URBINO – Sono fuggiti dalla fame e dalla violenza attraversando il deserto e il mare. Nei loro occhi c’è dolore, diffidenza ma anche speranza. Da una settimana, la foresteria della Madonna del Pelingo, ad Acqualagna, ospita un gruppo di quaranta nigeriani salvati dalla flotta di Mare Nostrum, l’operazione congiunta nata per evitare i naufragi dei barconi di migranti. Dopo un passaggio nei centri d’accoglienza siciliani, al collasso dopo l’ultima ondata di sbarchi, il gruppo è stato inviato a Pesaro che, come altre città italiane, si è messa a disposizione per tamponare l’emergenza.
Per loro si prospettava una permanenza all’hotel Astoria, ma alcuni problemi tecnici hanno spinto la Prefettura a cercare un altro alloggio: la Diocesi di Urbino ha messo così a disposizione le stanze del santuario di Acqualagna, a due passi dal parco del Furlo. Ad occuparsi di loro ci sono anche i volontari della cooperativa Labirinto, che hanno avviato una raccolta di vestiti usati per i migranti: scarpe, pantaloni e cinture sono gli articoli più richiesti.
Alcuni di loro indossano i vestiti che avevano al momento della partenza dalle coste della Libia: infradito o pantaloncini che adesso, con il clima più rigido delle colline del Montefeltro, non proteggono dal freddo. Nessuna valigia per questi quaranta uomini, alcuni poco più che maggiorenni, che hanno sfidato le dune e le onde in cerca di un futuro migliore.
Qualcuno chiederà asilo in Italia, perché perseguitato per la sua religione: è il caso di Rufus, 19 anni, sfuggito a un attentato della setta islamista di Boko Haram: “Siamo tutti cristiani cattolici – racconta – nella mia città, Kaduna, una bomba è esplosa in chiesa durante la messa. Mia madre è stata ferita dallo scoppio, mio padre è morto”. Un altro ragazzo, Justice, ha perso entrambi i genitori in un altro attacco: “La mia famiglia è stata uccisa da Boko Haram – spiega – per questo ho lasciato il mio paese”.
Ad Acqualagna, invece, c’è solo pace: rimarranno qui fino a fine giugno, poi saranno trasferiti a Pesaro dove seguiranno corsi per imparare l’italiano, in attesa che l’iter burocratico per i richiedenti asilo faccia il suo corso. Le loro giornate trascorrono tra preghiere e partite a calcio nel campo della chiesa: molti di loro hann0 un passato da calciatori in Africa e adesso cercano una squadra locale dove giocare. Il sogno è diventare professionisti.
Justice, invece, non vuole fare il calciatore: “Voglio diventare un avvocato. Era il mio progetto di vita quando stavo in Nigeria. L’ho promesso ai miei genitori prima che morissero”.