di FEDERICA OLIVO
URBINO – Il 7 maggio la Francia sceglierà il suo prossimo presidente della Repubblica. Una sfida inedita, perché a contendersi il ruolo di capo dello Stato sono Marine Le Pen del Front National, partito di estrema destra ed Emmanuel Macron, già ministro dell’economia di François Hollande, che l’anno scorso ha creato il nuovo soggetto politico En Marche. Per la prima volta due candidati che non appartengono alle formazioni politiche storicamente più votate in Francia: i partiti socialista e repubblicano-gollista.
La studentessa e la professoressa che vivono a Urbino: “Francesi delusi dai partiti tradizionali”
“Non sono per niente stupita del fatto che al ballottaggio siano arrivati la Le Pen e Macron”, afferma Sarah Lévèque 21 anni, studentessa di lingue originaria della Normandia, fino a pochi giorni fa assistente al liceo linguistico di Urbino. “I francesi, anche quelli di sinistra, sono molto delusi dalla politica di Hollande e cercano qualcosa di nuovo. Proprio per questo Marine Le Pen e Jean Luc Mélenchon (il candidato dell’estrema sinistra, che al primo turno è stato votato dal 19,6% degli elettori, ndr) hanno raccolto un consenso importante”.
A scatenare il rifiuto dei francesi nei confronti dei partiti tradizionali la disoccupazione – soprattutto giovanile – e le politiche di austerity attuate dall’ultimo governo: “Hollande ha deluso tutti i suoi elettori”, spiega Martine Annaval docente di francese al Cla (centro linguistico di ateneo) di Urbino, in Italia da molti anni, “perché attuando una politica troppo liberista e cedendo ai diktat della finanza, ha tradito l’anima del partito socialista”.
Marine Le Pen, antieuropeista e contraria all’immigrazione, fa paura ad entrambe: “Temo che se sarà eletta in Francia succederà qualcosa di simile a quello che sta succedendo negli Stati Uniti con Trump, anche per questo, nonostante io sostenessi Mélenchon, spero che al secondo turno vinca Macron” afferma Sarah. “La Le Pen gioca sulle paure e sul malessere delle persone”, spiega Martine Annaval, “non a caso è sostenuta da persone non molto colte e dagli agricoltori che abitano nelle zone interne, che sperano in un ritorno della ‘vera Francia’. C’è da dire, però, che anche ex elettori di sinistra, tra cui molti operai, l’hanno sostenuta”. Per certi aspetti, secondo la studentessa francese, il Front National somiglia al Movimento 5 stelle italiano: “L’anno scorso all’università ho fatto uno studio sul movimento fondato da Grillo e ho notato che molti punti del suo programma sono uguali a quelli del Front National. Le due figure di Beppe Grillo e di Marine Le Pen poi si somigliano molto, sia per l’idea di leader che trasmettono all’esterno che per la loro capacità di attirare fasce della società sfiduciate dalla disoccupazione o dalla paura dei migranti”.
Se Sarah spera in una vittoria di Macron, il candidato di En Marche non convince Martine: “C’è chi dice che rappresenti una novità, ed anche per questo è molto seguito dai giovani – afferma – io però credo che sia un uomo delle lobby e che, se sarà eletto, attuerà politiche più favorevoli alla finanza che ai cittadini, non a caso è sostenuto da Angela Merkel e da Matteo Renzi. È proprio per questa ragione che, dopo aver votato per Mélenchon al primo turno, al ballottaggio mi asterrò”.
L’astensionismo, però, potrebbe far vincere Marine Le Pen: “Fino a poche settimane fa ero convinta che la candidata del Front National non avrebbe mai potuto vincere in Francia. Adesso, però, non ne sono più sicura. Credo che se non andranno a votare in molti, c’è il rischio che diventi lei il prossimo presidente della Repubblica francese”. Non è della stessa opinione Sarah: “Sono convinta che vincerà Macron. In Francia c’è da settimane una discussione sul voto utile e credo che, alla fine, anche chi non è particolarmente convinto lo voterà pur di opporsi alla Le Pen”.
Il futuro della Francia? Per entrambe non è roseo: “Vado quattro volte all’anno nel mio Paese – spiega Martine Annaval – e non riconosco più la mia Francia; mi sembra che le cose peggiorino sempre di più. Aumenta la corruzione, peggiora la situazione dei giovani e lo Stato non attua più le politiche giuste per l’integrazione degli stranieri. Il nostro era un Paese aperto, ma oggi non riesce più ad inserire nel suo tessuto sociale gli immigrati di terza generazione”. Sarah è meno pessimista, ma neanche lei vede spiragli di cambiamento: “Credo che, se dovesse vincere Macron, il suo sarà un governo piatto, neutro. Le cose rimarranno quelle che sono. Ho l’impressione, però, che se anche la Le Pen non dovesse vincere questa volta, c’è il serio rischio che nel 2022 sarà lei il presidente della Repubblica francese”.
L’esperto: “In Francia una grande spaccatura all’interno della società. Macron vincerà ma non darà soluzioni”
Per il professor Alessandro Pandolfi – docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Urbino – in Francia si è registrato un “deterioramento del quadro politico” difficilmente superabile. Il maggior responsabile di questa crisi sarebbe il presidente uscente Hollande che, durante il suo mandato, “ha distrutto, con le sue politiche, il partito socialista francese, arrecandogli un danno all’immagine irreparabile”. Irreversibile, secondo il professore, anche il crollo del centro destra francese.
Una crisi che non riguarda solo la politica ma anche la società: “C’è una grande confusione in Francia. Gli immigrati di seconda generazione si sentono cittadini di serie B e non sono mai stati realmente integrati nel tessuto sociale francese. C’è poi un grande malcontento tra i precari e i disoccupati. Nessuno dei due candidati si è occupato né si occuperà di queste persone”, spiega Pandolfi.
L’unica soluzione potrebbe essere: “Ricomporre gli scontri sociali e integrare tutti i soggetti che oggi in Francia sono emarginati”. Secondo Pandolfi, però, Macron non sarà in grado di risolvere questo conflitto sociale: “Sono convinto che lui vincerà le elezioni ma sarà al soldo della Commissione europea e non riuscirà a costruire rapporti né con la sinistra né con la destra. Non sarà, inoltre, sostenuto a lungo neanche dal suo elettorato, perché troppo eterogeneo e composto da soggetti che finora hanno retto la crisi”.