Nel carrello degli universitari: cibo di qualità ma attenti al prezzo. Lo studio dell’Università di Urbino

di VIRGINIA CAMERIERI

URBINO – Pigri, salutari, risparmiatori o “innovativi”. Sono i diversi profili dei giovani consumatori, studenti universitari, che emergono da una ricerca condotta dall’Università di Urbino assieme alla D’Annunzio di Chieti-Pescara, classificati in base alle abitudini di acquisto dei prodotti alimentari. Lo studio è stato presentato in un incontro organizzato al dipartimento di Economia: “Food, Quality & Consumption Trends” il 3 maggio. Oltre a professori e ricercatori, presenti nella Sala blu di Palazzo Battiferri, anche  imprenditori del settore agroalimentare.

Il workshop, dedicato agli studenti, è partito da un’attenta analisi sulle scelte degli alimenti da portare in tavola. Nello specifico, il campione preso in esame (marzo-dicembre 2015)  riguarda 1138 studenti di diverse università italiane.

Alla domanda quanto spendano al mese per l’acquisto del cibo, il 95% del campione ha dichiarato di non superare i 200 euro. Valore che spiega una tendenza chiara, quella al risparmio. Alla settimana il budget si riduce ulteriormente a 50 euro. Attratti da prezzi bassi e promozioni, l’acquisto avviene soprattutto nei supermarket per l’ampio assortimento e le migliori offerte. Sebbene i dati della ricerca rilevino una reale attenzione al prezzo, i giovani si mostrano accorti nella scelta di prodotti salutari e di qualità, non mancano mai pasta e carne. Il 40% compra quotidianamente frutta e verdura, spesso a chilometro zero. Per i ritmi degli studenti il trend del momento è il take away.

I diversi tipi di consumatori

Secondo la ricerca esistono 4 categorie di shoppers: i “pigri” (32%), cioè quelli che guardano per lo più alla convenienza economica e di reperimento del prodotto (ad esempio la vicinanza del market dal luogo di casa), i “salutari” (28%) che nella loro spesa ricercano soprattutto la qualità dei cibi. Le altre due categorie sono quelle dei “risparmiatori” (24%) e i “consumatori innovativi” (16%); i primi sempre alla ricerca dei prezzi più bassi, i secondi, invece, poco attenti al consumo salutista né affezionati a particolari marchi.

Giancarlo Ferrero, professore di marketing, è intervenuto spiegando lo stile di vita dei giovani:”Le scelte di consumo non si  discostano da quelle delle persone di età più avanzata. Ma ora il tempo passato seduti a tavola si è ridotto tantissimo: in alcuni casi bastano appena otto minuti per mangiare e lavare i piatti”. Gli strumenti attraverso i quali vengono condizionati sono le etichette dei prodotti, la tv, internet e il passaparola.

Il docente di farmacologia applicata dell’Università di Urbino, Piero Sestili si è focalizzato sul rapporto sport-alimentazione: “La pratica motoria consolida l’idea che stili di vita corretti, come un’alimentazione sana, abbiano una grande rilevanza salutistica e sanitaria”. In parole povere, lo sport fa bene.

La sfida per l’industria alimentare: essere competitivi e sostenibili

Alla scelta del cibo e il ruolo chiave dell’attività fisica si aggiunge quello della sostenibilità. A parlarne Elena Viganò, professoressa di economia del sistema agroalimentare ad Urbino, secondo la quale negli anni il processo di sviluppo si è spostato da un modello agricolo di sussistenza ad uno detto di ‘agricoltura globalizzata’. “Su questa progressiva industrializzazione – ha continuato –  il consumatore deve preferire modelli di produzione più sostenibili. L’unica scelta con meno impatto ambientale”. Proprio per rafforzare questa consapevolezza da qualche anno a Urbino è attivo un corso di formazione sull’agricoltura biologica per la formazione di professionisti in materia.

Nella seconda parte del workshop la parola è passata agli imprenditori del settore agroalimentare. I modelli di consumo, le strategie di marketing per rimanere competitivi sono stati i temi affrontati alla tavola rotonda. Il primo a condividere la sua esperienza è stato Giovanni Girolomoni, presidente della Cooperativa agricola Gino Girolomoni. Dagli anni Settanta, la sua azienda opera nell’agroalimentare “trasformando i cereali dei soci agricoltori in pasta biologica”. “Il nostro prodotto –  ha continuato Girolomoni – si fonda su valori imprescindibili quali la salute del consumatore, l’attenzione all’ambiente e ai nostri lavoratori”.

No ogm, no olio di palma e tra qualche anno no alla somministrazione degli antibiotici negli allevamenti. Queste invece le politiche adottate da Coop Alleanza 3.0. Ad illustrarle Antonio Vona, direttore di macro-area Romagna-Marche-Abruzzo. “Instaurare un rapporto sempre più stretto con l’area locale, da qui nasce la linea di prodotti Coop Fior Fiore”. Oltre ad un pubblico adulto, l’azienda si rivolge anche all’educazione dei più piccoli, ha spiegato Vona, insegnando ai bambini delle elementari a leggere le etichette degli alimenti.

Tanti gli interventi e molti gli input emersi durante la giornata di workshop che hanno avuto lo scopo di  favorire la  comprensione dei bisogni e delle tendenze dei consumatori di oggi e di conoscere il lavoro costante svolto dalle aziende agroalimentari per rimanere competitivi nel mercato globalizzato. Un confronto importante svolto in un’aula di Università proprio con l’intento di rivolgersi ai più giovani, i possibili futuri imprenditori e consumatori del domani.