Per Gianni Rossetti. “Amico, collega, maestro umile e generoso”. Il ricordo dei docenti ed ex allievi dell’Ifg

URBINO – Prima docente e poi direttore della scuola di giornalismo di Urbino, Gianni Rossetti, deceduto lunedì 30 marzo, ha insegnato il mestiere, o meglio “la professione” a centinaia di giornalisti che oggi lavorano nelle testate, negli uffici stampa di tutta Italia, e hanno fatto della comunicazione il proprio pane. La comunicazione era il suo, di pane, come giornalista Rai, docente all’Università di Urbino e presidente dell’Ordine dei giornalisti delle Marche. Ha trasmesso tutta la sua passione, in quasi trent’anni di insegnamento, attraverso consigli, battute e tanti, tantissimi aneddoti. Soprattutto quelli collezionati lavorando e conoscendo la propria terra. Di cui sapeva tutto e amava raccontare. Questo era Gianni Rossetti. Abbiamo raccolto i pensieri, le testimonianze e i ricordi che hanno di lui coloro che hanno fatto parte, come allievi e come colleghi, della storia dell’Istituto per la formazione al giornalismo.

L’amore per il giornalismo trasmesso a tutti

“Non c’era modo di sfuggire ai suoi famigerati “asciugoni”, quando mi intercettava a fine giornata prima che tornassi a casa, visto che abitavo al secondo piano della scuola. Bastava un cenno e Gianni partiva a raccontare. La fame a fine giornata incalzava, ma da quelle interminabili chiacchierate ne sono uscito sempre più ricco e felice. Gianni con tutti noi allievi è stato uno scoglio in quella burrasca di incertezze che era il biennio a Urbino. Alla nostra tentazione di sconfitta, rispondeva con un’ondata di idee. Non mi ha mai negato una risposta, anche la più dura. Alla sua sincerità e affetto incondizionato devo tutti i passi che ho provato a fare fino a oggi”. Giovanni Ruggiero

“Ci hai insegnato a rincorrere la notizia, a non mollare mai. Lo hai fatto anche l’ultima volta che ci siamo senti al telefono – ricorda l’ex allieva dell’Ifg Maria Sara Farci – io appena uscita dalla scuola che vengo mandata sul campo in un programma della Rai, la tua adorata Rai. Mi chiamasti per darmi i tuoi preziosi consigli e quando ti dissi grazie Prof, mi rispondesti: ‘Chiamami Gianni’…e allora Grazie Gianni per avermi accompagnato in questo bellissimo cammino”.

“Ricordo ancora il suo far tintinnare le monetine in tasca in maniera nervosa, le sue cravatte a fantasia che abbinava insieme ai suoi completi, l’aiuto che mi chiedeva per spiegargli le funzionalità del suo MacBook Pro nuovo. L’entusiasmo che ci metteva quando spiegava la lezione a scuola o ci faceva scrivere pezzi di cronaca con i lanci di agenzia veri conservati solo da lui. Perché sì, ho avuto la fortuna e il privilegio di frequentare il suo Istituto di Giornalismo a Urbino, quello che lui ha fondato nel ’90. Lei mi mancherà molto, caro Direttore. Tutto ancora risalta forte in mente, con il cuore che va a mille. Grazie infinite”. Lorenzo Pastuglia

“Impossibile interromperlo – ricorda Matteo Finco – non tanto per educazione, ma perché parlava del suo lavoro con una passione (in questo caso il termine non è esagerato) che raramente si incontra, e che merita un rispetto più elevato di quello dovuto a chiunque”.  Ma Rossetti sapeva anche trasmettere chiaramente la serietà e la dedizione che servono in questo lavoro: “All’epoca del mio stage al TgRMarche – continua Finco  – un pomeriggio, dopo che mi ero trovato in difficoltà nella preparazione di un servizio, mi fece un discorso chiaro e diretto. ‘Vedi i ragazzi più giovani della redazione, fino a pochi anni fa anche loro all’Ifg? Sai perché sono importanti qui? Perché, in un modo o nell’altro, il pezzo lo portano a casa sempre’. Mi fece capire molto efficacemente, insomma, una cosa essenziale, se vuoi fare il cronista”.

“Il professor Rossetti è tra coloro che mi hanno insegnato cosa significa essere marchigiano – ricorda Federico Capezza – A me, che in questa regione sono nato e cresciuto un po’ per caso, il suo gusto per le cose semplici, la sua capacità di raccontare con entusiasmo aneddoti e frammenti di folklore, hanno fornito una nuova chiave di lettura della mia terra, fino a quel momento conosciuta in maniera superficiale e presuntuosa. È stato un  professore e direttore anomalo: mai un atteggiamento di superiorità o, peggio, di paternalismo. Il suo rapporto con gli studenti è sempre stato franco, ma è indubbio che ci volesse bene, anche quando doveva placare, sempre bonariamente, le nostre intemperanze. Giannetto è stato, più che un maestro di giornalismo, un esempio di umanità: la dimostrazione che si può rimanere umili e sinceri in un mestiere che troppo spesso rende cinici e insensibili”.

Un direttore che sapeva anche essere amico

“L’inizio del secondo anno, per me – racconta Matteo Munno – non fu una cosa scontata. Rientravo spento, scarico, svuotato. Il primo giorno dal rientro incrociai il Direttore alle macchinette. ‘Oh, sei tornato eh, vedi di rimetterti in piedi che sei sveglio. La stoffa ce l’hai, mi raccomando: so che allo stage hai fatto bene, lo sapevo. All’esame poi niente cronaca’. Era il suo bentornato e il suo invito a non mollare dopo quel che era successo. Sarebbe troppo facile parlare degli insegnamenti sul campo, che non sono mai abbastanza. Ci piace ricordare anche l’uomo, quello che a tutti noi ragazzi prima ammoniva con tono austero e poi scherzava in pausa sul calcio e i suoi aneddoti”.

“Con lui se ne va un pezzetto di memoria di quando i ‘telegineoperatori’ si fregavano le videocassette… E ricordo un suo proverbio che mi ha fatto tanto ridere: “Quando non ce sta niente de mejo se va a letto pure co’ la moje”… Mito, esempio di gentilezza e ironia”. Maurizio Molinari

“Caro Gianni, ti ricorderò sempre non solo per avermi insegnato tanto insieme ai bravissimi docenti di Urbino, ma anche per la tua simpatia sempre garbata e il tuo sguardo di vera bontà d’animo”. Antonio Sciotto

“Le sue esercitazioni di cronaca mi mancano un bel po’ e credo di poter dire che mi manchi lui in particolare, sempre pronto con le sue battute e i suoi aneddoti ad alleggerire il clima a volte stressante. Ha scoperto il talento di un certo Roberto Mancini e ha fondato l’Aurora Basket Jesi. A volte parlavamo di pallacanestro e sapendo della mia collaborazione con la VL Pesaro mi diceva ‘Dai eh co ‘sta Scavolini! Tocca tornare ai bei tempi, datevi da fare!'”. Giovanni Bruscia

“Mi ricordo le prime volte che venisti a farci lezione, al terzo anno di università, raccontandoci esperienze giornalistiche spesso al limite dell’assurdo. Mi ricordo ancora quel famoso test “sai scrivere?” con cui smontasti ogni nostra sicurezza a livello di linguaggio, a inizio corso. Mi ricordo tante cose, soprattutto che è grazie a te se mi sono laureato e se poi sono diventato un giornalista. Hai sempre cercato di aiutarmi, anche una volta fuori dall’Ifg. Che la terra ti sia lieve, ora. Ciao, prof!” Nicola Petricca

IL RICORDO DEL CT MANCINI – “Sono cresciuto sul campo con lui, è sempre stato il ‘presidente’”

“Se chiudo gli occhi e ripenso agli anni di Urbino una delle prime immagini che affiorano è proprio il volto sorridente di Rossetti. Un uomo concreto, senza fronzoli, che andava dritto al punto. Quelle sue parole pacate, scelte con accuratezza, sapevano trasmettere una potente passione per una professione che, con lui, acquistava nobiltà, qualunque fosse l’argomento trattato”. Valeria Strambi

“Una grande tristezza. Questo è quello che provo nel pensare che Gianni Rossetti non è più tra noi. Mi ha insegnato tanto e dopo gli anni all’Ifg (biennio 1994-1996) era sempre un piacere incontrarlo di nuovo “sul campo”, da colleghi. Voleva bene ai suoi allievi, ne era orgoglioso ed era interessato a conoscere dove la vita e la professione li aveva portati. Grazie Gianni, ti ricorderò sempre”. Stefania Gratti

“Ho avuto la fortuna di avere Gianni Rossetti prima come insegnante all’Ifg, poi come collega alla Tgr e da ultimo di partecipare al Festival del giornalismo di inchiesta delle Marche di cui era Direttore. Quando mi chiamò la prima volta per chiedermi di moderare una serata del Festival gli dissi di no. Insistette un po’, poi mi disse: “Va bene, ma ti richiamo”. Lo ha fatto. E da lì per me è diventato un appuntamento fisso bellissimo. Gianni Rossetti sapeva ascoltare oltre che insegnare. Il suo modo di fare diretto e sempre genuino la sua forza. Era una persona trasparente, onesta, buona. Sapeva fare squadra e unire le persone. Spero che a tutti noi cresciuti con lui alla scuola di giornalismo di Urbino rimanga per sempre almeno un po’ del suo entusiasmo, quello che instancabilmente metteva in ogni cosa che faceva. Grazie Gianni”. Francesca Piatanesi

“Era una persona buona. Questo già basterebbe. Ma era anche e soprattutto uno che sapeva stare dalla parte giusta, ossia la nostra, quella dei suoi studenti: mai un rimprovero di troppo, mai una lezione senza sorrisi, mai un insegnamento forzato, mai un eccesso di superbia o autoreferenzialità. Tutto quello che aveva da dare lo regalava con immensa generosità, non si è mai risparmiato”. Federica Salvati

“Quel suo modo controllato, quel saper ascoltare, quell’umiltà tutta sua. Porterò questo con me di Gianni Rossetti. E poi i suoi aneddoti, che non finivano mai, e l’onestà nel raccontare verità anche scomode del lavoro che tanto amava. Una grande umanità nascosta sotto a un completo grigio. Un’umanità che in un momento per me difficile, seppe abbattere un muro. Ciao Direttore, grazie”. Valentina Gerace

“Gli occhi buoni. Un pragmatismo sano, genuino. Lo sguardo paterno. Chi ha vissuto quel mondo a cui tu appartenevi, chi ha respirato quell’incanto, non può che sentire una gratitudine profonda.
Ogni pensiero un sorriso. Per sempre”. Martina Ilari

“Per me Gianni sei sempre seduto a ticchettare sulla tastiera del pc e ogni tanto sollevi lo sguardo per guardarmi e ridere. E sento la tua voce: ‘Morico’, scaletta!’”. Luca Moriconi

“Competenza e professionalità. Sono le prime cose che mi vengono in mente se penso di Giannetto Rossetti. Ma anche la grande simpatia. Mi piace ricordarlo ridere mentre animava alcuni divertenti “dietro le quinte” con il Silvano Rizza, Vittorio Roidi, Gianni Mantovani e Grazia Trabalza”. Michela Duraccio

“Ricordo perfettamente una sua frase che ci fece ridere tutti: stava guardando un collega intento a montare un servizio, e tra le immagini c’era anche quella di una bella ragazza. Gianni disse: “Metticela, metticela, che la gnocca fa sempre gioco”. Perché Rossetti ci insegnava ma ci faceva anche sorridere. Io lo ricordo con il gesto – un leggero movimento delle spalle – che aveva accompagnato quella frase”. Stefania Zani

“Una maniera di far innamorare le persone di questo lavoro è raccontarlo. Tu lo raccontavi il tuo lavoro, ci inondavi di aneddoti tuoi al TgR. A volte avevo la sensazione che avresti voluto esser lì ancora in pista a lavorare in redazione, e non a sentire noi, ancora completamente inconsapevoli a cosa andavamo incontro. “Stefania una soluzione la si trova, dai non buttare via tutto”. Non butterò niente direttore, ciao”. Stefania Carboni

“Il giorno in cui arrivai a Urbino ero terrorizzata. Entrai dal portoncino della vecchia sede, salii velocemente le scale, girai l’angolo e una figura mi si parò davanti. Era Gianni Rossetti. In abito, come sempre. Ebbi un tuffo al cuore. Lui mi guardò, sorrise e allargando le sue manone mi accolse con un sonoro “buongiorno”. Mi sentii rassicurata. Quella scena si sarebbe ripetuta spesso durante gli anni trascorsi a Urbino. Era un direttore presente, voleva prendersi cura di noi: ci osservava, ci ascoltava, cercava di consegnarci frammenti della sua esperienza perché potessimo custodirli e farli rivivere nelle nostre storie professionali”. Antonella Ferrara

“Era il 14 febbraio di tanti anni fa e, invece di trascorrere San Valentino col mio fidanzato di allora, decisi di avvicinare Gianni Rossetti a Corinaldo durante le riprese del tg itinerante. Non lo conoscevo ma gli dissi: “Io vorrei fare la giornalista”. Mi fece salire sul camper della Rai permettendomi di assistere alle registrazioni e alla diretta. Parlando, parlando tanto perché chi lo conosceva bene sapeva che fermarlo era impossibile. Io presi la mia strada e ci ritrovammo poi all’università, io tutor e studentessa, lui docente. E poi ancora dopo il concorso mi chiamò per dirmi: “Hai superato la selezione per l’Ifg! Sei dei nostri, complimenti!”. E a scuola, tra i servizi sui carrioli, il palio della rana, ricordo la sua pazienza nello spiegare cosa proprio non andava nel servizio, e la mia impazienza nell’ascoltare, nell’imparare. Sempre gentile, sempre corretto, sempre presente”. Katia Ancona

“Qualche anno fa, quando ero già uscita da Urbino, mi scrisse un messaggio. Aveva sentito un mio reportage in radio: “ho riconosciuto la voce!”, scrisse. Mi diede qualche consiglio ed espresse tutta la sua gioia per il mio piccolissimo successo. Quello scambio di messaggi fu una carezza gentile. Un modo per ricordarmi che ci voleva bene, non ci aveva dimenticati ed era orgoglioso dei suoi allievi”. Antonella Ferrara

“È stato un padre professionale, una persona buona, onesta, splendida, per tutti noi allievi, giornalisti, che abbiamo avuto la fortuna di imparare dai suoi insegnamenti”. Stefano Strano

“Giornalisti si nasce o si diventa?: è il titolo della mia tesi di Laurea Specialistica (in Editoria, Media e Giornalismo all’Università di Urbino) discussa con il prof. Gianni Rossetti. Senza di lui, professore, relatore di tesi, Direttore dell’IFG, giornalista dall’animo buono, il mio percorso non sarebbe stato lo stesso. Ciao Giannetto”. Noemi Bicchiarelli

“Il primo Direttore non si scorda mai. Gianni Rossetti (per noi tutti Giannetto), era un bravo cronista, un direttore paziente, appassionato e sincero e un uomo buono e simpatico. Doti non da poco tra quelle poche persone a cui nel nostro lavoro di giornalisti, per rispetto, bisogna dare del Lei. Non dimenticherò mai le settimane del Ducato Tv in cui si sedeva accanto a noi, indossava le cuffie e ci diceva cosa andava o non andava in un servizio. Mai un rimprovero sopra le righe, tanto ascolto, pazienza ed entusiasmo. Entusiasmo nel parlare della professione, quella professione che è stata tutta la sua vita e di cui desiderava tanto trasmettere i valori. Con un occhio nostalgico verso il passato che lo aveva visto protagonista e un altro sognante verso il futuro e le novità che ci attendevano. Ciao Direttore”. Mario Marcis

“Era il 2009 quando l’ho conosciuto per la prima volta. In un’aula del “Magistero” di Urbino seguivo il suo corso di Radio-Tv, uno degli ultimi esami della triennale in Comunicazione. Fra i più attesi per me che quel mondo lo sognavo sin da bambina, e lui – con la passione negli occhi e la fame mai sopita di raccontare – mi fece ricordare ancor di più il perché. Era sempre impeccabile, nell’aspetto e nelle parole, e la sua ironia mai fuori posto. Sapeva essere autorevole, eppure infondere tenerezza, tanto che tra noi colleghi di corso diventò subito affettuosamente “Giannetto”. Lo avrei ritrovato un po’ di mesi dopo alla scuola di giornalismo, come Direttore. Lui, professionista umile e generoso in un mondo dominato dalla presunzione in cui troppe volte non mi sono riconosciuta. E forse nemmeno lui, chissà. È stato uno dei primi a credere in me, a “leggermi tra le righe” e a insegnarmi ad
avere fiducia in quello che scrivevo, la parte migliore di me. Non lo dimenticherò mai. Ciao, Giannetto!” Rossella Nocca

“Mi ha sempre colpito per la sua positività, l’entusiasmo con cui ci insegnava a diventare bravi giornalisti e il rispetto dei princìpi etici della professione. Sempre disponibile a dare un consiglio o un incoraggiamento, aveva conservato un’umiltà e una capacità di ascoltare che prenderò sempre come esempio”. Cristina Belvedere

“Mi insegnavi televisione quando fare della televisione il mio mestiere (pardon, la mia professione) era l’ultimo dei miei pensieri. Riversare cassette e scalettare le immagini mi pareva un supplizio che toglieva troppo tempo alla mia voglia di esprimermi. Da allora sono cambiate tante cose, in me e negli strumenti con cui si fa tv, che mi hanno aiutato ad avvicinarmici. La vita sa essere così beffarda che, da ormai oltre tre anni, invece la faccio lì dove imparasti tu. Proprio poco tempo fa mi raccontasti a cena, ovviamente tra vino e cibo abbondanti, con quante difficoltà per chi arrivava senza paracadute dalla carta stampata. Io ho avuto il vantaggio degli insegnamenti tenuti per anni in un cassetto della memoria. Vorrei essere capace di conservare per tutta la vita professionale (e oltre) anche solo un briciolo dell’entusiasmo che avevi e trasmettevi. Buon ultimo viaggio”. Alfredo Ranavolo

“Gianni Rossetti è stato uno dei docenti del mio lontano biennio Ifg (1994-1996), ma per la sua instancabile curiosità e per la voglia di imparare sempre una cosa in più, l’ho considerato da subito un collega, che poi è diventato anche un caro amico, di quelli che pensavi che ci sarebbero stati per sempre. Gianni mi ha chiamato l’ultima volta (e mai avrei potuto pensare che sarebbe stata proprio l’ultima) pochi mesi fa, per tenere insieme un seminario sulla comunicazione a “Volontarja – La comunità che cura”, a Jesi. Lui a raccontare la tradizione, io l’innovazione, lui coi giri di nera e io con la disintermediazione, ognuno curioso e partecipe del vissuto e dell’esperienza dell’altro. E poi ci siamo salutati dopo una lunga chiacchierata: i racconti del suo olio, dei suoi ulivi, della sua famiglia, l’entusiasmo di sempre per tutto ciò che faceva, e di nuovo quella grande e sincera curiosità, quella voglia di saperne di più su ogni argomento, che non lo lasciava mai. Dopo aver saputo che Gianni non c’era più, la prima persona che ho chiamato è stata Lella Mazzoli, per condividere questa grande tristezza tornando idealmente là, all’Ifg, nel luogo dove ci siamo conosciuti. Spesso in questi giorni cupi dove la tristezza è un sottofondo costante e la morte sembra diventata la normalità, diciamo agli amici: quando tutto sarà finito ci ritroveremo spensierati di fronte a una pizza e a un bicchiere di birra. Gianni, te lo prometto, quando tutto sarà finito, ripenserò a te con la serenità che avevi tu, e a tutte le volte che insieme abbiamo condiviso, costruito, raccontato questo nostro mestiere, di cui tu, più di molti di noi, eri veramente innamorato”. Margherita Rinaldi

“Caro Gianni, ti ricorderò sempre non solo per avermi insegnato tanto insieme ai bravissimi docenti di Urbino, ma anche per la tua simpatia sempre garbata e il tuo sguardo di vera bontà d’animo”. Antonio Sciotto

“Giannetto era un uomo buono. Una persona gentile, umile e sempre disponibile, se avevi qualcosa da chiedergli il tempo lo trovava sempre. Amava parlare, raccontarti di sé e della sua vita, ma non diceva mai una parola fuori luogo. Non c’è stata una sola volta in cui l’ho sentito alzare la voce. Se doveva redarguirti o farti un appunto su un pezzo poco chiaro o un servizio montato male, lo faceva sempre con rispetto e garbo. Non mancano ricordi divertenti del mio biennio, come la prima volta che installò whatsapp sul suo smartphone e le notifiche rumorose che gli arrivavano di continuo (e che non sapeva disattivare) o quando ci propose di fare il lavoro di fine corso sul business dei cimiteri di cui si era accorto quando era venuta a mancare l’amata madre. Ora lo immagino lì, accanto a lei. Ciao Giannetto”. Ilenia Inguì

Grazie Gianni per tutto il tuo impegno che hai messo nella scuola. Grazie per essere sempre stato attento prima di tutto alle persone. Grazie per aver sempre dato lezioni di professione ma anche di umanità. Buon viaggio. Roberto Tallei

“Il mio, come quello di tanti, è un ricordo che parte da lontano, dai racconti mitici dei servizi che Gianni faceva per la Rai a noi studenti della scuola di giornalismo appena arrivati a Urbino.
Con Gianni era sempre un aneddoto, ne aveva mille da raccontare e non era facile fermarlo. Il gatto parlante, la fontana miracolosa…, lo scarparo delle drag queen… Per ogni argomento Gianni sapeva trovare una storia da raccontare, molte delle quali esilaranti, tra le tante che aveva vissuto percorrendo i vicoli e le strade dei mille paesi che compongono la nostra regione. Quelle Marche che tanto ha amato e che per anni ha raccontato nel tg itinerante insieme al mio ultimo caporedattore Maurizio Blasi. Quello di Gianni era davvero un giornalismo di strada. Chi lo conosce sa che uscire con lui voleva dire portare a casa sempre più di quanto ci si aspettasse. Era un lavoratore senza tregua. Nella sede Rai dove ho l’onore di lavorare ancora oggi c’è l’archivio Paesi fatto tutto da Rossetti. Un documento senza pari con immagini della bellezza del nostro territorio raccolte e catalogate in grandi Betacam ricoperti di nastro adesivo di carta per potervi scrivere sopra ogni dettaglio delle riprese contenute all’interno. Da San Benedetto a Urbino, dalla scomparsa Pescara del Tronto, spazzata via dal terremoto, alle città più grandi e popolose che negli anni hanno cambiato volto. Lui ha raccontato tutto e ne ha tenuto memoria. Già racconto e memoria, quali grandi doti per un giornalista. Ma il ricordo più recente e più vivo che ho è quello della sua ultima lezione all’Università di Urbino. Era Febbraio del 2019. Non alla scuola che anche io ho frequentato, ma proprio in facoltà. Lì dove per anni Gianni ha insegnato teoria e tecniche dei linguaggio Radio Televisivi agli studenti di Comunicazione. Una cattedra che ha lasciato e che con grande gioia ho ereditato dopo che mi ha chiesto di fare un colloquio con i responsabili della facoltà. Per me un grandissimo onore e tante soddisfazioni. Il mio primo giorno è stato il suo ultimo. Un passaggio del testimone accompagnato da consigli, premure, dispense scritte da lui che mi ha lasciato, solo dopo averle riviste e aggiornate. E quella sua ultima lezione… tutta a braccio, una sintesi di tecnica, teoria e aneddoti. I ragazzi, e io tra loro, ad ascoltarlo. Sempre franco e aperto e pieno di pragmatica passione.  Grazie davvero di tutto Giannetto”. Lorenzo Luzi

“Gianni Rossetti in un’immagine: seduto alla sua scrivania, al telefono, lui, l’infaticabile tessitore che conosceva tutti e a chiunque protendeva la sua mano.
Andando a bussare alla sua porta per un parere, non si usciva mai a mani vuote, era sempre pronto a dare un consiglio utilissimo, sempre pronto lasciarti una traccia della sua esperienza, della sua grande conoscenza del mondo. Lui era un uomo pragmatico e ci mancherà moltissimo”. Doriana Leonardo

“E chi se la dimentica la prima lezione di giornalismo tv, il pezzo sulla corsa dei carretti! Partire dalle piccole cose, che poi sono le più difficili. Grazie Giannetto, per aver trasmesso passione e insegnato la praticità”. Enzo Miglino

“Del direttore Rossetti porterò con me il ricordo la sua simpatica e genuina umanità con cui si poneva di fronte a ogni discorso, dibattito, richiesta di aiuto o correzione di un articolo. Indimenticabile poi la sua capacità di raccontare aneddoti della sua vita professionale e da dirigente sportivo che catturava davvero chi lo ascoltava”.
Che la terra ti sia lieve direttore” Lorenzo Cipolla

“L’impressione, da subito, andava oltre il suo essere un giornalista di razza, l’impressione che ti colpiva aveva il taglio dell’umanità. Gianni, affettuosamente Giannetto, aveva il ruolo del buono, del prof comprensivo e paziente tra i maestri di giornalismo dell’Ifg; stava alla ruvida intensità di Mantovani e al guizzo imprevedibile di Rizza come un inno alla costanza e alla dolcezza. Il suo discorso era sempre rivolto all’allievo, la sua generosità nel mettersi a disposizione di chi, noi tutti, ne sapeva poco o nulla di giornalismo, era luminosa. Era davvero ‘nostro’, ci regalava quello che un giornalista deve mostrare: il saper raccontare da vicino, da dentro, addirittura, ciò che accade e di lasciar perdere subito ogni tentazione di giudizio superfluo e non richiesto. Grazie, Gianni Rossetti, un po’ di ciò che sono oggi è sicuramente grazie a te”. Maria Paola Raiola

“Gianni era una persona appassionata. Teneva ai suoi studenti e alla scuola. Ricordo sempre, in particolare, quando ci accompagnò personalmente ad uno dei colloqui per gli stage. Ci teneva, perché era interessato anche al dopo: alla fase del lavoro successiva all’Ifg. Se avevi un dubbio su qualche aspetto del nostro mestiere, sul percorso di studio o su qualsiasi altra cosa, bastava chiamarlo o scrivergli e, subito, si attivava per risolverlo. Ciao Direttore”. Mauro Torresi

“Straordinaria vicinanza a tutti noi studenti. E grande umanità, assieme a una schiettezza semplice nei modi che consentiva a tutti noi di considerarlo non solo una figura accademica, ma soprattutto una persona con cui poter parlare e confrontarsi liberamente, oltre che un collega di grande esperienza, da cui imparare molto. Grazie Prof per questa sua umanità, per i consigli, per le indicazioni che non ha mai smesso di darci anche dopo la fine del percorso a Scuola, mostrandosi sempre vicino a noi e interessato ai nostri percorsi. Grazie davvero. Sarà sempre nei nostri pensieri”. Silvia Baldini

I colleghi: “Appassionato, serio e rigoroso”

E anche chi ha conosciuto Gianni Rossetti dall’altra parte della ‘cattedra’, quella dei docenti dell’Ifg, ha voluto dare un ultimo saluto a uno stimato collega, che insieme a loro ha formato generazioni di giornalisti, che continueranno a uscire dalla scuola che lui stesso ha fondato ormai 30 anni fa.

“Ho solo bei ricordi dei miei 9 anni di collaborazione con la scuola di giornalismo di Urbino, e quando per altri impegni ho dovuto mollare, ho lasciato lì un pezzo di cuore. Con Gianni ho sempre lavorato bene e lui si è sempre dimostrato una persona garbata e capace. Indimenticabili sono i suoi aneddoti sulle filiere agroalimentari marchigiane, che amava condividere quando ci si riuniva tutti insieme a pranzo da Franco. Momenti di convivialità unici e irripetibili. Con te se ne va una persona seria. Ciao Giannetto” Francesco Paris

“Ciao Gianni. Te ne sei andato così, in un soffio. Sottovoce come facevi sempre tu. Consigliando, suggerendo, convincendo, mai imponendo. Quando, dalla vecchia scuola, arrivavamo su in piazza per sederci intorno al tavolo del buon Franco era come passeggiare in un’isola tutta per noi: si rideva, si scherzava, ci si prendeva in giro, si ascoltavano le tue storie. Poi tutti di nuovo sulla Panda per tornare a immergersi in quell’atmosfera particolare dell’Ifg. Un’aria che sapeva e sa di scuola, di università, di redazione. Era la tua aria, la respiravi a pieni polmoni e noi cercavamo di imitarti. Era un’aria seria e leggera, amichevole e professionale, dolce e severa. Grazie Gianni”. Pier Vittorio Buffa

“Sono rimasto molto colpito dalla scomparsa di Gianni Rossetti, in questo periodo molto speciale. Durante le giornate dedicate alla selezione dei nuovi allievi per il biennio passavamo molte ore insieme e, specie durante le pause pranzo o caffè, mi piaceva stimolarlo perché raccontasse qualche aneddoto sulla realtà marchigiana. Conosceva molto bene il mondo dell’informazione e della politica, e quando iniziava a parlare metteva in fila gli elementi come se costruisse una notizia, disponendo la trama narrativa verso la chiusura del pezzo. Aveva qualcosa di antico ma sapeva comunicare anche coi giovani studenti della triennale. Era un marchigiano autentico, non se la tirava, modesto, diffidente il giusto verso ogni moda o affettazione culturale. Ciao, Gianni”. Carlo Magnani

“La scuola di giornalismo, le Marche, l’azienda agricola, il festival di giornalismo a Osimo. Negli ultimi anni Gianni Rossetti seguiva questi percorsi dopo essere stato un pilastro della Rai ad Ancona. Ogni tappa era quella decisiva, quella che richiedeva il massimo impegno. Trasferire l’esperienza di una vita agli aspiranti giornalisti, scoprire l’angolo più nascosto di una regione che per lui non aveva segreti, organizzare con i ragazzi di Osimo il festival che aveva fatto decollare. E poi l’azienda agricola che era riuscito a trasformare fino a farla diventare un gioiello di tecnologia bucolica (un ossimoro che gli sarebbe piaciuto). Gianni Rossetti andava fino in fondo in tutto quello che faceva. Un uomo appassionato, un giornalista attento e rigoroso. L’ho conosciuto 20 anni fa quando Silvano Rizza mi chiamò all’Ifg. Biennio dopo biennio, abbiamo formato, insieme agli altri docenti, centinaia di giornalisti. Biennio dopo biennio abbiamo cercato di essere sempre competitivi, di mantenere la scuola a livelli d’eccellenza. Vent’anni di fila. Gianni Rossetti è stato un collega poi un amico e poi uno di casa. Nei maledetti giorni del virus la notizia della sua morte arriva a rendere ancora più complicata questa quarantena. C’è molto tempo per pensare e questo non aiuta. Un bacio alla famiglia di Gianni”. Filippo Nanni

“Un amico, un collega, quasi un fratello. Un Gentiluomo del Giornalismo.  Una bella Persona. Doti che raramente ormai  si incontrano nella nostra professione  riunite nella stessa persona . Un Giornalista che ha fatto dell’Etica la sua lezione quotidiana. Della generosità  il suo modo di insegnare.  Sia ai giovani giornalisti degli Ifg sia ai ragazzi dell’Università  di Urbino. Sia nei Tg itineranti nelle Marche. Sempre attento e rispettoso del parere altrui.  Sempre pronto a spiegare senza alzare mai la voce. Maestro , di natura. E tante  firme  del  Giornalismo  vecchie  e nuove  in giro per l’Italia e  nel mondo ne  sono testimonianza quotidiana. Dal 1992 ad oggi per me è  stato una grande ricchezza lavorare con Lui. Ci mancherà  il suo sorriso”. Grazia Trabalza

“Sono probabilmente l’ultimo arrivato tra i docenti dell’Ifg, poco più di un anno. Dunque conosco la lunga e bella storia che ha visto Gianni protagonista ma non l’ho vissuta. Eppure un incontro casuale di qualche mese fa, un pranzo in occasione di una sua visita alla scuola, mi torna in mente. Vedevo Gianni per la prima volta ma abbiamo chiacchierato di tutto, dal suo impegno nella gestione di una azienda agricola alle opinioni sul nostro lavoro, al modo in cui lo abbiamo visto cambiare. E mi ha colpito una sua considerazione, ripetuta: i cambiamenti certo non intaccavano l’esperienza e il grande bagaglio di uno con la sua storia, ma lo rendevano consapevole di dover avere dubbi sui consigli pratici da fornire ai giovani colleghi. Ho pensato, mentre parlavamo, che un professionista noto che non ha timore di considerazioni come queste è davvero di grande spessore. Il mio piccolo ricordo finisce qui, insieme alla enorme simpatia che aleggiava intorno a quel tavolo”. Angelo Melone

“Gianni aveva una caratteristica: somigliava moltissimo a mio papà, fisicamente, nella gestualità delle mani, nello sguardo. Per questo la prima volta che sono stato a pranzo con lui, perché di Gianni io vorrei ricordare i pranzi insieme nella tavola calda nel centro di Urbino, lo lasciavo parlare perché lo osservavo (lo ascoltavo di meno a dire la verità) e mi ricordavo mio padre, che non c’era più già da un decennio. Gianni parlava di giornalismo, della scuola, dei ragazzi dell’IFG che chiamava per nome e ne conosceva vita e scrittura, pregi e difetti. Ma quando parlava dei suoi ulivi, diventava un altro. Il volto si illuminava , gli occhi in sù, passava dal leccino al monovarietale, dal biologico al biodinamico, facendo roteare la forchetta. Intanto aveva ordinato il piatto migliore della casa, una verdura di accompagno e (solo se in compagnia) un calice di vino. E parlava parlava… cavolo se parlava, come si dice a Roma era l’unico che riusciva “ad attaccare la pippa” più di me! Poi riprendevamo il Pandino della scuola e scendendo per i vicoli di Urbino continuava a parlare. Non serviva accendere la radio, Gianni poteva battere qualsiasi speaker di emittente. Sopratutto se si parlava di olio. Ultimamente, alla soglia dei 50 anni, metà della vita passata in diretta, penso che sia arrivato il momento di continuare a lavorare, perché amo il mio lavoro, ma di prendermi una piccola vigna, un ettaro, massimo due, e coltivare un sogno. E mentre lo realizzerò penserò a Gianni, alla sua passione, al suo olio”. Gianluca Semprini

“Caro Gianni, la tua nomina a Direttore della Scuola di Giornalismo di Urbino, di cui sei stato uno dei fondatori, ha coinciso con l’inizio della mia avventura come docente. Posso dire che ci hai messo l’anima, caro Gianni, il rigore e la passione. Tanti giovani giornalisti che hai contribuito a formare, sono oggi firme di prestigiosi giornali e tv. Mi mancheranno i nostri confronti sulla scuola, sui mezzi, sui ragazzi, sull’Ordine,sul sindacato. Non sempre eravamo d’accordo, ma era proprio il confronto di idee a rendere interessanti le nostre chiacchierate. Mi mancherà tutto dei momenti vissuti insieme, dalla condivisione delle preoccupazioni per i problemi di salute per qualcuno dei nostri ragazzi, allo sforzo di andare incontro a esigenze impreviste. Ma anche i nostri pranzi dal mitico Franco. Ricordi che belle e allegre tavolate con Filippo, Francesco, Davide, Matteo, Federico…a volte anche Lella e Paola. I piatti di Franco arricchiti col tuo olio, quello buono. E si finiva sempre a parlare della Scuola, dei servizi da fare, del Ducato… Ma quello che mi manca di più, in questo momento terribile per il Paese -a proposito, sono sicura che sarai stato orgoglioso di vedere come i nostri ragazzi hanno affrontato con rigore, professionalità e impegno questa emergenza- e’ non poterti salutare con tutti gli amici. Lo facciamo così, ognuno  coi propri ricordi, il proprio dolore. Nella speranza di poterti presto ricordare tutti insieme, in un grande, affettuoso, ideale abbraccio. Ciao Gianni, fai buon viaggio”. Rita Mattei