URBINO – “Il possibile non sarebbe mai raggiunto se nel mondo non si tentasse l’impossibile”. Salvatore Veca, filosofo e docente dell’Università di Pavia, presentato da Giorgio Zanchini e Lella Mazzoli, questa mattina ha tenuto una lectio di due ore agli studenti di filosofia e sociologia dell’Università di Urbino, spaziando con le parole su tutte le inclinazioni della parola “possibile”.
Siddharta di Herman Hesse, è un esempio di come, nell’esistenza di un individuo, si perdano progetti e quindi possibilità di sé, ha detto Veca: “La perdita del senso di una vita, può essere irreparabile come se si perdesse definitivamente dei pezzi di sé che si era preso a prestito, ma può essere un’esperienza liberante” spiega il filosofo. Siddharta, nel suo percorso, perde questi pezzi, ma ogni volta elabora delle congetture nuove della propria esistenza.
Per parlare di possibile bisogna conoscere i suoi limiti che sono la necessità, gli stipiti della porta attraverso la quale entrare per conoscere i mondi possibili. Le utopie quindi sono contemplate, ma solo quelle realistiche. Come recitava uno slogan degli anni ’70, ispirato alle parole di Ernesto Che Guevara: “Siamo realisti, esigiamo l’impossibile”.
I limiti, quando vengono estesi nella società, permettono nuove possibilità e, “come diceva Jean Jacques Rousseau – ricorda Veca – i limiti del possibile nelle cose morali sono meno ristretti di quanto pensiamo.”
Lella Mazzoli ha osservato che già si parla di dopo-modernità e non più di tardo-moderno e che forse parlare di mondo liquido, come diceva Zygmunt Bauman, quindi un mondo infinito di possibilità, è un concetto superato. “Se tutto è liquido, perché esiste l’asciugamano? Non sarà liquido anche quello?” ha detto Veca, aggiungendo che nella “postumanità” a cui andiamo incontro il mondo virtuale pagherà un tributo a quello reale.