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Urbino, azioni Marche Multiservizi all’asta per chiudere il bilancio del Comune

di    -    Pubblicato il 2/02/2015                 
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URBINO – Il Comune di Urbino ha incassato quasi un milione e 300mila euro dalla vendita di azioni di Marche multiservizi: soldi freschi per chiudere il bilancio e rispettare il patto di stabilità. L’operazione è stata varata in fretta, all’inizio di novembre, in modo tale da essere conclusa entro la fine del 2014, e comprende anche l’acquisizione del rudere ex Megas. L’edificio era di proprietà della società di servizi e ora è nelle mani del Comune dopo una permuta di un’altra parte del pacchetto azionario. In degrado da anni, sarà oggetto di una speculazione immobiliare che, nelle speranze dell’amministrazione, porterà ulteriori fondi nelle casse comunali.

L’asta. Il 12 dicembre alle 13 si è chiusa l’asta pubblica per la vendita di una parte delle quote possedute dal Comune di Marche multiservizi Spa. L’unica acquirente, Hera Spa, si è aggiudicata le azioni per un totale di 1.293.132,84 euro. Liquidità affluita nelle casse del Comune prima della fine dell’anno. Come prevede la delibera del 6 novembre 2014

La cessione parziale di azioni del valore nominale di Euro 269.684 della partecipazione dell’Ente nella società Marche multiservizi spa possa rappresentare un’entrata di rilievo da destinare a futuri investimenti del Comune e allo stesso tempo possa favorire il rispetto del patto di stabilità per l’anno in corso e parzialmente per l’esercizio successivo

“Non posso dire con certezza che avremmo chiuso il bilancio in pari anche senza l’operazione – ha detto il sindaco Maurizio Gambini – ma avremmo dovuto spingere la regione e la provincia che devono girarci fondi che ancora non ci hanno girato e che però sono a bilancio in questi anni. Certamente avendo avuto queste entrate possiamo fare slittare le altre”.

Il comune di Urbino possedeva il 3,52% delle azioni di Marche multiservizi. Ha deciso di vendere il 2%, in parte con un’asta pubblica per fare cassa subito. Con il bando si fissava la base d’offerta a 7,57 euro ad azione, per un lotto di 170.598 azioni, pari all’1,26% delle quote messe in vendita. Non erano ammesse offerte al ribasso. L’unica società ad aver presentato il plico con la richiesta di acquisto è stata la Hera Spa, che si è aggiudicata le azioni per 7,58 euro l’una.

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La permuta. Il lotto rimanente di quote (lo 0,74%) è stato invece restituito a Marche multiservizi in cambio del rudere ex sede Megas. Nei piani del sindaco Maurizio Gambini l’intenzione di vendere l’immobile a un acquirente privato per riqualificare e trasformare l’area in un centro di servizi. Un’operazione da 750mila euro (in azioni) con cui si prevede anche di risistemare il confinante magazzino comunale inagibile dal nevone del 2012.

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Il rudere ex Megas acquistato in permuta dal Comune di Urbino

Due clausole milionarie, contenute nel testo della delibera, renderebbero appetibile l’affare: Marche multiservizi si è impegnata ad affittarne una parte a un canone annuo di 140mila euro per un minimo di sei più sei anni. Mentre MegasNet ricomprerà un terzo dell’immobile ristrutturato per un milione e mezzo di euro.

I piani sono cambiati? “Ancora non abbiamo deciso la vendita – ha detto il sindaco – stiamo valutando di ristrutturarlo con un investimento proprio e stiamo esaminando delle società che potrebbero finanziare questa ipotesi”. La terza strada potrebbe essere vendere l’edificio e mantenerne una parte per il magazzino e per gli uffici comunali. “Soprattutto ci interessa la zona del seminterrato che è funzionale proprio alla rimessa e al magazzino. Parliamo di quasi 2mila metri quadrati e i locali valgono molto più della spesa. Speriamo in questo modo di aver fatto un’operazione molto vantaggiosa per Urbino. Complessivamente, se raggiungiamo l’obiettivo di valorizzare, i 5mila mq acquistati in grezzo potrebbero avere un valore reale, concreto di 300 euro al metro; questa è la mia stima, una stima non tecnica ma da imprenditore”.

“L’unico errore che ho fatto e di cui mi pento è non aver venduto un ulteriore 1%. Per noi la situazione ideale sarebbe stata rimanere con la quota dello 0.5% e realizzare il massimo profitto economico possibile”. Marche multiservizi, infatti, è una società partecipata; questo vuol dire che per obbligo statutario il 51% delle sue quote deve essere di proprietà pubblica. Il Comune avrebbe quindi potuto vendere un altro 1% (del 3,5% inizialmente posseduto) prima di raggiungere il limite di quote vendibili senza violare il regolamento.

Il 14 settembre 2012, l’allora consigliere comunale Maurizio Gambini aveva firmato un ordine del giorno in cui si richiedeva al sindaco Franco Corbucci di attivarsi per “scongiurare la cessione delle quote di Marche multiservizi da parte della Provincia”.  Secondo Gambini però, le due situazioni sarebbero ben diverse. “La provincia avrebbe venduto per sanare un buco di bilancio senza fare alcun tipo di investimento, privando allo stesso tempo gli altri Comuni della possibilità di alienare le loro quote senza superare il limite del 51% imposto dallo statuto delle società partecipate”.

I voti contrari. Nel consiglio del 6 novembre la proposta è passata con 15 voti favorevoli e 2 contrari. I dubbi di Maria Clara Muci, Pd ed ex assessore al bilancio, scaturiscono proprio dall’ordine del giorno del 14 settembre 2012. Il consigliere, infatti, si chiede: “Perché un’operazione che due anni fa sembrava così sbagliata quest’anno è stata portata avanti dal sindaco, che vi si era opposto fermamente? La manovra, inoltre, non era nelle linee programmatiche del consiglio comunale ed è arrivata all’improvviso. I consiglieri comunali si sono quindi trovati a dover decidere le sorti delle quote in una settimana: la comunicazione del progetto è arrivata venerdì 31 ottobre e si è discussa (e approvata) durante il consiglio di giovedì sei novembre”.

“Serviva un momento di riflessione in più” ha detto la Muci. Ma le sue obiezioni non finiscono qui: “Con questa delibera si perde un pezzo di valore della nostra amministrazione all’interno di una società come Marche multiservizi, che decide e opera su acqua, gas e rifiuti”. Il timore, quindi, è soprattutto quello di perdere, a causa del minor peso azionario, il rappresentante del Comune all’interno del Cda dell’azienda.

Tranne Maricla Muci, però, tutto il Pd ha votato a favore della delibera, nonostante i distinguo come quello di Federico Scaramucci: “Ragazzi, è vero che abbiamo bisogno di soldi, però perdiamo anche un patrimonio che poi è difficile recuperare”.

Per gli stessi motivi ha votato contro anche la pentastellata Emilia Forti: “Mi sembra che svendere delle azioni che sono comunque un capitale è un po’ come vendersi a casa propria il frigorifero per un piatto di pasta. Invece il motivo reale per cui lo si fa è per il patto di stabilità”. Un acquisto che in realtà, secondo il consigliere, impoverirebbe il Comune, privandolo di un bene duraturo a favore di una liquidità immediatamente spendibile.

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