di RICCARDO MARCHETTI
URBINO – Nel 2015 a Urbino le donazioni di sangue sono leggermente aumentate rispetto all’anno precedente. Tuttavia, se si amplia l’orizzonte a tutto il territorio circostante, la situazione si fa meno rosea. Il centro trasfusionale cittadino, infatti, è stato sotto-organico per tutto l’anno per l’assenza di un responsabile. Il risultato è che, dai comuni limitrofi, sono arrivate 600 sacche di sangue in meno rispetto al 2014.
Oltre due donazioni a persona. I dati forniti a Il Ducato dall’amministratore dell’Avis di Urbino Massimo Castellucci parlano di 1087 donazioni – 808 di sangue intero e 279 di plasma, il liquido nel quale sono immerse le cellule sanguigne – da parte di 469 dei 561 soci attivi, quindi 2,3 a persona. Quindici in più rispetto al 2014.
I dati provinciali del 2015 non sono ancora ufficiali, ma il presidente dell’Avis di Pesaro-Urbino Daniele Ragnetti parla di circa 22.000 donazioni (77% di sangue intero, 23% di plasma) da 12.000 donatori. Un risultato in linea con quello dell’anno scorso, quando la nostra era la quarta provincia su cinque delle Marche per donazioni in proporzione agli abitanti.
Il divario tra le donazioni di sangue intero e plasma ha una spiegazione. Nonostante il plasma possa essere dato con maggiore frequenza (una volta al mese, mentre il sangue può essere donato solo quattro volte l’anno per gli uomini e due per le donne), il procedimento dura circa 45 minuti. Per donare il plasma infatti si preleva il sangue, si separano plasma e sangue e si re-inietta il sangue al donatore.
“Infatti l’anno scorso chiedevamo ai nostri soci di dare il plasma, ne abbiamo bisogno” spiega Castellucci, che ha comunque confermato come anche nel 2015 sia stata raggiunta l’autosufficienza di fabbisogno di sangue ed emoderivati.
Il caos del centro trasfusionale. Se l’Avis sorride, lo stesso non si può dire per il centro trasfusionale di Urbino, cui fanno riferimento le Avis di una decina di comuni limitrofi. Tra queste, quelle di Gallo di Petriano, Fermignano e Montecalvo mandano i propri soci a donare il sangue direttamente al centro. Le altre invece hanno dei punti di raccolta dove periodicamente i medici della struttura vanno a prelevare le sacche sulla base di un calendario prestabilito. I comuni in questione sono, tra gli altri, Urbania, Sassocorvaro, Piobbico, Macerata Feltria, Apecchio e Sant’Angelo in Vado.
Il grosso dei problemi è iniziato a gennaio 2015, quando il responsabile del centro, Ernesto Sajeva, è andato in pensione, sostituito solo un anno dopo da Gabriele Amadei. Fatto che ha inciso non poco sull’organizzazione del centro, rimasto con soli tre medici e privo di un coordinatore. “Per un anno Urbino ha navigato a vista – commenta Ragnetti – le uscite programmate sono diminuite e la raccolta dagli altri comuni, dai quali di solito provengono i 2/3 del sangue accumulato dal centro, ha avuto un grosso calo”. A bilanciare le perdite ci ha pensato l’incremento delle donazioni presso i centri di Pesaro e soprattutto di Fano, perciò la quantità di sangue donato in provincia è in linea con gli anni precedenti.
Quello di Urbino non è un caso isolato. “La situazione dei centri trasfusionali è complicata – spiega Castellucci – i dottori che vanno in pensione spesso non vengono sostituiti e così molti chiudono per carenza di personale”. Una possibile soluzione potrebbe venire dalla costituzione delle unità di raccolta associativa, formate da medici e infermieri reclutati e pagati direttamente dalle Avis. “Il sistema sanitario incentiva la creazione di strutture di questo tipo – afferma Castellucci – nelle Marche ce ne sono già un paio”. Come però sottolinea Ragnetti, si tratta di iniziative “di difficile realizzazione, al momento manca un progetto a riguardo nella nostra provincia. Se ne sta discutendo a livello regionale”.