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Urbino, laurea ad honorem per Bernard Manin. “Democrazia imperfetta, ma è questa la sua forza”

di    -    Pubblicato il 25/03/2015                 
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Bernard Manin riceve la laurea in "governo e comunicazione politica"

Bernard Manin riceve la laurea in “Governo e comunicazione politica”

URBINO – Bernard Manin, uno dei più autorevoli studiosi mondiali di scienza e filosofia politica, è stato insignito nella mattinata del 25 marzo della Laurea ad honorem in “governo e comunicazione politica” dall’università Carlo Bo di Urbino.

Manin, francese, direttore dell’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi e professore alla New York University, è noto soprattutto per i suoi studi sulla “democrazia rappresentativa” e sulla “democrazia deliberativa”.  La sua opera più importante, Principes du governement représentatif (Principi del governo rappresentativo), è considerato un classico della letteratura internazionale sulla teoria della democrazia e sul nesso tra rappresentanza, elezioni e legittimazione.

“È una giornata molto importante per me – ha detto Manin – questo riconoscimento, che ricevo da una prestigiosa università del continente, è la consacrazione di quarant’anni di studio sulla questione della democrazia”. Uno studio, continua Manin che ha messo insieme “due prospettive, quella dei filosofi della politica come me e quella dei politologi, che invece sono gli  scienziati della politica”. “Manin è un personaggio di rilievo internazionale, la sua presenza è per noi motivo di onore e prestigio – gli fa eco il rettore della Carlo Bo Vilberto Stocchi - i suoi studi su rappresentanza e democrazia fanno riflettere, sono di assoluta attualità. Il nostro ateneo deve continuare su questa strada, unendo cioè all’attività didattica eventi di grande importanza come questo”.

Bernard Manin durante la consegna della laurea

Bernard Manin durante la consegna della laurea

A Manin si deve l’introduzione, in tempi non sospetti, del concetto di “democrazia del pubblico”. In una società in cui i partiti, che a lungo hanno svolto un ruolo cruciale nella mediazione tra cittadini e istituzioni,  sono entrati in crisi, il processo democratico è oggi dominato dalla figura del leader carismatico, che si relaziona direttamente con l’elettorato tramite i media. In questa nuova forma di governo rappresentativo, la politica abbandona le ideologie e si trasforma in uno show: i  cittadini svolgono il ruolo di popolo-elettore  dopo aver assistito allo spettacolo della campagna elettorale messo in atto da professionisti specializzati.

Proprio di questo si è parlato nel seminario “Dopo la democrazia del pubblico. Quali democrazie?”, tenutosi martedì 24 marzo a Urbino nella sede di scienze politiche e sociali di piazza Gherardi e al quale ha partecipato lo stesso Manin. Lo studioso francese ha anzitutto chiarito che preferisce parlare di governo rappresentativo, perché “la democrazia è una forma di governo e quindi di potere. È un concetto sbagliato, il governo rappresentativo è molto più efficace”.

Da come ne parla nel suo libro, la democrazia del pubblico sembrerebbe la fase terminale del sistema democratico. Manin però non la vede così: per lui la democrazia ha, rispetto agli altri sistemi, “il vantaggio di essere imperfetta. Questa imperfezione è il suo principale punto di forza perché la rende più duttile, in grado di rinnovarsi e adattarsi ai cambiamenti. Certo la realtà di oggi presenta diversi fattori che mi preoccupano e che potrebbero mettere a rischio la democrazia rappresentativa, ma questa è piena di risorse e sono certo che saprà trasformarsi e sopravvivere”.

Altro punto di forza della democrazia è il fatto che permette di “considerare gli oppositori come interlocutori, non come traditori da abbattere. Riesce a esaltare il conflitto all’interno della società rendendolo non violento”. Ma basandosi la democrazia sul dibattito al suo interno, può il sistema limitare la libertà di manifestazione del pensiero senza snaturarsi? “Le parole di per sé non sono un problema – sostiene Manin – lo diventano quando si tramutano in azioni. Perciò è legittimo punire certe manifestazioni del pensiero, se incitano altre persone alla violenza”.

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