PERUGIA – Yoani Sanchez, la nota blogger cubana, ospite del Festival del giornalismo di Perugia, ha lasciato un segno: per i suoi interventi sul regime cubano; per quelli sulla professione giornalistica legata al mondo delle tecnologie; ma anche per l’approccio nei confronti dei contestatori castristi che l’hanno più volte interrotta durante la serata, dando ancora più valore alla sua affermazione: “Un mio grande dolore è di non poter avere diritto di replica”.
Ad attenderla non c’erano solo esuli cubani o gli assidui lettori del suo blog “Generation Y”, ma anche chi non gradiva la sua presenza a Perugia: l’associazione Asi Cuba Umbria, prima dell’inizio della conferenza, distribuiva volantini provocatori: “Perché il Festival sceglie di dare il microfono ad una signora pluripubblicata-pluripremiatia-pluristipendiata e non a uno dei tanti anonimi blogger cubani?”
La sala medievale era strapiena. Prima hanno preso la parola il direttore della Stampa Mario Calabresi e Omero Ciai, di Repubblica. Quando è stata la volta di Yoani Sanchez dalla platea si sono alzati una ventina di persone, mentre un altro gruppo entrava dall’ingresso con uno striscione rosso, al grido di “Sì Cuba, No Yankee”: si sono diretti verso il tavolo degli speaker, uno di loro si è avvicinato alla Sanchez e le ha urlato in faccia “Quanti soldi ti ha dato la Cia?!” , lanciandole addosso falsi dollari con stampato suo il volto. Sono arrivate anche le forze dell’ordine ed Arianna Ciccone, organizzatrice del Festival, visibilmente infastidita, è stata la prima a rispondere ai contestatori.
A riportare la calma è stata proprio Yoani Sanchez. Non si è mostrata affatto alterata e ha chiesto semplicemente di poter parlare, ma poco dopo una delle contestatrici ha chiesto spazio per le domande, che – ha spiegato Calabresi – “sarà concesso alla fine”. La dissidente cubana ha quindi atteso il suo turno per iniziare: “Giornalismo non significa tradire il proprio Paese, io mi assumo la responsabilità di quello che racconto, ma se dico che i cubani sono costretti ad allacciarsi clandestinamente alla wifi degli alberghi non credo che gli attivisti se la dovrebbero prendere con me. ” La tensione è risalita quando alcuni rappresentanti dell’Asicuba hanno formulato le domande, ma la blogger cubana di nuovo si è mostrata aperta e pronta a rispondere anche a chi la ha accusata di essere finanziata dagli Usa e di voler lucrare sulla condizione dei cittadini cubani.
“Secondo me militanza e giornalismo sono incompatibili. Non faccio parte e mai farò parte di alcuna associazione politica: sono stata alla rappresentanza statunitense all’Havana quattro volte, ogni volta che le autorità cubane mi hanno vietato di espatriare. Al Congresso Usa ho chiesto la fine dell’embargo ,che a mio avviso viene utilizzato dal regime castrista come scusa per tenere il mio Paese nell’immobilismo. Dissidenza oggi è fare la fila per l’espatrio e dire a tutti che solo da quest’anno i cittadini cubani possono avere un cellulare”.
Basterebbe anche fermarsi qui, ma Yoani Sanchez ha voluto concludere il bellezza: “Questa sì che è una lezione di tolleranza, sogno che un giorno anche nel mio Paese qualcuno possa entrare durante una conferenza e contestare gli speaker. Ringrazio anche chi mi accoglie con le grida, perché anche grazie a loro le mie argomentazioni si levano più alte”.