a nudo non è poi così facile.
È tutte e due le cose. Per lo scrittore è una liberazione perché dà molto di sé ai personaggi che crea; quelli che non lo rappresentano avranno comunque, se non altro, le caratteristiche di persone conosciute dall’autore nella vita reale. La scrittura diventa fardello se la si sente come un compito, un lavoro faticoso. Più che un fardello parlerei del dolore, che è il motore della scrittura. Chi è molto felice difficilmente si sofferma a raccontarlo.
Si dice che bisogna parlare solo di quello che si conosce…
Sì, perché la scrittura viene da dentro. Se scrivi d’amore ma non l’hai mai provato puoi solo provare a immaginarlo e di solito il risultato non è credibile.
Questa regola vale anche per i giornalisti?
Sì. Sono costretti, per il lavoro che fanno, a essere molto veloci e, a volte, molto superficiali. Chi scrive di cronaca cercando di dare dei giudizi, spesso pecca di superficialità. Dire “perdona” a un padre che ha appena perso quattro figli oppure chiedere a una madre in lutto “cosa prova?” è, quanto meno, una grossa stupidaggine.
Nella scrittura giornalistica, soprattutto quella adottata nel mondo della rete, si punta tutto su chiarezza, semplicità e sintesi…
Chi legge online, spesso legge in fretta. Clicca e si annoia molto facilmente se il testo è troppo lungo, e cambia pagina. La regola infatti sarebbe quella di scrivere articoli brevi, anche se ultimamente la tendenza è diversa. Il giornalista può restare se stesso, anche adottando una struttura semplice. E non tutti ne sono capaci. La sintesi è importante, anche la chiarezza. Quello che conta è che la semplicità non si riduca a qualcosa di comune, ordinario.