URBANIA – Il sogno per i 250 bambini iscritti alla scuola calcio dell’Urbania è di poter essere come lui. O meglio, di poter fare quello che ha fatto lui. E quindi emulare, anche in minima parte, la crescita che in poco meno di 9 anni ha portato Stefano Sensi dal campetto di casa alle porte della Serie A. È lui il punto di riferimento per i più piccoli. Centrocampista veloce di testa e di gambe, uno abituato a dare del “tu” al pallone e, proprio per questo, già paragonato ai più affermati Andrea Pirlo e Marco Verratti. Gioca il Cesena? Tutti incollati davanti alla tv. O, come accaduto in passato, tutti in trasferta per ammirarlo dal vivo: i dirigenti dell’Urbania, infatti, hanno spesso organizzato dei “pulmini” per portare i piccoli tifosi al Dino Manuzzi, lo stadio dove Sensi giocherà per i prossimi sei mesi, in attesa del trasferimento – già definito – al Sassuolo. In Serie A.
L’eredità di Braccioni. Sottovoce, vuoi per scaramanzia, vuoi per il timore di bruciarlo, tutti lo ammettono: “Sì, lui ce l’ha fatta!”. Un motivo di orgoglio anche per la sua prima società, l’Urbania calcio, che gioca nel campionato di Eccellenza e che da diversi anni a questa parte ha deciso di puntare tutto (o quasi) sul suo vivaio. Il merito, sottolinea Pierangelo Nanni, direttore sportivo dei biancorossi, va dato all’ex presidente Pieranselmo Braccioni. “Fu lui a cambiare la filosofia di questa società, a imporre che in prima squadra, al posto dei giocatori esperti e per questo più ‘cari’, ci fossero i ragazzi cresciuti nelle giovanili”.
I conti tornano, la classifica meno. Il rinnovamento è iniziato più di dieci anni fa e oggi l’Urbania ha – insieme al Senigallia – la squadra con l’età media (23 anni circa) più bassa del torneo, in una categoria in cui gli avversari schierano calciatori esperti e navigati. Dal 2008, anno in cui fu costruito il campo sintetico, le iscrizioni non conoscono flessioni. E ora che grazie a un finanziamento dell’Unione europea allo stadio Comunale sorgerà un nuovo campo di calcetto, i numeri sono destinati a salire. Un quadro, questo, che fa passare in secondo piano i risultati altalenanti della formazione allenata da Michele Fucili, terzultima in classifica ma comunque in corsa per raggiungere l’obiettivo stagionale: la salvezza.
In rampa di lancio. Difficile chiedere di più a questi ragazzi. Alle spalle di bomber Filippo Pagliardini, 28 anni, figlio di quel Giuseppe (detto “toro scatenato”) che vestì la maglia gialloblù dell’Urbino, sta crescendo una nuova generazione di talenti. Alcuni, come Lorenzo Sacchi e Davide Ricci, giocano ancora lì. Altri, ripercorrendo le orme di Sensi, cercano fortuna altrove. È il caso di Filippo Lucciarini, centrocampista offensivo classe ’98 di Peglio, che dopo le esperienze di Carpi e Fano sembrava a un passo dal Frosinone. L’affare in questa finestra di mercato, nonostante l’ottimismo dei procuratori che stanno seguendo la trattativa, non si farà. Il regolamento non lo permette, tutto rimandato a giugno. L’altro golden-boy del settore giovanile biancorosso è invece il 18enne Nicola Bossi, stella della formazione Berretti dell’Arezzo, formazione di Lega Pro.
L’affare mancato. L’Urbania è un club con i conti in regola. Tuttavia, cedendo i suoi giovani più promettenti, le cose potrebbero andare ancora meglio. Come? Attraverso il premio di valorizzazione, compenso che le società di Serie A e B devono riconoscere al momento dell’ingaggio ai club che hanno formato il giovane. Questa norma però “scatta” solo a partire dall’anno in cui il calciatore – ma sarebbe più corretto dire il bambino – compie 12 anni. Sensi lasciò Urbania – direzione Rimini – pochi mesi prima di festeggiare il dodicesimo compleanno, ed è per questo che da queste parti non si sono visti né soldi né premi. Al club, dato che Sensi gioca in B ed ha già vestito la maglia della Nazionale under 20, sarebbero spettati circa 18.000 euro all’anno, per un mancato introito totale di circa 170.000 euro.
“D’ora in poi – assicura Nanni – nonostante tanti club, anche grandi, facciano di tutto per evitare di pagare, non ci faremo trovare impreparati. Ne faccio una questione di correttezza”. Già, anche perché i tempi delle spese pazze nel mondo del calcio sono finiti. Non ci sono più presidenti come Sergio Cragnotti, l’ex patron della Lazio che nel 2000 acquistò il giovane Ticchi dall’Urbania per 150 milioni di lire per poi rivenderlo tre anni dopo al Grottammare. Gratis, naturalmente.