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Due famiglie di Urbino premiate per il coraggio. Salvarono i Saul dalla Shoah

di    -    Pubblicato il 4/06/2013                 
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URBINO – “Chi salva una vita è come se salvasse il mondo intero”. È questa la frase, ripresa dal Talmud, che Sara Gilad, prima Assistente dell’Ambasciata di Israele a Roma, ha scelto di citare prima di consegnare la medaglia “Giusto fra le nazioni”. Il riconoscimento è stato dato martedì, al Collegio Raffaello, a due famiglie di Urbino, i Lobati e i Marcheggiani, in memoria di Goffredo e Stefania Lobati e il figlio Adolfo e Ivo Marcheggiani, che hanno salvato una famiglia ebrea dallo sterminio, i Saul.

Una cerimonia che ha raccolto le testimonianze dei salvati e dei salvatori e che ha visto la partecipazione di un pubblico emozionato. Commossi erano soprattutto i quattro figli di Albert Saul, venuti dall’Argentina: i loro genitori furono salvati insieme ai nonni dalle due famiglie urbinati. I figli dei Lobati e dei Marcheggiani erano seduti accanto ai Saul e hanno ascoltato gli interventi tenendosi le mani.

“Le persone a cui dobbiamo tanto non sono tutte qui con noi ma c’è chi li rappresenta”, ha affermato il sindaco di Urbino Franco Corbucci all’inizio della cerimonia. “Loro non hanno voltato le spalle ma hanno scelto di guardare negli occhi l’ingiustizia, hanno scritto una pagina di democrazia nel nostro territorio”. Il coraggio di non voltare le spalle è stato al centro anche dell’intervento del presidente della provincia Pesaro e Urbino, Matteo Ricci: “Quello che è successo qui è esemplare perché, mentre molti italiani hanno scelto di far finta di non vedere, i Lobati e i Marcheggiani hanno avuto il coraggio di rischiare la vita”.


Durante il periodo della Shoah, infatti, chi nascondeva un ebreo veniva ucciso mentre chi denunciava la sua presenza riceveva un premio in denaro, che poteva raggiungere anche le cinquemila lire. I Lobati e Marcheggiani hanno scelto di rischiare, insieme a molte altre famiglie di Urbino. “All’uscita delle leggi razziali gli urbinati erano stupiti: l’effetto fu contrario – afferma Maria Luisa Moscati Benigni, rappresentante della comunità ebraica di Urbino – si strinsero con affetto e rispetto attorno alle famiglie”. Furono, infatti, molto disponibili ad aiutare la popolazione ebrea, presente in città fin dal ‘400: spalancarono le porte dei conventi, delle case in campagna, delle chiese per offrirgli protezione. Il comportamento degli urbinati fu, dunque, impeccabile. Ma i tedeschi riuscirono a penetrare in città: l’8 settembre del ’43 quattro ebrei finirono nelle mani di una retata delle SS tedesche e furono uccisi a Forlì. “Se non fosse per queste quattro persone – afferma la Moscati – Urbino potrebbe essere annoverata tra i giusti delle nazioni al museo della Shoah”.

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