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Reporter senza frontiere: l’Italia scala la classifica della libertà di stampa

di    -    Pubblicato il 12/02/2014                 
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rsfL’Italia sale nella classifica dei paesi che tutelano la libertà di stampa. A dirlo è il rapporto “World press forum index 2014″ di “Reporter senza frontiere”. Una ‘scalata’ di nove posizioni rispetto all’anno precedente che la porta a ‘conquistare’ il 49esimo posto, a soli tre passi dagli Stati Uniti, considerati “un modello” nella tutela della libertà di stampa. Ma i riflessi del caso Snowden fanno perdere agli Usa 13 posizioni in un solo anno. In vetta alla classifica la Finlandia, per il quarto anno consecutivo, mentre fanalino di coda, al 180° posto, si posiziona l’Eritrea.

Stabili dal 2013 al top della graduatoria, Paesi Bassi e Norvegia. Le ultime tre posizioni sono, invece, occupate da Turkmenistan, Corea del Nord e Eritrea: “Sono tre paesi in cui la libertà di stampa è inestistente – si legge sul rapporto – continuano ad essere buchi neri dell’informazione e luoghi pericolosissimi per i giornalisti”. New entry rispetto al 2013 il Belize, che conquista la 29esima posizione. Diffamazione, gestione sleale delle frequenze delle trasmissioni e problemi con l’attuazione del Freedom of Information Act, rischiano di minacciare la libertà di stampa ma il paese si posiziona abbastanza alto in classifica. Chi scende e chi sale. In alcune parti del mondo, nemici della libertà di stampa come censura, violenza contro i giornalisti e misure legislative per zittirli stanno diminuendo. Ma se la ‘rimonta’ di alcuni paesi fa ben sperare, molto più preoccupante è la discesa di altri. In America, gli Stati Uniti perdono 13 posizioni, a causa di “un’interpretazione eccessivamente ampia ed abusiva delle esigenze della sicurezza nazionale”. La fuga di notizie e le rivelazioni del caso Snowden e lo sforzo messo in atto nel paese per rintracciare gli autori degli ‘scoop’, avrebbero penalizzato la libertà di stampa. Anche le operazioni si sorveglianza messe in atto dal governo minacciano la privacy e non tutelano le fonti del giornalista.

Buone notizie, invece, da Panama, Repubblica Dominicana, Bolivia e Ecuador che guadagnano fino a 25 posizioni dimostrando l’importanza sempre maggiore del mezzo stampa. Cambiamenti ci sono stati in zone come il Sud Africa, salito di 11 posizioni, in cui, nel 2013, il presidente ha rifiutato di firmare una legge che minacciava di ‘compromettere’ il giornalismo investigativo; anche la Georgia, grazie al cambiamento del governo tramite libere elezioni, ha recuperato il terreno perso negli anni precedenti. A scendere sono il Guatemala che piomba al 125esimo posto, dopo l’incremento degli attacchi fisici contro giornalisti, e il Paraguay, che arriva al 105esimo a causa della censura. Misure contro la libertà di stampa sono state adottate in Africa: in Burundi, il Senato ha approvato una legge che restringe la libertà dei giornalisti mentre in Kenya, alla fine del 2013, una legge ha istituito un tribunale speciale per giudicare i contenuti audio-video. Vietnam, Uzbekistan e Arabia Saudita, agli ultimi posti, continuano a tenere sotto controllo la stampa, tramite la censura dei media digitali. Modelli in declino. La libertà di stampa è ‘contagiosa’? Il rapporto evidenzia come la situazione dell’informazione di un determinato Paese abbia un impatto anche su quelli confinanti, in positivo e in negativo. E chi dovrebbe fare da modello spesso non è in grado di farlo. L’Europa, ad esempio, è ‘dispersa’ nella classifica e non riesce a far allineare tutti i suoi Paesi sullo stesso livello di libertà di stampa. Grecia e Ungheria perdono 14 e 7 posizioni e si collocano molto più in basso di Germania e Francia. Questo, nel caso dei giornalisti greci, è dovuto ai continui attacchi da parte di Alba dorata, il partito di estrema destra. E non solo: “Il primo ministro Antonis Samaras sembra aver tagliato anche la democrazia, per risparmiare soldi”, si legge sul rapporto. Nonostante le aspirazioni regionali, Paesi come Russia o la Turchia si riconfermano vere e proprie gabbie per la libertà di stampa. La Cina continua a censurare e ad imprigionare giornalisti e blogger dissidenti e ad esercitare la sua influenza, in questo senso, anche su Hong Kong e Taiwan. La libertà di stampa nelle zone di guerra. “Il rapporto 2014 sottolinea la correlazione negativa tra libertà di informazione e conflitti. In un ambiente instabile, i media diventano obiettivi strategici per gruppi che mirano a controllare il potere”, si legge sul report. La Siria, stabile al 177 posto, è un esempio dal marzo 2011: “Non esiste alcun luogo in cui la libertà di informazione e i suoi attori siano più in pericolo”, afferma Reporter senza Frontiere. Anche l’Egitto, al 159esimo posto, ha visto un escalation di violenze contro i giornalisti per portare i media sotto il controllo dei Fratelli Musulmani. Un’ondata di arresti che ha investito non sono i blogger e reporter egiziani ma anche i loro collegi turchi, palestinesi e siriani.

L’insorgere della violenza contro i giornalisti, già prima della fine del 2013, ha portato la comunità internazionale a riflettere. Il 26 novembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la sua prima risoluzione per tutelare i giornalisti. “Il giornalismo deve continuare ad evolversi – si legge nella risoluzione – includendo input dai media istituzionali, dagli individui privati, dalle organizzazioni, da tutti coloro che ricevono e diffondono informazioni e idee di ogni tipo, online e offline. La tutela dei giornalisti è il prerequisito essenziale per raggiungere la libertà di espressione, la democrazia, lo sviluppo sociale e la pace”.

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