di MAURO TORRESI
URBINO – Elisa avvicina l’orecchio a un piccolissimo tendone nero a forma di cubo, nello spiazzo davanti al collegio Tridente. Chiede a chi si trova all’interno se va tutto bene. In realtà quella tenda un po’ strana è una camera oscura e dentro si stanno scattando fotografie che mischiano il nudo artistico al paesaggio e le vecchie tecniche di ripresa ai moderni strumenti tecnologici. Gli scatti faranno parte della tesi di laurea della ragazza, all’Accademia di Belle Arti di Urbino.
Anche se aspetta fuori dal set, è lei, Elisa Crostella, l’artista. Perché nella fotografia non è detto che il creativo sia la stessa persona che preme il bottone della fotocamera. “La camera oscura è alle origini della fotografia – spiega Elisa, 23 anni – dopo le prime osservazioni del fenomeno fisico che ne è alla base, da parte di Aristotele, dal ‘400 in poi architetti e pittori la usarono per osservare la prospettiva”.
Mentre la studentessa racconta, c’è chi passa e osserva incuriosito quella specie di accampamento. Le telecamere del Ducato riprendono e alcuni si fermano a domandare cosa stia succedendo. “Stamattina una signora ci ha chiesto se la camera oscura fosse un nuovo bar dei collegi”, dice Elisa divertita.
Dentro alla tenda ci sono Gianni e Claudio, studenti di giurisprudenza rispettivamente amico e fidanzato dell’artista che per l’occasione sono modello e aiutante per scattare le foto. Il ‘cubo’ è chiuso con una cerniera, i punti di luce sono coperti con qualsiasi cosa capiti, scarponi compresi. Vietato l’accesso. Ma se si potesse entrare, si vedrebbe un ragazzo nudo davanti a uno sfondo bianco su cui è proiettato, capovolto, ciò che si trova all’esterno. Sarà lui la ‘tela viva’ dell’opera d’arte che la studentessa sta per creare.
Il principio fisico della camera oscura. Non ci sono lenti, specchi o altri strumenti per riprendere ciò che succede fuori. Ci sono solo i raggi di luce che, in base a un principio fisico, penetrano da un forellino posto in uno dei lati della tenda e proiettano l’immagine al rovescio rispetto alla realtà (è lo stesso principio grazie al quale le immagini entrano nell’occhio umano o attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica). In condizioni di oscurità totale, la velocità di scatto si dilata fino a 30 secondi. Vuol dire che davanti all’obiettivo si deve essere immobili e anche un piccolo movimento renderà l’immagine mossa.
“Questo buco si chiama foro stenopeico – prosegue la studentessa – e ho scelto questa tecnica per unire l’antico al contemporaneo. Per il mio lavoro, sostituisco la carta fotosensibile con un modello o una modella nudi e dipinti di bianco”. In questo modo, l’essere umano fa da ‘tela’ al paesaggio e si mimetizza. Durante gli scatti Elisa assiste da fuori perché, una volta deciso come impostare la reflex e il lavoro da fare, lascia libertà di scatto al suo aiutante e al soggetto ripreso. E’ come se l’essere umano diventasse parte di un meccanismo controllato dall’artista, dall’esterno. Gianni, il modello per il set al Tridente, ha già partecipato a performance artistiche del genere: “stavolta ho convinto la mia amica a prendermi come soggetto”.
Si scatta verso le 11 del mattino, il momento di luce migliore. “Ho già lavorato con altri soggetti e in altri due luoghi: davanti ai binari della vecchia stazione di Urbino e in campagna a Senigallia, la mia città – dice Elisa Crostella – Per il mio progetto di tesi posano sia ragazzi che ragazze”.
VIDEO: ELISA RACCONTA LA SUA CAMERA OSCURA
(di Isabella Ciotti e Nicola Petricca)
La scelta del nudo è precisa: “Il corpo è il velo dell’anima. Indossare un vestito, invece, può voler dire indossare un’etichetta e gli indumenti rimandare a una classe sociale”. Tra i punti di riferimento della studentessa, che nel 2015 ha visto una sua foto proiettata in un display al Louvre di Parigi e ha vinto il premio “Basilio Cascella” a Ortona, ci sono artisti come Paolo Gioli, Abelardo Morell e Franco Vaccari.
Il tendone se lo è costruito da sola, usando pali di legno e un telo nero in ecopelle che attira meglio la luce. “Mi piaceva il fatto di creare un curioso spazio intimo in uno spazio pubblico – conclude – Nel mio percorso artistico sono partita da piccole scatolette con carta fotosensibile fino alla camera oscura in cui far entrare le persone. Il messaggio che vorrei provare a trasmettere è quello del lavoro ‘ibrido’. E’ un dualismo tra interno ed esterno, tra psiche e ambiente”.