di Lucia Gabani e Martina Nasso
URBINO – “Non mi curo più”. Nell’ultimo anno un marchigiano su dieci ha rinunciato alle cure (10,5%). Peggio solo Campania (14,1%) e Puglia (12,5%). La media nazionale è più bassa (7,2%). Lo dimostrano i dati raccolti in regione dai tribunali dei diritti dei malato della onlus Cittadinanzattiva.
L’INCHIESTA – Nelle Marche liste d’attesa infinite: 399 giorni per una risonanza al cervello
LA SCHEDA – Addio ricetta rossa: la prescrizione dei farmaci ora è online. Anche fuori regione
MAGAZINE – Sfoglia il nuovo numero del Ducato in edicola
I costi delle visite mediche a pagamento e le lunghe liste d’attesa sono i principali motivi per cui i marchigiani rinunciano alle cure. Per legge le aziende sanitarie devono pubblicare i temi di attesa per ogni visita o controllo su una pagina sul loro sito, così i pazienti possono sapere quanto dovranno aspettare. Una possibilità negata a gran parte dei marchigiani perché su molti siti degli ospedali regionali questa pagina non esiste.
“La situazione più preoccupante riguarda la rinuncia alle cure a causa della crisi economica” dice Monia Mancini segretario regionale della Onlus Cittadinanzattiva. Se anche si ottenesse un’esenzione al pagamento del ticket per reddito, bisognerebbe comunque aspettare troppe settimane prima di ottenere visite ed esami.
Quello dei tempi d’attesa è il problema più grave per i cittadini marchigiani. Nel 2005 il ministero della salute aveva stabilito dei tempi massimi: trenta giorni per le visite specialistiche, sessanta per gli esami diagnostici. Nelle Marche è anche difficile sapere quanto bisogna aspettare. Per legge le aziende sanitarie devono pubblicare una pagina sul proprio sito affinché i cittadini possano informarsi online sui tempi d’attesa per le prestazioni sanitarie. Secondo l’ultimo rapporto Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) la maglia nera va proprio alla nostra regione. Solo un quarto delle aziende sanitarie delle Marche rispetta la legge e pubblica le liste d’attesa.
“Sono clienti, così li dobbiamo chiamare” dice Alberto Ruggeri, responsabile della libera professione dell’ospedale di Urbino. È così che vengono trattate le persone malate. Devono mettersi in fila e aspettare il proprio turno, chi ha più soldi passa avanti e percorre la via preferenziale. Stesso posto, stesso medico e stessa visita, l’unica cosa che cambia è il prezzo. I medici interni all’ospedale di Urbino visitano in intramoenia, usano le strutture dell’ospedale per vedere i pazienti e il costo è quello percepito da un libero professionista. “Devono dare la priorità alle visite ospedaliere” spiega Ruggeri: “La legge prevede un limite del 50%, qui da noi siamo sotto il 30”. L’attività intramoenia non è remunerativa per l’azienda ospedaliera. Dei 100 euro pagati dal cliente, 70 sono il compenso del medico, degli altri 30 l’ospedale ne incassa tra i 15 e i 20 mettendo a disposizione del professionista macchinari e strumenti della sanità pubblica.