di SIMONA DESOLE
URBINO – Costretta a subire violenze e a vivere in un clima di paura, umiliazione e vessazioni. Per questo nel 2012 J.S., cittadina marocchina residente nel quartiere di Ponte Armellina, aveva denunciato il marito H.L. per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale. Per l’uomo, 42 anni, anche lui di nazionalità marocchina, è arrivata la condanna dal Tribunale di Urbino a 18 mesi di reclusione, con sospensione della pena.
I giudici Paolo Cigliola, Andrea Piersantelli e Alessandra Conti hanno riconosciuto i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni, ma non quello di violenza sessuale. Era stata la stessa J.S. infatti a ritrattare le dichiarazioni in cui accusava il marito di averla costretta ad avere rapporti, ammettendo di esserselo inventato.
All’epoca dei fatti la coppia viveva a Urbino 2. Secondo il racconto della donna, il marito di frequente rientrava a casa ubriaco e lei, a causa delle percosse, era finita più di una volta al Pronto soccorso di Urbino. I referti parlano chiaro: le lesioni risultavano compatibili con i maltrattamenti denunciati. Alle ferite fisiche si aggiungevano poi quelle psicologiche, perché l’uomo non soltanto la picchiava ma la insultava e le si rivolgeva con appellativi umilianti come “bestia” e “puttana”.
A un certo punto, la donna aveva anche deciso di lasciare l’Italia e si era rifugiata da un’amica che ha testimoniato a suo favore, avendo raccolto le confidenze della donna sui maltrattamenti subiti. Poi però il marito l’aveva convinta a tornare, promettendole che non avrebbe mai più alzato le mani su di lei. Così nell’aprile del 2012 J.S. era tornata in Italia, ma appena qualche giorno dopo il suo rientro era stata costretta a chiamare i Carabinieri dopo una nuova aggressione. E solo un mese più tardi era stata ricoverata, di nuovo, al Pronto soccorso.
Oggi è arrivata la sentenza ma i due coniugi risultano irreperibili. Secondo gli avvocati difensori sono tornati in Marocco tempo fa, ma nessuno è in grado di dire se lo abbiano fatto insieme.