URBINO – Si è dovuta sedere di fronte a un giudice a raccontare la sua storia per poter ritrovare la tranquillità che le era stata tolta e far rispettare una misura cautelare che imponeva all’ex marito di starle lontano. Questo nonostante la mole di registrazioni che P. C., romana di 46 anni, è riuscita a portare come prova di una vita divenuta impossibile.
Ha testimoniato oggi per la prima volta nel processo per stalking contro l’ex marito R. A., poliziotto residente a Frontone (Cagli). È una storia iniziata quasi 20 anni fa, nel 1994: la donna ha raccontato che già allora, a soli due anni dal matrimonio, il marito aveva cominciato a molestarla. E non avrebbe smesso neanche dopo la nascita dei due figli, che oggi hanno 12 e 15 anni. “Tornava a casa ubriaco, mi insultava e mi ha persino messo le mani al collo“. Dopo denunce, querele, misure cautelari e interventi dei servizi sociali, oggi la donna chiede non solo il risarcimento dei danni, ma soprattutto la certezza di una vita sicura.
Nel 1996 P.C. ha deciso di lasciare il marito, con cui era sposata da quattro anni: “Soffrivo di anoressia, non uscivo da casa se non con i miei genitori, avevo paura di lui”. Ma la separazione ufficiale è avvenuta soltanto nel 2006, dopo un tentato riavvicinamento. Una decisione dovuta ad un episodio “scatenante”: “Abitavamo in un casale vicino ai miei genitori. Una sera è tornato a casa ubriaco e mi ha molestata. I miei hanno sentito le urla e mio padre ha provato a intervenire, ma il mio ex l’ha picchiato davanti ai miei figli”.
Dopo una lunga trafila giudiziaria, i due oggi sono formalmente separati, i figli sono sotto lo stretto controllo dei servizi sociali e il padre può vederli solo in incontri protetti.
Durante tutti questi anni, la donna ha registrato ogni conversazione, telefonata di minaccia ed sms dell’ex marito. E le ha presentate alla polizia postale di Roma. Ottenendo però solo un provvedimento di allontanamento che lui avrebbe ignorato. Una misura cautelare che dovrebbe impedire a R.A. di avvicinarsi all’ex moglie. “Ma a cosa serve una misura cautelare se non viene rispettata?”, si è chiesta nel corso della sua deposizione in aula.
Il processo in corso fa riferimento a fatti ben precisi accaduti nel 2012, a seguito dei quali P.C. ha presentato due querele, ad agosto e dicembre dello stesso anno. Il primo episodio, come lei racconta dettagliatamente nella sua deposizione, risale al 7 agosto 2012: mentre la figlia era al mare con un’amica e il figlio era fuori con il padre, la donna aveva deciso di andare a pranzo con un’amica in un ristorante di Frontone, a pochi passi dalla casa in cui vive con i bambini. Sarebbe bastato questo piccolo momento di libertà a scatenare l’ira dell’ex. “Mi ha telefonato insultandomi – racconta P.C. – pronunciando parole che mi vergogno anche a ripetere. Era ubriaco, ne sono sicura. Sentivo il pianto di mio figlio dall’altra parte del telefono che mi implorava di andarlo a riprendere”.
La seconda querela, invece, si riferisce a episodi avvenuti il mese dopo. “Il 5 settembre – continua – i bambini erano al cinema con il padre, mentre io ero andata a trovare una persona. Riportando i bambini a casa, lui ha notato che la mia macchina non c’era ed è impazzito dalla gelosia. Mi ha chiamata rivolgendomi i soliti insulti davanti ai miei figli, sempre più intimoriti da lui”.
Sono proprio i piccoli a subìre le conseguenze di questa drammatica situazione. “Soffrono di attacchi di panico e crisi di ansia. Temono il padre. Nonostante io li abbia sempre incoraggiati nel costruire un rapporto con lui, sono loro che spesso non vogliono vederlo né sentirlo”. Per occuparsi a tempo pieno dei figli, la donna da quattro anni non lavora più. Paradossalmente le è stata sottratta anche la patria potestà: “I servizi sociali sostenevano che fosse la mia assistita a impedire all’ex marito di vedere i figli – afferma l’avvocato Loretta Blasi – e in realtà era lui spesso a non partecipare agli incontri protetti”.
L’ultimo episodio in cui l’uomo ha fatto di nuovo irruzione nella sua vita risale solo a 15 giorni fa: “Ero in macchina, lui mi ha bloccato la strada con la sua auto. Io mi sono spaventata, lui aveva in mano qualcosa. Così mi sono chiusa dentro. E lui se n’è andato”.
P.C. spera di vincere la sua guerra: “Non riuscirò mai a dimenticare quello che ho passato, neanche tra dieci anni”. E aggiunge, facendo riferimento anche alla professione svolta dall’ex marito: “Chi fa violenza deve pagare. Soprattutto se a sbagliare è chi dovrebbe proteggerti”.