URBINO – Alla fine del quindicesimo secolo un artista ignoto dipinse un quadro intitolato “La città ideale” che si pensa sia ispirato a Urbino. Forse al tempo lo era ma a distanza di 500 anni il titolo le si addice molto meno, almeno per quanto riguarda il commercio. Secondo i dati forniti dal Comune, infatti, nell’ultimo anno 20 attività hanno chiuso le saracinesche e solo 9 hanno aperto, 7 sono stati i cambi gestione e i cambi di sede. Come dire che per ogni negozio che chiude ne apre mezzo.
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Il confronto col 2012 rende la situazione ancora più allarmante: avevano chiuso 22 attività ma ben 20 erano state rimpiazzate. In un solo anno si sono dimezzati gli imprenditori decisi ad investire a Urbino e sono aumentati quelli che hanno deciso di andarsene (se si considerano i cambi gestione, 26 attività nel 2013 hanno abbandonato la città ducale).
Per quanto riguarda i pubblici esercizi (bar, ristoranti, pub) i numeri sono meno crudeli: nel 2012 sono state 2 le chiusure, 4 le aperture e un cambio gestione. Nel 2013 le nuove attività sono state 2 e quelle che hanno cambiato gestione sono state 3.
Secondo Egidio Cecchini, responsabile della Confcommercio di Urbino, il problema numerico non è quello più preoccupante, bisogna riflettere piuttosto sul dato qualitativo: “Le attività ci sono, magari sono state rimpiazzate, non è una questione numerica. Il problema è che alla fine il volume di affari è andato comunque a scemare”.
La tanto inflazionata crisi economica ha inciso nel declino del settore commerciale di Urbino ma ci sono anche problemi legati al territorio stesso. I commercianti del centro storico per esempio sono stati penalizzati dall’introduzione della Ztl che ha di fatto diminuito il passaggio di auto e motorini quindi di potenziale clientela. Già a marzo di quest’anno i commercianti lamentavano un calo del 20% delle vendite a causa dell’introduzione delle nuove norme sul traffico in città. Da quel giorno, con l’estate di mezzo (periodo nero per Urbino perché gli studenti se ne vanno), la situazione è solo peggiorata.
“Bisogna valorizzare la realtà in cui si vive – continua Cecchini – non si può pensare di restare sempre fermi. Bisogna riconquistare il centro storico e per farlo c’è sì la necessità di valorizzare le tradizioni come l’università ma c’è anche bisogno di innovarsi. Certi spazi che oggi non hanno più possibilità di sviluppo devono essere riorientati verso attività che hanno più mercato”.
Una decina di anni fa Urbino era il polo commerciale di riferimento per tutto il territorio. Poi “la realtà del centro storico si è un po’ mummificata” e, soprattutto, sono cambiati gli interlocutori: “Bisogna favorire il turismo – spiega Cecchini – non si può star fermi in attesa che le cose tornino come prima. Ci sono imprenditori che sono riusciti a innovarsi ma quelli che continuano a rivolgersi soprattutto ai residenti e poco ai turisti e agli studenti sono destinati a soccombere”.
Il modo per uscirne, secondo il responsabile Confcommercio, è l’unione che, notoriamente, fa la forza: “Bisogna mettersi insieme a creare un’immagine bella di Urbino. Organizzare un sistema virtuoso coinvolgendo tutti per cui un cliente va in un negozio, gli viene data una pergamena con i nomi di altri negozi con sconti e offerte cosicché clienti che non sarebbero mai andati in posto sono invogliati ad andarci”.
Un altro nodo cruciale per il futuro della città è lo sviluppo dei centri commerciali. Due anni fa è stato inaugurato il Consorzio e sta per nascere il secondo polo commerciale a Porta Santa Lucia, vicinissimo al centro. Un’occasione o un problema? “Noi stiamo promuovendo l’iniziativa “doppio centro” ossia il centro storico e i centri commerciali. Per il bene del commercio queste due realtà, che di solito si contrappongono, devono imparare a stare insieme”, conclude Cecchini.