DI ANTONELLA M. A. MAUTONE
URBINO- Una scelta che ha ridato di nuovo speranza a quattro persone. Il 14 dicembre una donna di circa 63 anni, V. L. di Montecalvo in Foglia è morta all’ospedale di Urbino in seguito a un’emorragia cerebrale. La famiglia ha deciso di donare i suoi organi. Fegato, reni e cornee sono stati trapiantati consentendo ad altre persone di sconfiggere patologie molto gravi. Quello di V.L. è stato il quinto espianto multiorgano del 2017. Un dato in aumento rispetto al 2016, quando le donazioni sono state soltanto due.
Al Santa Maria della Misericordia le donazioni multiorgano sono possibili solo dal 2001, da quando ha aperto il reparto di rianimazione. Da allora sono state eseguite 40 donazioni di questo tipo.
L’Aido (Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule) di Pesaro Urbino ha fornito a Il Ducato i dati 2017 del Centro trapianti regionale. Al 20 dicembre 2017 i morti accertati e considerati idonei sono stati 89, di questi, 54 sono diventati donatori e 23 le opposizioni ai trapianti. In provincia, a Pesaro le donazioni sono state otto, a Fano quattro e a Urbino cinque. Le opposizioni sono state poche: due a Fano e Pesaro, una ad Urbino.
Nel nostro Paese per la manifestazione della volontà di donare vige il principio del consenso o del dissenso esplicito, un cittadino può dunque decidere di essere registrato come donatore oppure esplicitamente negare l’espianto dei propri organi. Alla Asl della città ducale su 18 dichiarazioni di volontà si contano 15 consensi e tre dinieghi. Mentre al Comune sono state registrati 435 consensi e 97 rifiuti per la donazione.
“I dati forniti mostrano come la provincia di Pesaro e Urbino sia la più virtuosa per numero di donazioni di organi” sottolinea il dottor Paolo Brancaleoni, primario del reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva, secondo cui non si può parlare solo di fattori culturali. “Nel processo di donazione è molto importante che si instauri un rapporto di fiducia tra medici infermieri e parenti. In quel caso aumenta la possibilità che i famigliari siano favorevoli al trapianto. Un altro fattore fondamentale è che ci sia un’ equipe che lavori bene, perché il trapianto è di per sé è un processo multifasico e multidisciplinare: tutta la squadra deve saper coordinarsi e lavorare nell’ambiente giusto, nello specifico in un’azienda ospedaliera che funzioni. Cosa che qui ad Urbino accade”.
Conta anche la giusta informazione che si ha dell’argomento.“C’è sicuramente maggiore sensibilità rispetto al tema” ne è convinta Antonia Gennaretti, fino a pochi anni fa responsabile di Urbino del centro Aido che nella città ducale conta 400 iscritti. “Ultimamente in televisione vedo che c’è una grande opera di sensibilizzazione nell’opinione pubblica. È un argomento che ormai non fa più paura. Noi nel nostro piccolo parliamo di questo grande gesto di generosità”.
Un’attività che l’Aido porta avanti a livello locale con diverse iniziative: “Ogni anno celebriamo una messa all’ospedale di Urbino per ricordare i donatori, una cerimonia a cui assistono i loro parenti, ma non ci limitiamo solo a quello. Durante la Straducale assegniamo un premio intitolato a Raniero Giannotti, un ciclista morto nel 2012 i cui parenti hanno deciso donare gli organi. Ogni anno durante la festa di San Crescentino organizziamo una gara podistica il cui ricavato è devoluto all’associazione Francesca che si occupa di ragazzi con disabilità”.
Antonia racconta il momento in cui di ha deciso di fondare la sezione Aido di Urbino: “Era il 1981 e ho conosciuto una signora molto giovane, quando è morta non aveva ancora trent’anni. La scelta dei suoi parenti di donare gli organi ha aperto una nuova strada per noi che all’epoca non sapevamo neanche di cosa si trattasse”. Ha un bellissimo ricordo degli anni passati a cercare di informare le persone sull’importanza di questo gesto: “Ho sempre creduto in quello che ho fatto” racconta emozionata “anche ora che sono io quella che ha bisogno di aiuto quando mi reco in ospedale sento di ricevere un’accoglienza speciale perché tutti mi conoscono per quello per cui ho combattuto”.
Mentre Antonia racconta la sua storia non nasconde però le difficoltà: in primis la mancanza di fondi. Un problema confermato dell’attuale presidente della sezione di Urbino, Giovanni Zanni: “Andiamo avanti ‘alla giornata’ grazie alle donazioni in denaro che riceviamo ogni volta che qualcuno viene a tesserarsi”. C’è anche un problema di ricambio generazionale: “A volte ci aiutano gli studenti però presto se ne vanno. Manca qualcuno che si appassioni alla nostra causa e che un giorno ci sostituisca nelle posizioni di rilievo”.
“Ho un progetto: la riqualificazione di un giardino che si trova a fianco all’ingresso dell’ospedale – conclude Zanni – non tutti sanno che lì una volta veniva piantata una rosa ogni volta che veniva fatta una donazione. Oggi il giardino non viene più curato e il numero di rose non corrisponde al numero dei trapianti che, per fortuna, ora sono molti di più. All’interno del giardino vorrei collocare una statua che faccia capire il senso della donazione di organi, che è una questione di generosità e di altruismo”.