URBINO – I sindaci ignoranti, gli studenti pure, Gambini eletto solo grazie a lui e infine le offese a Rosy Bindi, a Ignazio Marino e al magistrato di Pesaro che ha recuperato un presunto Leonardo. È un Vittorio Sgarbi che non risparmia nessuno, quello che ieri ha presentato, al cinema Ducale di Urbino, il suo nuovo libro I tesori d’Italia II: gli anni delle meraviglie.
Fra gli applausi del suo pubblico l’assessore all’agricoltura e alla Rivoluzione di Urbino si lancia in una lunga serie di invettive delle sue.
Si parte dal ritrovamento del ritratto di Isabella D’Este, che Carlo Pedretti, il maggior studioso di Leonardo da Vinci è sicuro appartenga al genio rinascimentale: Sgarbi definisce “una bruttura indicibile” il presunto capolavoro leonardesco. Ma va ben oltre, arrivando a chiamare in causa e offendere niente meno che l’ex presidente del Partito Democratico Rosy Bindi e l’attuale sindaco di Roma: “E’ come scambiare Rosy Bindi per Naomi Campbell. Una mostruosità, come Ignazio Marino in Campidoglio, come Giancarlo Magalli presidente della Repubblica”. E’ per questo, afferma, che “il magistrato che ha speso tempo e soldi, i nostri soldi, per una ciofeca del genere è un pervertito che ha tempo da perdere”.
Il critico d’arte ne ha per tutti, dal sindaco di Padova che a malapena sapeva chi era Giotto a Dario Nardella, attuale sindaco di Firenze, che fino a qualche anno fa credeva che Urbino, casa natale di Raffello, fosse in Umbria e non nelle Marche: “Ma in fondo Urbino è così unica e piena di bellezza che dovrebbe appartenere a ben due regioni. Certo, questo è sintomatico di che promozione della città ducale fosse stata fatta in passato”.
“Più in generale – ammonisce Sgarbi – tutti gli amministratori italiani sono degli ignoranti: sanno che siamo pieni di così tanta ricchezza, ma si limitano a saperlo, senza conoscerla veramente”.
Il critico d’arte ha commentato poi la coabitazione nella stessa giunta con il sindaco di Urbino: “Maurizio Gambini è un sant’uomo: ha l’eleganza e la pazienza necessarie per sopportare un assessore come me, in grado di fargli ombra”. Continua Sgarbi: “Con lui sempre andati d’accordo. Certo, a un certo punto qualcosa s’è rotto quando gli ho detto che ero io a dover fare il sindaco. Poi ho capito che da assessore potevo ritagliarmi un mio ruolo con più libertà d’azione, così ho deciso di dare una mano alla corsa di Gambini sindaco di Urbino. È chiaro che la mia presenza ha tirato la volata al sindaco in maniera determinante”.
Si serve quindi del commento alla nuova esperienza da amministratore a Urbino per ripercorrere a grandi linee il suo cursus honorum, senza tralasciare alcuni dei più famosi scontri di cui si è reso protagonista. Non sempre, infatti, è stato tutto facile come con Gambini. Racconta il critico: “Ricordate quando il sindaco di Milano Letizia Moratti mi cacciò? E’ chiaro che sono una personalità ingombrante, così lei decise di darmi il benservito solo per aver organizzato una mostra sull’omosessualità nell’arte”. Altra convivenza difficile fu quella sotto lo stesso dicastero con l’allora ministro ai Beni Culturali Giuliano Urbani: “Fu nominato da Berlusconi ministro qualche settimana dopo che io ero stato indicato come sottosegretario nello stesso dicastero. Lui era un signor nessuno, così facevo ombra pure a lui. Mi silurarono”.
Sgarbi si scaglia ancora contro chi ha ingenerato negli studenti dell’Università Carlo Bo di Urbino la credenza che porti sfortuna visitare i luoghi di Raffaello Sanzio prima della laurea: “Si iscrivano piuttosto a Chieti o a Cosenza, questi studenti: lì la bellezza non è così esibita. Non è assurdo come così tanta ricchezza per alcuni dovrebbe essere una vergogna e non un vanto?”.
L’assessore ducale passa poi a illustrare il contenuto del suo libro, il secondo di una tetralogia che conta di finire entro pochi anni e con cui si propone di educare gli italiani alla storia dell’arte, dal 1200 a poco prima dell’Unità d’Italia, anche attraverso lo studio di “artisti notevoli ma non noti”, che nessuno conosce ma che tutti dovrebbero conoscere. “Chiedete a Oscar Farinetti – provoca Sgarbi – se conosce chi è Carpaccio. Penserà a un piatto di carne cruda con rucola e formaggio sopra, quando invece è un semisconosciuto ma notevolissimo pittore quasi coevo di Raffaello: è il primo caso di piatto che mangia l’autore, piuttosto che di autore che mangia un piatto”, conclude il critico. Dopo 90 minuti da consumato showman.