“C’è una cura contro il cancro”. Torna virale il video bufala

di ANTONELLA MAUTONE

URBINO – Nonostante siano trascorsi anni dalla sua pubblicazione in Rete e sia stato smentito dai diretti interessati, il video che parla di una miracolosa cura anti cancro scoperto ad Urbino è ancora in circolazione. Passando questa volta attraverso nuovi canali di diffusione, come WhatsApp.

La scoperta delle molecole anti-cancro

Tutto inizia nel 2010, quando due ricercatori dell’Università di Urbino, Vieri Fusi e Mirco Fanelli, scoprono le proprietà anticancro di alcune molecole ottenute attraverso la modifica chimica del maltolo, sostanza naturale contenuta in alcuni alimenti che – a contatto con le cellule tumorali – le porta a una ‘morte programmata’. Fusi e Fanelli – oggi rispettivamente professore ordinario e associato presso Uniurb –  riescono a sperimentare la ‘cura’ solo sui topi e non sugli uomini per mancanza di fondi adeguati.

Il video virale 

Fin qui la verità, ma a distanza di tre anni inizia a diffondersi un video nel quale un ‘sedicente’ giornalista denuncia che ‘famigerate’ case farmaceutiche hanno impedito la diffusione della notizia. E la racconta con elementi del tutto falsati come se la ricerca fosse già applicabile a chi è malato di tumore. Il video, smentito più volte, spunta di nuovo in queste settimane su WhatsApp. Il fenomeno non ha ancora avuto fine, nonostante lo stesso Fanelli sia sceso in campo per fermarne la diffusione.

La ricerca bloccata

Il suo collega Fusi, oggi, evidenzia ancora una volta la costante mancanza di fondi: “Ormai siamo rassegnati. Andiamo avanti grazie all’Università e a qualche collega che ci permette di utilizzare la sua strumentazione”.  Dell’autore del video dice: “E’ una persona cattiva. Uno che non si è reso conto di cosa voglia dire dare speranze a chi ha un malato terminale in casa. Per colpa sua ricevo ancora richieste di persone disposte a fare da cavia per colpa di quel video bufala”.

Di questa lunga storia, dunque, l’unica verità che andrebbe ‘viralizzata’ è che la ricerca in Italia continua a non essere sostenuta: “Vorremmo poter arrivare a una conclusione, anche negativa. Perché per noi è frustrante non sapere, proprio per mancanza di fondi e personale, se possiamo aiutare le persone a sconfiggere il cancro”, conclude amaro il professore.