URBINO – Per essere attraente l’inserto culturale ha bisogno di un “dibattito sincero”. Che secondo lo scrittore Christian Raimo “è possibile solo quando tutte quante le case editrici avranno voce in capitolo nella grande industria culturale. Oggi invece c’è un oligopolio dove solo le maggiori aziende incidono”. Se le case editrici decidono cosa è cultura e cosa non lo è, anche gli autori più famosi hanno la responsabilità di ciò che scrivono. Insieme al giornalista del Corriere della Sera Luca Mastrantonio, Raimo è stato protagonista della sessione “di cosa dovrebbe occuparsi il giornalismo culturale?” al festival di Urbino.
Christian Raimo, che oltre a essere scrittore è anche autore di numerosi post satirici sul blog Minima et Moralia, dà un esempio di come alcuni autori italiani siano più attenti alla forma piuttosto che al significato di ciò che scrivono. E riprende un articolo di Alessandro Baricco ‘Il mio viaggio a Macondo dove si balla con Gabo’ dove l’autore torinese ricorda i luoghi autentici che hanno ispirato Gabriel Garcia Marquez. “In questo pezzo Baricco usa metafore spiazzanti che in realtà nascondono poca sostanza. Ad esempio quando scrive: ‘è scivolato via silenziosamente come una figurina da un album calciatori’, oppure ancora ‘è come se Proust fosse morto facendo sci nautico’, usa metafore brutte oltre che prive di contenuto”.
Durante il dialogo tra lo scrittore e il giornalista sono emerse riflessioni teoriche sul giornalismo culturale e sui problemi che questo deve affrontare per colpa della crisi. Una crisi non solo economica ma anche formativa. Infatti secondo Raimo “fare giornalismo culturale significa educare il lettore. Deve esserci un rapporto di tipo pedagogico perché uno dei pochi momenti in cui si fa cultura nel nostro Paese è proprio quando si legge. Uno studio di Save the Children ha dimostrato che in Italia nel 2013 più di 200.000 persone non hanno mail letto un libro né sono mai stati al cinema né hanno mai navigato su internet. Inoltre l’Italia ha il più alto tasso di video dipendenza in Europa”.
L’89,7 per cento degli italiani, infatti, ha dichiarato di informarsi solo tramite la tv mentre il restante lo fa comprando il giornale. Ma questi tra il 2010 e il 2012 hanno avuto un calo del 7 per cento soprattutto nella fascia adolescenziale. “I giornali oggi sono dei ‘taxi writer’ per gli scrittori – dice Mastrantonio – cioè sono solo mezzi da utilizzare per arrivare alla notorietà. Non si è ancora trovato il modo di fare business con la cultura”.