URBINO – Promette di esporre fotografie che “rimarranno per sempre nel nostro immaginario”. La prima Biennale di Fotografia, curata da Vittorio Sgarbi, che si terrà a Torino nel 2015, vorrebbe tornare a dare al mezzo fotografico l’importanza che merita. Ma ad un prezzo. Dilettanti e professionisti, per iscriversi, sono obbligati a pagare una ‘tassa’ di 350 euro. E c’è chi non ci sta. “Sono contraria eticamente – afferma la professoressa Paola Binante, coordinatrice del corso di Fotografia dei beni culturali all’Isia di Urbino – una rassegna di questo tipo è vergognosa”.
Fotografa professionista e insegnante dal 1992, Paola Binante è decisa a ‘boicottare’ il festival. “Allievi e professori, tutti nel mio corso di laurea concordano nel giudicare negativamente questo tipo di iniziativa. Non c’è alcun tipo di valutazione a livello di qualità e questo esula da tutto quello che cerchiamo di insegnare”, afferma la Binante. Dopo aver pagato la quota d’iscrizione, i fotografi possono proporre da un minimo di quattro a un massimo di sei immagini, da sottoporre ad un comitato scientifico che sceglierà per ogni artista due opere da esporre. Per Paola Binante, però, prima della selezione vera e propria c’è quella economica. “Siamo allo sbando. Rassegne di questo tipo dimostrano che non serve più essere capaci o studiare. Basta essere in possesso di una cifra”, afferma la professoressa.
Nonostante le polemiche, il curatore della rassegna Vittorio Sgarbi ha sempre difeso la tassa richiesta ai partecipanti. Rispondendo alle critiche diffuse sul web all’annuncio della nascita del festival, aveva dichiarato: “Chi è interessato deve mettersi in gioco e pagare. Non mi preoccupa la cifra richiesta, non sono piiù i tempi per chiedere contributi all’ente pubblco”. Ma aveva anche ribadito di voler creare una rassegna nuova, con ospiti illustri, per stimolare davvero la conoscenza dell’arte fotografica. “Questa Biennale di Fotografia non porterà di certo la ‘rivoluzione’ che il suo curatore, Vittorio Sgarbi, ha detto di voler portare – afferma Paola Binante – non cambierà nulla nel modo in cui la fotografia viene percepita e lo dimostra il fatto che è partita nel modo più sbagliato, come un progetto a pagamento”.
Se la nascente Biennale di Fotografia non soddisfa tutti, altri festival nazionali sembrano, invece, dare spazio “libero” ai talenti italiani. “L’Italia è ancora un fanalino di coda a livello di valorizzazione della fotografia – afferma Paola Binante – ma ci sono alcuni eventi che dimostrano l’importanza della fotografia e che hanno grande risonanza, come il SI Fest di Savignano o il festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia”.
Rassegne di questo tipo aiutano la gente ad avvicinarsi alla fotografia. Ma non bastano. “Il problema è nella mentalità – afferma Paola Binante – come possiamo incoraggiare la fotografia quando la storia dell’arte rischia di essere abolita dalla scuola? Altrove questa materia, insieme alla storia della fotografia, viene insegnata a partire dalle elementari. Solo così, solo portando i bambini ai musei e parlandogli di arte si stimola la cultura visiva. Qui, invece, stiamo andando indietro”. E il riferimento è anche alla Biennale di Fotografia: “Non si può acquistare in monete la qualità di un’immagine – conclude Paola Binanti – la qualità di un’immagine si ‘acquista’ solo con lo studio e con l’impegno”.
Sono d’accordo con Sgarbi. Un’iniziativa come questa avrà anche un’ovvia ricaduta promozionale per coloro che espongono: è giusto perciò che i primi ad investire siano loro. Il che certamente non esclude il valore culturale di questa progettata Biennale.
Ai docenti universitari contrari “eticamente”, ricordo che per conseguire una laurea occorre eticamente pagare le tasse tutti gli anni: il sapere non ti viene regalato, sei tu ad investire sulla tua formazione. Analogamente, non vedo dove sia contraria all’etica un’esposizione che dà ai fotografi, professionisti e dilettanti, la possibilità di investire il loro denaro per mostrare il loro lavoro.
Gentile Marco, nessuno le vieta di essere d’accordo con il Prof. Sgarbi, ma credo che alcune precisazioni vadano fatte. Sulla ricaduta promozionale per coloro che esporranno nutro dei seri dubbi, i presupposti gestionali non sono certo dei migliori, basta leggere con attenzione il regolamento. Inoltre, cosa determina il valore culturale di una operazione? Una seria selezione dettata dalla qualità ed il merito o uno spazio conquistato solo con il denaro? A lei la risposta. Per quanto riguarda l’investimento sul proprio lavoro lo condivido in pieno! Ma per questo ci sono le fiere non le biennali.
Sul fatto che chi consegue una laurea debba “eticamente pagare le tasse” non dipende certo dalla “volontà etica” dei professori. Esistono costosissimi corsi privati e tasse universitarie, le posso garantire che il divario è notevole. Nell’Istituto ISIA di Urbino, dove insegno, agli studenti dei corsi di fotografia “eticamente” non vengono forniti solo corsi svolti da importanti professionisti ma attrezzatura, spazi e soprattutto materiale necessario per la realizzazione dei progetti: pellicole, carte da stampa analogiche e digitale, ect. Quindi esistono realtà diverse da quelle che commercialmente vengono proposte alla massa, realtà realizzate con l’impegno, lo studio e la volontà di persone che credono nel valore della cultura.
Gentile Paola Binante, capisco benissimo che l’onere sostenuto da uno studente di fotografia per la sua formazione debba coprire le spese di un materiale e di un’attrezzatura costosa, oltre che il compenso per il personale docente. Si tratta però di una scelta consapevole e convinta. Non vedo invece per quale ragione debba essere la collettività a sostenere le spese di un’iniziativa come questa, specialmente in un frangente di difficoltà economica generalizzata. Se si fa, un contributo dei partecipanti mi sembra una scelta più avveduta, e probabilmente più etica, della consueta spremitura di fondi pubblici. Non condivido una visione della cultura che separi un presunto “spazio conquistato solo col denaro ” dalla “seria selezione dettata dalla qualità e dal merito”, selezione, del resto, fatalmente soggetta a larghi margini d’arbitrio.
Salve a tutti,
forse sfuggono le motivazioni dichiarate nell’intento di questa biennale promossa da Sgarbi che ricalca quello che lo stesso Sgarbi fece alla penultima Biennale di Venezia….penso sia questo che vada discusso come discutere fece a suo tempo….
Sgarbi può essere odioso o estremamente simpatico, è certo che conosce meglio gli ANTEFATTI della fotografia, che si chiamano arte, pittura, scultura, piuttosto che un qualsiasi docente che insegna quello che ha letto su libri che qualcuno ha scritto leggendo altri libri, etc.
Eppoi c’è chi espone il meglio dei suoi lavori poiché ha motivo di credere che sono frutto di studio, di conoscenza, e creatività derivata da una grande cultura, per cui preferisce pagare di più con un esperto di Fotografia che premi il suo lavoro su basi culturali piuttosto del “mi piace o non mi piace”., Sgarbi ha insegnato fotografia, ed un consolidato esperto delle arti piuttosto che partecipare ad uno degli inflazionanti concorsi di fotografia dove incompetenti giudicano altri incompetenti ed assegnano un premio vuoto di ogni significato. In sostanza concorsi di “bellezza per maggiorate o muscolosi maggiorati”. Cose tristi per un ambiente del suburbio della cultura. Ognuno si fa felice con quello che può poiché non potrebbe volere nulla di diverso.