Slot machine, a Urbino 7 milioni giocati in un anno. I gestori: “Controsenso chiederci di fare prevenzione”

Slot machines in un bar di Urbino
di STEFANO GALEOTTI

URBINO – Si inizia con il resto del caffè. E non c’è bisogno di nessuno sforzo, se non quello di muovere il braccio per inserire la moneta. È l’inferno delle slot machine: gli urbinati nel 2016 hanno affidato a queste ‘macchine della sfortuna’ 6 milioni e 900 mila euro (+3,3% rispetto al 2015), una media di 464 euro a testa. A Fermignano le giocate sono aumentate del 23% (5 milioni e 500 mila euro il totale), una spesa pro capite di 646 euro.  

Un gioco così semplice che a volte si trasforma in malattia. Per curarla a Urbino c’è un servizio ad hoc e da quest’anno la regione ha deciso di coinvolgere anche gli esercenti nella prevenzione. Con un’inevitabile levata di scudi: “Lo Stato guadagna sul gioco d’azzardo e ci bombarda con la pubblicità e poi chiede a noi di risolvere il problema?”. È questo il pensiero di chi, dietro al bancone, ha scoperto che dovrà seguire un corso di formazione a pagamento.

L’inchiesta del gruppo Espresso: Scopri quanto si gioca nel tuo comune 

Un inizio sempre fortunato

“Quello che accomuna tutti i giocatori patologici è una grossa vincita iniziale del tutto inaspettata: senza aver capito niente si ritrovano con tanti soldi tra le mani giocando pochi euro”. A raccontarcelo è Roberto Sailis, psicologo di riferimento del Sert di Urbino, il servizio per le tossicodipendenze che dal 2012 si occupa anche di gioco d’azzardo. Al momento la struttura ha in cura 17 persone: “La fascia più colpita è quella tra i 30 e i 45 anni, con una netta prevalenza di uomini (solo una donna è in cura, ndr)”.

I gratta e vinci e le slot le due cause principali di dipendenza:Sono tipologie di gioco considerate hard perché particolarmente semplici e veloci, stupide se vogliamo: non c’è niente da imparare, l’unico requisito richiesto è inserire la moneta o grattare una scheda. Anche i tempi sono immediati: passano pochi secondi tra la puntata e l’esito”. Quasi tutti i giocatori arrivano al Sert dopo un passaparola informale e seguono un percorso che dura in media 8 mesi. Ma prima della cura ci sono ore e ore passate davanti agli schermi luminosi; una dipendenza che crea situazioni limite, come ci racconta chi assiste a queste scene ogni giorno.

Perdere la testa

“A volte si arrabbiano anche tra di loro: chi perde da tutto il giorno e vede la persona accanto vincere se la prende con il vicino”, dice Barbara Poggi dal bar Lamonaca, in piazza della Repubblica. C’è anche chi vorrebbe liberarsene, come Carmen Monteiro, titolare del Caffè degli Archi: “Io non mi ci avvicino neanche a quegli affari. Abbiamo fatto richiesta per toglierli, ma finché abbiamo un punto scommesse sportivo non possiamo. E se le spegniamo rischiamo che ci facciano delle storie: la mente dei giocatori è strana, potrebbero pensare che l’abbiamo fatto perché qualcuno ha vinto tanto”. Anche il rapporto di amicizia con il cliente passa in secondo piano: “Gente che conosci da una vita ti fa una scenata perché la macchinetta si è bloccata o ha perso tanti soldi”, racconta Luigi Vecchietti del bar Victoria. “Poi il giorno dopo tornano e si scusano, ma in quel momento il giocatore non è in sé”.

La storia: L’incubo slot di un ludopatico: “Non riesco a smettere”

Chi deve prevenire

A Urbino ci sono 77 slot machine e in ciascuna, ogni giorno, finiscono 250 euro, 90.000 all’anno. Chi guadagna con questi apparecchi dal prossimo anno sarà coinvolto direttamente nel trattamento del gioco d’azzardo patologico. Con la legge del 7 febbraio 2017, il Consiglio regionale delle Marche ha stabilito un percorso di formazione obbligatorio per i titolari e i dipendenti degli esercizi commerciali che hanno le slot. “Partiremo tutti a gennaio con i corsi, anche se la categoria non è contenta di fare questo tipo di formazione” dice Gabriele Storini, direttore della sede provinciale della Form.Art, che organizza i corsi per conto della Cna. “Scaricare la prevenzione di un fenomeno così pesante sugli esercenti mi sembra paradossale. Voglio sperare che questo non sia l’obiettivo della normativa; non è con 12 ore di formazione che risolviamo il problema”.

Le reazioni degli interessati confermano le parole di Storini: “Mi sembra un controsenso questo programma: se uno ha le macchinette lo fa per guadagnarci, perché dovrebbe prevenire?”, si chiede la Poggi. “Quando uno beve troppo io dopo un po’ smetto di dargli da bere, ma sulle slot non posso fare nulla oltre a rispettare il limite di età. È una scelta personale sulla quale non possiamo agire”. Anche Vecchietti è più che perplesso: “Mi sembra un corso organizzato per far guadagnare qualcuno. Cosa ci vogliono insegnare? A dire a che scommettere non va bene, quando ogni giorno siamo bombardati da pubblicità che invitano al gioco?”.

La dipendenza non conviene a nessuno

Il corso di formazione è obbligatorio ma non gratuito. Costerà 120 euro a testa e sarà diviso in 4 moduli, per un totale di 12 ore. Ci sarà un incontro dedicato all’inquadramento giuridico, uno con uno psichiatra sulla patologia della dipendenza da gioco, un altro tenuto da un’assistente sociale per conoscere le strutture alle quali rivolgersi sul territorio. Sei ore saranno dedicate al rapporto da tenere con clienti problematici.

“Gli esercenti non devono prevenire, ma possono segnalare casi patologici, dare indicazioni ai clienti e sollecitarli a rivolgersi a noi” spiega Sailis. “I proprietari devono capire che non siamo i loro nemici ma i loro alleati, anche da un punto di vista economico: un giocatore patologico si rovina e finisce senza soldi, loro dovrebbero preferire chi gioca senza esagerare”.

Ma come si traccia il limite tra lo svago e la dipendenza? La risposta ce la fornisce Sailis: “Bisogna mantenere impegni e relazioni sociali: quando vengono a mancare questi elementi si corre il rischio della patologia. Molti scommettono ma non diventano dipendenti, come chi si beve un bicchiere di vino a pasto non è per forza un alcolista. Diventa un problema quando si perdono i normali ritmi quotidiani e si vive per giocare”.