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“Vi racconto il dramma della Siria”. Dachan vince il premio “A passo di notizia”

di    -    Pubblicato il 1/03/2015                 
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La guerra civile siriana, iniziata nel 2011, si è fatta ancora più aspra e caotica in seguito all’ingresso in campo dell’Isis

Ha raccontato il dramma siriano sfidando la bombe e visitando i campi profughi, cercando di non dare nell’occhio perché poteva costarle caro. Asmae Dachan, giornalista anconetana di origini siriane, ha vinto il premio “A passo di notizia”, messo in palio dall’Ordine dei giornalisti delle Marche e dedicato quest’anno al giornalismo in zone di guerra. Il reportage che le ha fruttato il premio offre una panoramica del nord della Siria, dove si trova Aleppo, la città più popolosa del Paese, e dove abbondano i campi profughi (di 23 milioni di siriani, ben 9 vivono da sfollati). La  premiazione si terrà il 7 marzo ad Ancona nella Mole Vanvitelliana. Dopo la cerimonia, verrà inaugurata nella stessa Mole la rassegna “Siria: tra macerie e speranze“, dove saranno esposte le foto scattate dalla Dechan durante il reportage. Le interviste e le foto della Dachan sono state pubblicate su diversi giornali e siti in tutta Italia, tra i quali Tellus Folio, ‘l Gazetin, Cagliari Globalist, Voce della Vallesina e l’agenzia Sir.

Siria: tra macerie e speranze

“Era la mia prima esperienza in una situazione così al limite – racconta la Dachan –  mi sono trovata a fare interviste sotto i bombardamenti, mi è capitato anche di trovarmi faccia a faccia con i cecchini. Dovevo spostarmi continuamente, evitando di dare nell’occhio e portarmi dietro solo attrezzatura che potesse entrare in uno zaino. Cercavo di non attirarmi l’antipatia della gente, che ha paura dei giornalisti e non vuole essere ripresa”.

Su 23 milioni di persone presenti in Siria, ben 9 vivono da sfollati

Su 23 milioni di persone presenti in Siria, ben 9 vivono da sfollate

Col suo servizio la giornalista ha voluto dare voce alle categorie più disagiate di un Paese che, da ormai quattro anni, è alle prese con la guerra civile. “Ho fatto tantissime interviste, soprattutto alle donne – spiega – volevo fare un racconto che partisse dal basso, per mostrare quali sono le condizioni di vita nelle tendopoli. Io stessa vivevo lì con loro, senza corrente né acqua potabile, per provare sulla mia pelle quella che è la situazione di uno sfollato. Ho intervistato anche alcuni bambini, che in Siria a otto anni spesso sanno già perfettamente cos’è la morte dato che vedono tantissime esecuzioni e in molti casi hanno perso i genitori. Purtroppo sono fonti di notizie anche loro, e le raccontano in una maniera così dettagliata da lasciare allibiti”.

Nel contatto con la gente il fatto di essere di origine siriana l’ha aiutata tanto. “Parlando siriano non avevo bisogno dell’interprete. Questo per me è stato un vantaggio enorme, ho potuto cogliere tante sfumature linguistiche che altrimenti mi sarei persa. Mi ha fatto riflettere molto il fatto che dopo un po’ mi percepivano come straniera, anche se ho origini siriane”.

Asmae Dachan ha documentato la propria esperienza con tantissime foto e anche con qualche video. “Di riprese però non ne ho fatte tantissime, non sono proprio il mio settore. Però sono riuscita a immortalare alcune situazioni molto toccanti. Come ad Aleppo, dove ho filmato dei soccorritori che estraevano il corpo di una donna dalle macerie sotto le quali era sepolto da oltre una settimana”.

La situazione del Paese, intanto, si fa sempre più critica. “Sono stata due volte in Siria, nel 2013 e nel 2014, da un viaggio all’altro la situazione è ulteriormente precipitata. E a pagarne le conseguenze e sono i civili. Gli ospedali sono paralizzati un po’ ovunque, bisogna creare al più presto una no fly zone e aprire dei corridoi umanitari”.

DSCN2576Proprio per questo, la Dachan apprezza molto le persone che vanno in Siria per aiutare la popolazione. Come Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti italiane rapite in Siria e poi liberate.  “Intervistai Vanessa nel 2012 a Bologna, durante una marcia di solidarietà per i bambini siriani. Sono addolorata per la deriva sessista e schizofrenica che ha preso il dibattito attorno alla sua vicenda. Sicuramente lei e la sua amica hanno sbagliato a entrare in Siria in quel modo, ma mi sento solo di dirle grazie. Davanti alle sofferenze del popolo siriano non si è girata dall’altra parte, ha cercato di dare una mano”.

La gravità della situazione siriana, comunque, è più antica di quel che si pensa. “Perché se ne è sempre parlato poco. È oggettivamente difficile raccontare la Siria, un Paese ostile coi giornalisti e dove manca del tutto la libera informazione, visto che l’unica fonte è quella del regime. Per questo sento di dover ringraziare l’Italia, che garantisce la libertà di espressione e di stampa nella Costituzione. Certo la libertà è un percorso da confermare giorno per giorno, ma i mezzi legali per farla rispettare li abbiamo. Noi giornalisti dobbiamo lottare quotidianamente per recuperare gli spazi di libertà che nessuno ci può negare, dicendo le cose come stanno senza accettare compromessi. Altrimenti la nostra professione non ha senso”.

Per fortuna, sostiene la Dachan, anche nel caos generale della Siria qualcosa si muove. “I giovani siriani hanno capito l’importanza di internet. Molti sono diventati citizen reporter, documentano ciò che succede attorno a loro con video e foto e li pubblicano sul web. Grazie al supporto di organizzazioni straniere sono nate anche delle agenzie che li seguono”.

Dell’Italia, la giornalista italo-siriana apprezza anche l’approccio nei confronti dei migranti. “Mi piace il modello di integrazione italiano, è fondato sull’inclusione e sulle partecipazione e in questo modo non si creano ghetti ed emarginati sociali. Bisogna lavorare sull’armonia, senza rinunciare alle proprie origini e ai propri simboli. La cultura italiana è portatrice di valori importanti che devono essere trasmessi ai giovani stranieri, per questo la scuola è importante”.

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