Ddl Cirinnà, parlano gli studenti di Urbino: “Sì a unioni civili e adozioni, l’amore non ha sesso”

URBINO – Unioni civili? Nessun Problema. Adozione da parte di coppie omosessuali? Nemmeno. Mentre in occasione del voto sul ddl Cirinnà il mondo della politica è spaccato, gli studenti universitari si mostrano gayfriendly. “Non vedo perché una coppia composta da persone dello stesso sesso che si amano, non debba avere gli stessi diritti di una famiglia eterosessuale” è il commento più frequente fra gli studenti dei Collegi quando li interroghiamo sul disegno di legge che vuole introdurre, tra gli altri provvedimenti, anche la step child adoption, l’adozione del figlio del partner.

Daniela e Sara, rispettivamente 20 e 21 anni, stanno prendendo un caffè in una delle tante macchinette distribuite all’interno della struttura. Una studia Giurisprudenza, l’altra Scienze della comunicazione, ma entrambe non hanno dubbi: “Qualunque coppia che voglia dare amore a un bambino – affermano – deve poter avere un figlio. A prescindere dal sesso. Certo magari non avranno lo stesso tipo di famiglia dei loro amici, ma non penso che sia un problema”.

Della stessa opinione anche Edoardo, 22 anni, che ci risponde continuando a sottolineare il libro di letteratura che sta studiando: “L’unico motivo per cui non abbiamo ancora una legge sui matrimoni fra omosessuali è perché siamo un Paese profondamente ipocrita, ci scandalizziamo per questioni che dovrebbero essere la base di ogni Paese civilizzato e progressista”. Anche sulle adozioni poi si dice “favorevole, purché siano ben regolamentate. È facile in questi casi – aggiunge – cadere in un classico pasticcio all’italiana e non sono del tutto sicuro che non sia anche il caso della Cirinnà”.

Sulla possibilità che una coppia gay possa avere un figlio, però, non sono tutti d’accordo: il timore diffuso fra gli studenti è che esista una sorta di “immaturità” della società italiana che in qualche modo non sarebbe pronta ad accogliere un figlio di omosessuali. Come spiega  Nico, studente di 20 anni, “il bambino riconosce il contesto in cui cresce, si abitua e vede come normale ciò che lo circonda fin da piccolo, e quindi di per sé non ci sarebbero problemi. I contrasti però possono nascere con gli altri compagni e con gli amici, che possono emarginarli e non integrarli con loro. Dipende da come sono educati, dal contesto in cui vivono, e purtroppo conosciamo il razzismo strisciante di questo paese”.

Andrea, 22 anni, si alza da un banco vicino a dar man forte a Nico: “Sono d’accordo – spiega gesticolando vistosamente  –  il problema non è nell’amore dei genitori. In quello non c’è differenza. Ma i due devono essere abbastanza forti da non far sentire al figlio la pressione che sicuramente avrà tanto a scuola quanto in qualunque altro contesto. Purtroppo la felicità di un bambino non dipende solo dalla famiglia, ma anche da condizioni esterne a essa”.