di GIACOMO BARDUCCI
URBINO – “Nei suoi edifici c’è sempre stata una parte razionale, una matematica, una di avventura e una di sogno”. È una frase della lettera scritta dalla figlia di Giancarlo De Carlo, l’architetto genovese che più di tutti ha segnato un prima e un dopo nella storia della città, letta durante il convegno “De Carlo e Urbino”.
L’incontro, organizzato in occasione del dodicesimo anno dalla sua morte dall’associazione Urbino Capoluogo, ha avuto luogo nell’aula magna di Giurisprudenza, una delle strutture create da De Carlo. Le sue opere sono state amate ma anche molto discusse: “De Carlo è stato un grande uomo e un grande architetto ma oggi non pensate che parlerò solo bene di lui, più volte ho dovuto dirgli di no”, ha detto Giorgio Londei, presidente di Urbino Capoluogo ed ex sindaco della città. “Quando progettò la sede di Economia voleva inserirci due torri che richiamassero i Torricini, fortunatamente, anche se con l’amaro in bocca, De Carlo non le ha fatte”. Lui, da buon architetto, aveva una gran voglia di progettare e costruire ma la sua fortuna, e anche la fortuna di Urbino, è stata quella di capire che “ci sono luoghi in cui non va messa nemmeno una panchina” come ha detto Umberto Piersanti, poeta e cittadino urbinate presente all’incontro. Giancarlo De Carlo si era innamorato alla follia di Urbino e da buon amante ne era estremamente geloso. Londei ricorda una frase che l’architetto gli ripeteva sempre: “Non fare toccare a nessuno Urbino tranne che a me”.
I palazzi di De Carlo sono stati anche “difficili da capire”. Giorgio Calcagnini, professore dell’università di Urbino, ha parlato del primo ingresso nella sede di Economia: “Quando ci siamo trasferiti nella nuova sede ci ha lasciati dubbiosi sulle enormi sale e gli spazi aperti. Ci aspettavamo più uffici piccoli per noi docenti. Guardando oggi, queste grandi stanze sono sempre piene di studenti e professori e sono un luogo perfetto per incontrarsi, scambiarsi idee e De Carlo questo l’aveva capito subito”.
Il borgo Mercatale è stata un’altra creazione molto discussa. Va detto che De Carlo non l’aveva pensato com’è attualmente. La piazza doveva essere sgombera da auto, il parcheggio sotterraneo, la collina delle Vigne cava e riempita con un parcheggio per gli autobus mimetizzato con il verde e un camminamento che, da Porta Valbona, portasse fino ai Collegi passando per la Fortezza. Ora il Mercatale si presenta come De Carlo non voleva che diventasse: una distesa di asfalto e macchine. Non è stata una colpa diretta dell’architetto, Piersanti ha detto: “Quest’idea è stata una puttanata dell’amministrazione comunale ma De Carlo comunque non avrebbe dovuto assolutamente permetterla”.
Quello che non è sempre riuscito a De Carlo, come nel caso del borgo Mercatale, è l’equilibrio paesaggio-architettura. Connubio che invece è riuscito a creare nella sede del magistero e in quella di Giurisprudenza. Il rapporto città-campagna è fondamentale come ha detto anche ieri Piersanti: “Urbino quassù è ancora in cielo, un paesaggio di perfetta utopia che si deve collegare con la modernità senza essere stravolta”.