URBINO – Concerti, rappresentazioni teatrali e un innovativo percorso multimediale. Sarà questo il futuro del teatro romano di Urbino, scoperto più di mezzo secolo fa a pochi passi da via Saffi. I resti della struttura oggi sono abbandonati al degrado, coperti dalle erbacce e da una tettoia di metallo arrugginito. Un peccato mortale per una città che fa della bellezza e dell’arte una delle sue armi migliori per attrarre turisti da tutto il mondo e che si fregia di essere patrimonio dell’Unesco. Dopo anni di discussioni, però, questa zona potrebbe trovare nuova vita.
Il Comune ha infatti inserito nel bilancio previsionale del prossimo biennio oltre centomila euro per riabilitare l’area: ottantaseimila euro provengono da fondi europei (finanziamento Gal, Gruppo di azione locale) mentre i restanti 21mila saranno concessi direttamente dal Comune. “Vogliamo creare un percorso multimediale – spiega l’assessore all’urbanistica Roberto Cioppi – che unisca il teatro ad altri siti archeologici presenti nel Montefeltro, in particolare a Fossombrone e Sant’Angelo in Vado. Inoltre vorremmo spostare alcuni reperti a Palazzo ducale o esporli nell’area stessa degli scavi con delle spiegazioni fotografiche e dei codici Qr (i codici bidimensionali che vengono letti con gli smartphone ndr)”.
Il teatro, questo sconosciuto. La valorizzazione che il Comune ha messo in cantiere potrebbe servire anche a far conoscere il teatro non solo ai turisti ma agli urbinati stessi, che oggi sembrano aver dimenticato uno dei loro tesori, nascosto sotto quelle lamiere rosse, ora coperte di graffiti, ormai da 40 anni. Marta e Francesco, due studenti di chimica, abitano a pochi passi dalla zona del ritrovamento ma scoprono solo oggi la sua esistenza: “Ci siamo sempre chiesti cosa proteggesse, ma non ci saremmo mai aspettati di trovare dei reperti romani qui a Urbino”. Chiedendo ai ragazzi che camminano per il centro dove sia il teatro si ricevono indicazioni confuse e spesso sbagliate.
Qualcuno che ha la memoria un po’ più lunga ricorda quando, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, in quella zona si giocava a pallone. “Se ti avvicini al muro del palazzo di fronte – spiega Valerio De Angeli, dipendente dell’Università – puoi ancora vedere i segni delle porte che facevamo con il gesso”. Anche Luca, dipendente del bar “Quattrocento”, sapeva del teatro e sarebbe felice di una riqualificazione dell’area: “Mi piacerebbe se, ultimati i lavori, mettessero una lastra trasparente sopra gli scavi permettendo a tutti di camminare sulle rovine”.
La reazione sui social. Le opinioni degli urbinati non si fermano solo a chi abita o lavora nei dintorni del teatro. Sulla pagina Fb del Ducato abbiamo chiesto ai nostri lettori cosa si nascondesse sotto la tettoia e le risposte non si sono fatte attendere. “Un cariolo di topi”, “missili nucleari pronti a partire” o addirittura “le porte dell’inferno” sono i commenti più originali che abbiamo ricevuto. C’è poi chi, ha risposto correttamente facendo trasparire una certa amarezza: “Un sito archeologico da valorizzare” e chi invece ironizza su presunti ‘costumi locali': “Urbinati nascosti per la paura di dover pagare da bere” o si lascia andare alla nostalgia: “Ci vivono i sette nani, o almeno così credevo da piccola”. Tra i commenti c’è anche chi crede che si tratti dei resti un anfiteatro, ma viene prontamente corretto. Ma qual è la storia dei ritrovamenti?
La storia del teatro. I primi scavi risalgono al 1943 quando, durante alcuni lavori casuali, furono scoperti, a cinque metri di profondità, i resti di un antico teatro romano databile intorno al primo secolo dopo Cristo. Tra i reperti presenti nell’area c’erano parti di una colonna e i frammenti dei marmi che coprivano la zona dell’orchestra. “A causa della seconda guerra mondiale però – spiega Chiara Delpino della soprintendenza ai beni archeologici – gli scavi furono interrotti, e per oltre trent’anni l’erba è ricresciuta nella zona coprendo i ritrovamenti”.
Nel 1975 poi l’archeologo Mario Luni, professore all’Università Carlo Bo scomparso lo scorso anno, ha ripreso gli scavi scoprendo uno dei due parodoi (gli ingressi), parte del proscenio, i primi tre gradini della cavea e alcuni marmi colorati che evidenziano la ricchezza della struttura. In base alle sue scoperte, si è ipotizzato il teatro si estendesse per 75 metri di ampiezza. Anche in questo caso però i lavori furono interrotti per la mancanza di fondi e l’area degli scavi fu coperta dalla tettoia che si può vedere oggi. Una triste fine per una delle poche testimonianze recuperabili di architettura romana in città, a cui finalmente, dalle prossime settimane, verrà resa giustizia.