Di GIACOMO TIROZZI
FOSSOMBRONE – A guardarlo gareggiare viene una sola cosa in mente: voglia di vivere. E quella voglia Giuseppe Ottaviani, atleta centunenne marchigiano, l’ha trasmessa anche ai detenuti. Il recordman della terza età è stato invitato per celebrare il quindicesimo anno di attività di Scienze motorie dell’università di Urbino all’interno del carcere di Fossombrone . Il progetto è guidato da Ario Federici, docente di Attività motoria nell’età adulta e anziana alla Carlo Bo.
Accolto dagli applausi, Giuseppe (che viene da Sant’Ippolito, in provincia di Pesaro e Urbino) ha riscosso grande ammirazione tra tutti i reclusi cercando subito un punto di incontro: “Datemi del tu, non del lei, il tu si dà agli amici. È difficile capire come vivete voi, io posso solo dire che ho fatto il sarto per 50 anni. Poi a 70 ho cambiato vita grazie a mia moglie e ho iniziato a correre”.
Giuseppe è un atleta della categoria master, recordman vero, non solo per l’età, ma anche per i suoi risultati sportivi nell’atletica leggera. È campione tra le varie specialità di salto in lungo con 2,14 m, di lancio del disco con 17.62 m e dei 100 m piani con 26″33. Il professor Federici ha voluto invitarlo come esempio da seguire per i detenuti.
L’evento si è tenuto a margine di una partnership tra l’università di Urbino e il carcere di Fossombrone. “La collaborazione è iniziata nel 2002 e fino ad oggi non abbiamo avuto nessun problema con i detenuti” ha sottolineato Federici. “All’inizio avevamo pochi fondi e ci mancava l’attrezzatura, la Panatta Sport – produttrice di attrezzi sportivi – ci ha aiutato senza esitazioni fornendoci i materiali adeguati” ha concluso il professore.
Gli studenti di scienze motorie, ogni anno, scelgono volontariamente di partecipare a questo tirocinio. Le attività svolte sono diverse rispetto all’idea da film del “galeotto” che solleva centinaia di chili su un bilanciere: “In genere i detenuti si concentrano di più sulla massa, noi stiamo cercando di insegnarli qualcos’altro, a partire dal corpo libero e dalla mobilità articolare ” spiega Giulia, una studentessa di scienze motorie.
All’evento era presente anche il rettore Vilberto Stocchi che ha preso l’impegno di incontrare il ministro della giustizia Andrea Orlando per cercare di diffondere questa realtà a livello nazionale.
La vita in carcere può essere dura, ma lo sport può essere, oltre che un momento di svago, anche un modo per riabilitarsi e per imparare a raggiungere i propri obiettivi. Dello stesso avviso è la dottoressa Angela Panatta, della Panatta Sports: “I detenuti sono delle persone come tutti noi” che hanno bisogno di un aiuto per rimettersi in sesto.
Questa volta in loro aiuto è corso Giuseppe: “I segreti per arrivare a cento anni sono l’amore e la curiosità. Sono una persona fortunata, ho visto le prime radio, le prime automobili e i primi aeroplani e ho sempre avuto la curiosità di capire come funzionassero – spiega Giuseppe – adesso ho comprato un computer e navigo in internet usando Google”.
Alle fine dell’incontro i detenuti si sono alzati per rendere omaggio a Giuseppe, una persona longeva, come ama definirsi, che ha concluso: “Se ce l’ho fatta io, perché voi no?”.