“Qui a Fermignano ci sentiamo a casa”, otto storie di un’integrazione riuscita

Un'immagine di "Popoli in festa", manifestazione dedicata a tutte le etnie presenti a Fermignano
di FEDERICA OLIVO

URBINO – Un lunedì di fine giugno. La piazza di Fermignano è quasi deserta: fa molto caldo e in tanti sono al lavoro. Youssef raccontando la sua storia parla veloce. Ogni tanto si ferma, torna indietro, aggiunge altri ricordi. Originario del Marocco, si è trasferito a Fermignano nel 1999 insieme alla famiglia. Presa la maturità si è iscritto alla facoltà di Economia e, dopo un Erasmus in Germania, a marzo si è laureato. Insieme ad altri connazionali anima il centro culturale islamico della cittadina: “Ci occupiamo di attività religiosa, ma lavoriamo anche sull’integrazione”, spiega. Come tanti suoi coetanei, dopo la laurea sta cercando lavoro: “Vorrei continuare a vivere a Fermignano – racconta – ma se non troverò un impiego, nelle prossime settimane andrò in Germania, anche se lì sarò considerato uno straniero. In Italia, invece, mi sento a casa”.

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A Fermignano sono tante le storie simili a quella di Youssef. Nella cittadina sono infatti 1.045 residenti di origine straniera. Si tratta del 12,2% della popolazione. Una cifra importante, se si considera che la media nazionale è dell’8,3%. Dieci le etnie presenti: marocchina e albanese le comunità più numerose (circa 500 persone in tutto), poi rumena, moldava, iraniana, macedone, ucraina, cinese. Fino a poco tempo fa c’erano anche tanti nigeriani, ma ora stanno diminuendo perché preferiscono trasferirsi in Inghilterra.

La mappa mostra la percentuale degli stranieri residenti nelle province italiane. In provincia di Pesaro e Urbino l’8,6% degli abitanti è di origine straniera.

Proprio il bisogno di lavoro ha spinto, nei decenni scorsi, molti stranieri a trasferirsi a Fermignano: la maggior parte di loro è occupata nel settore metalmeccanico e nell’industria del legno. In tanti sono impiegati anche nel settore commerciale e nell’assistenza domestica.

A parte qualche caso isolato, tra fermignanesi e nuovi arrivati non ci sono stati mai momenti di attrito. Dritan ha 36 anni ed è arrivato in Italia dall’Albania nel 1996. In un perfetto italiano spiega la sua idea: “Perché l’integrazione riesca, è necessaria molta apertura, non solo da parte di chi accoglie, ma anche di chi arriva. Quando mi sono trasferito in Italia, alcune persone erano diffidenti nei miei confronti. C’è voluto poco, però, perché si rendessero conto che tra me e loro non c’era alcuna differenza”. Si sente italiano, ma è molto legato alle sue origini. Insieme ad altri connazionali ha fondato il gruppo “Alb in Festa” che si occupa di far riscoprire, soprattutto ai bambini albanesi, la cultura della terra dei loro nonni.

Gli stranieri che sono a Fermignano da almeno un decennio stanno cercando di diventare cittadini italiani. Se ne occupa l’ufficio immigrati, uno sportello aperto due giorni a settimana che si occupa di dare assistenza agli stranieri: “Da due anni c’è un boom delle richieste di cittadinanza. Sempre più stranieri si rivolgono a noi per questo motivo”, spiega la responsabile dell’ufficio, Brunilda Ndini. “Da quando è iniziata la crisi economica il lavoro dell’ufficio è cambiato – dice – negli ultimi anni, infatti, sono sempre più frequenti i casi di sfratti o di richieste di rinnovo del permesso di soggiorno per disoccupati. Situazioni difficili da gestire, spesso risolte in collaborazione con i servizi sociali e con la questura”.

Se il lavoro è stato un fattore determinante per l’integrazione degli stranieri, a Fermignano negli ultimi tempi si punta sulla cultura. Le varie comunità del paese stanno infatti progettando iniziative – come la manifestazione “Popoli in festa” di inizio giugno – che favoriscano la condivisione tra le varie etnie. Il sindaco, Emanuele Feduzi, è fiero di questo questo percorso: “Fermignano è un esempio di coesistenza pacifica e costruttiva tra popoli. Vogliamo che tutti gli stranieri presenti sul territorio si sentano, insieme a chi è fermignanese da generazioni – commenta – parte attiva di questa comunità”.