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Quando i giornalisti fanno i soldati: la storia dei 150 cronisti morti durante la Grande Guerra

di    -    Pubblicato il 17/02/2015                 
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La lapide con impressi i nomi degli 83 giornalisti morti durante i combattimenti della prima Guerra Mondiale

La lapide con impressi i nomi degli 83 giornalisti morti durante i combattimenti della prima Guerra Mondiale

URBINO – “Ciascuno è pronto a compiere il sacrificio della propria vita pur di scrivere quest’altra fulgida pagina del garibaldinismo”. Così scriveva sul proprio taccuino il soldato Lamberto Duranti, il primo giornalista italiano caduto durante la prima Guerra Mondiale di cui il 5 gennaio scorso si è celebrato, ad Ancona, il centenario della morte. Esempio di coesione nazionale e passione professionale, Duranti è considerato uno dei più importanti rappresentanti del garibaldinismo post-risorgimentale.

Nato ad Ancona il 21 gennaio 1890, fu redattore della Ragione di Roma e collaborò con vari giornali del Partito Repubblicano tra cui La Luce Repubblicana, La Libertà, Il Popolo e La Provincia Romana. La sua missione giornalistica lo portò fin dalla maggiore età a fare il corrispondente nelle zone più pericolose: partì per prestare soccorso in Sicilia dopo il terremoto di Messina nel 1908 e fu volontario garibaldino nel 1911 in Albania e durante la guerra greco turca del 1912.

Allo scoppio della Grande Guerra si arruolò in Francia nel Corpo volontari italiani garibaldini operante nella regione dell’Argonne e fu ucciso nelle trincea di Four-de-Paris il 15 gennaio 1915, circa 4 mesi prima dell’ingresso dell’Italia in guerra. La sua tomba si trova nel cimitero di Tavernelle di Ancona, accanto a quella di tanti patrioti risorgimentali.

Duranti è stato il primo dei tanti giornalisti morti  in combattimento durante la prima Guerra Mondiale. Nel maggio del 2011 alcuni dirigenti dell’Inpgi hanno ritrovato casualmente nello scantinato dell’edificio in cui lavoravano una lapide in marmo con impressi i nomi di 83 giornalisti arruolati nell’esercito italiano uccisi mentre combattevano nelle trincee. Una scoperta di grande valore, perché si tratta di un’epigrafe di cui si erano del tutto perse le tracce. Sulla targa marmorea sono presenti, oltre ai nomi dei giornalisti, le onorificenze militari concesse loro in vita o alla memoria e le testate giornalistiche con le quali collaboravano. La lapide risale probabilmente al 1916, anno in cui il Consiglio Direttivo del’Aspi (Associazione della Stampa Periodica Italiana) decise di incidere in una lastra i nomi di tutti i giornalisti uccisi in guerra fino a quel momento e di esporla nel grande salone di Palazzo Marignoli, nel cuore di Roma.

Dal 2011 il dirigente dell’Inpgi Pierluigi Franz ha svolto numerose ricerche che hanno portato oggi all’individuazione di altri 67 giornalisti caduti che erano rimasti nel dimenticatoio. “In 3 anni e mezzo di appassionanti e faticosi studi – ha raccontato Franz – sono riuscito non solo a ricostruire la biografia essenziale di 81 degli 83 giornalisti Eroi, ma ho potuto individuarne altri 67. Pertanto il totale dei colleghi caduti nella Grande Guerra è diventato di 150”.

I 150 giornalisti rappresentano tutte le regioni italiane e numerose testate giornalistiche, molte delle quali sono tuttora in attività. “Scorrendo la lista ci si può rendere conto della varietà e della qualità dei profili biografici – ha continuato il ricercatore – che consentono uno sguardo profondo sul clima generazionale di rinnovamento e sulla trasformazione stessa del giornalismo italiano”. Tra i caduti figurano direttori, vice direttori, redattori,corrispondenti e inviati: “Questo è un dato che dovrebbe far riflettere, soprattutto le giovani generazioni, perché fa capire come un secolo fa questi giornalisti si siano eroicamente sacrificati per la Patria, mantenendo fede ai loro ideali, in cui credevano fermamente”.

Tante anche le onorificenze ottenute: “Ben 9 medaglie d’oro, 63 medaglie d’argento, 29 di bronzo, 4 Croci di Guerra, 5 Promozioni per merito di guerra, una Menzione dell’Ordine Militare francese e una Croce inglese. In media 2 giornalisti su 3 hanno ottenuto un riconoscimento militare per le loro gesta eroiche al fronte”.

La lapide rappresenta, in questo senso, una parte fondamentale di storia italiana pressoché sconosciuta. Il suo ritrovamento ha permesso di ricostruire la vita dei giornalisti uccisi nella prima Guerra Mondiale, molti dei quali esclusi, paradossalmente, dall’Albo d’Oro dei Caduti della Grande Guerra. Un gruppo di storici del Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, guidati dal professor Luciano Zani, si sta occupando di completare il lavoro di ricostruzione biografica per riuscire a produrre una nuova lastra marmorea aggiornata e corretta con i nomi dei 150 giornalisti caduti. “Sarebbe questo il giusto riconoscimento del sacrificio di questi giovani giornalisti – ha concluso Franz -, non come semplice blasone di categoria o come esaltazione del momento bellico, ma come espressione di unità nazionale e di  dedizione al proprio lavoro. Verrebbe così finalmente riabilitata anche la memoria di quei colleghi che hanno immolato la loro vita per la Patria e sono stati poi ingiustamente dimenticati da tutti”.

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