Il virtuale è realtà, così cambieranno i musei con la tecnologia

di OLGA BIBUS

FANO – Toccare con mano Amore e Psiche di Canova, guardare da vicino la Gioconda. Qui in Italia, magari dietro casa. Sembra impossibile, eppure è una realtà realizzabile, anzi per certi aspetti già esistente. Ci sono delle esposizioni, infatti, in cui le opere d’arte non sono reali. I musei virtuali nascono dall’incontro, tutt’altro che azzardato, tra le robotica e patrimonio culturale. Come questa “strana coppia” possa andare a braccetto lo ha spiegato Massimo Bergamasco al festival di giornalismo culturale.

Bergamasco è un professore di meccanica alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Da diversi anni ha avuto modo di studiare nuovi metodi per applicare le tecnologie in ambito artistico. Ne sono nati progetti interessanti che hanno ridato vita a siti archeologici distrutti oppure opere d’arte rovinate.

“Una delle prime volte in cui abbiamo applicato queste tecniche di realtà virtuale – racconta Bergamasco – è stata la ricostruzione del Camposanto monumentale di Pisa. Abbiamo creato un ambiente in grado di coinvolgere il visitatore. In più abbiamo avuto modo di ricostruire opere che altrimenti nessuno avrebbe potuto vedere perché il tempo le ha rovinate”.

Bergamasco ha spiegato anche che è possibile creare un contatto con le opere d’arte esposte in un museo virtuale perché ci sono delle tecnologie capaci di suscitare delle reali sensazioni tattili nel visitatore. Così un giorno, tra qualche anno, non tra secoli, sarà possibile accarezzare le forme dei capolavori di Canova, Michelangelo o Bernini, oppure osservare da vicino un Giudizio Universale, e non più di sfuggita, sommersi da altra gente, con il naso all’insù e a una distanza di decine di metri.

I musei virtuali esistono già ora. Si tratta non di fantascienza, ma di una realtà tutta da sviluppare. Il professore ha fatto l’esempio di quella volta che hanno portato il grande Leonardo nei musei Capitolini di Roma. Realizzando una mostra non dei suoi quadri, ma delle proiezioni. Un altro esempio è la ricostruzione grafica della Divina Commedia di Dante.

Tutto questo ha notevoli conseguenze non solo in ambito museale, ma anche in ambito accademico perché può rendere più coinvolgente e divertente per i ragazzi e i bambini lo studio di opere antiche.

“Sono tantissime in verità le metodologie virtuali da sfruttare nei musei” dice Bergamasco. E nella società c’è un interesse sempre maggiore per la robotica. Alla mostra del Cinema di Venezia per esempio un’intera sezione è stata dedicata alla realtà virtuale in cui sono stati presentati 18 progetti.

Bergamasco è convinto che ci siano gli strumenti per portare avanti il concetto di valore degli ambienti virtuali. Basta volerlo. Investire in questo senso è importante perché “anche un piccolo segno con la matita può cambiare il mondo”, conclude il professore.