Istituto per la Formazione
al Giornalismo di Urbino

i corsi - la sede - contatti
gli allievi - i docenti - l'istituto

Giornalisti presi di mira in Siria, il Paese “più pericoloso da raccontare”

di    -    Pubblicato il 27/05/2013                 
Tag: , , , , , , , ,

Nel 2010, all’alba del conflitto siriano, il movimento nato contro il dittatore  Bashar al-Assad sembrava l’ultima delle rivoluzioni della primavera araba, ma dopo pochi mesi ha mostrato il suo volto più nascosto: una vera guerra fratricida. Il conflitto siriano è inedito per i media: tutte le fazioni in gioco hanno un forte potere propagandistico e per scoprire la verità serve addentrarsi nei meandri delle città in rivolta. I giornalisti che entrano nel Paese cercano di ridurre al minimo i rischi, ma spesso non basta per restare vivi. Negli ultimi tre anni, in Siria, sono morti 45 giornalisti e ne sono stati imprigionati 14. I dati sono stati diffusi dal Comitato internazionale per la tutela dei giornalisti, che registra costantemente i reporter caduti sul campo e quelli in carcere per motivi legati alla professione

Tra i caduti ci sono il video-operatore di France 2 Gilles Jacquier, il giornalista di Al-Jazeera Mohamed al-Mesalma, la fotoreporter del Japan Press Mika Yamamoto e la giornalista del Sunday Times  Marie Colvin, morta durante l’assedio di Homs. Nel 73% dei casi i giornalisti hanno perso la vita a causa di proiettili vaganti, il 14% in compiti pericolosi e nell’11% dei casi sono stati volontariamente assassinati. In tutti i casi di omicidio i colpevoli non sono stati puniti, in un clima di anarchia quasi totale. Tra i giornalisti uccisi, solo il 14% provengono da fuori il Paese e la maggior parte dei caduti appartiene al mondo arabo. Più della metà lavorava per il Web e il 41% erano freelance.

Marie Colvin, giornalista del Sunday Times uccisa ad Homs nel 2011

Non esistono, invece, dati ufficiali sui giornalisti rapiti, ma si sa che i professionisti scomparsi nel nulla in Siria sono almeno 5 finora.  L’ultimo giornalista italiano di cui si sono perse le tracce é l’inviato della stampa Domenico Quirico, scomparso il 9 aprile scorso nei pressi di Homs. È già capitato in passato che l’esercito regolare arrestasse giornalisti e non diffondesse più loro notizie per mesi, come nel caso dello statunitense James Foley: il  freelance di 39 anni, che collabora con il GlobalPost e l’agenzia France-Presse,  e’ tenuto in ostaggio dai servizi segreti siriani in un centro di detenzione fuori Damasco. La notizia é stata diffusa solo a inizio maggio, dopo sei mesi di prigionia.

Lo stesso Comitato afferma che ad oggi “la Siria è il luogo più pericoloso per i giornalisti”, poiché è il Paese in cui si hanno meno garanzie e in cui si rischia maggiormente di essere uccisi. Il team della freelance Susan Debbous, rapita in Siria lo scorso aprile e rilasciata dopo 10 giorni, aveva una scorta armata, ma neanche questo è bastato a non finire nelle mani dei rapitori.

Anche oggi una giornalista ha perso la vita in Siria.  Si tratta di Yara Abbas, corrispondente di guerra della tv di Stato siriana Al-Ikhbariyah. la giornalista sembra essere stata uccisa dai ribelli mentre si trovava nei pressi della base militare di Dabaa, nella provincia centrale di Homs. In quella zona infuriano gli scontri tra i terroristi islamici di Hezbollah e i ribelli.

Sullo stesso argomento:

I commenti sono chiusi