Sacchetti a pagamento, Urbino divisa. “Un bene per l’ambiente”, “Difficile riutilizzarli”

Una ragazza usa la bioshopper al reparto ortofrutta del supermercato
di LORENZO CIPOLLA

URBINO – A una settimana dall’emanazione della legge sui sacchetti biodegradabili e compostabili, diventati obbligatori e a pagamento, Urbino è ancora divisa. Intanto il prezzo delle bioshopper si è assestato su una cifra uguale in tutta la città: si pagano due centesimi di euro in tutti i centri della distribuzione organizzata di Urbino che vendono frutta e verdura sfuse, ovvero la Coop a Park Santa Lucia, la Conad City in via Salvemini e la Conad Superstore in località Sasso, l’Economy al Consorzio e l’A&O,  sia in località Mazzaferro sia lo Svelto a Gadana. La legge è rivolta anche alle farmacie, dove il costo dei sacchetti varia in base alla grandezza della busta e la vendita è a discrezionalità del cliente: chi acquista il farmaco può richiedere il sacchetto oppure farsi impacchettare il prodotto con la carta. Le farmacie Vanni, Ricciarelli e quella comunale li fanno pagare un centesimo, “un prezzo simbolico”, la farmacia Lamedica in piazza della Repubblica, invece, li vende a 2, 5 e 10 centesimi, in base alle dimensioni. Anche la farmacia Maroccini in via Luciano Laurana differenzia il prezzo per dimensioni: 2 centesimi la bustina, 5 quella grande con i manici.

Tra i cittadini serpeggia un certo malcontento per la legge che introduce la sostituzione dei sacchetti ultraleggeri per la frutta e la verdura sfusa nei supermercati con le shopper biodegradabili e compostabili monouso, ma c’è chi anche si adatta e chi è favorevole a pagare per il bene dell’ambiente. Nei giorni scorsi, tra l’altro, è scoppiata una polemica sull’eventuale possibilità di riutilizzare questi sacchetti, ma il ministero della Salute ha affermato che ciò non è possibile per evitare eventuali contaminazioni.

“Le persone anziane sono quelle che si sono arrabbiate di più – spiega Alvino Canavacci, responsabile del punto vendita Conad City in via Salvemini – per i costi aggiuntivi e perché non possono riutilizzare il sacchetto o usare la propria borsa per la spesa. Ma per il Urbino il grosso del commercio è rappresentato dagli studenti e i giovani si adattano meglio, anche perché sono più sensibili ai temi ambientali”.

Le parole di una studentessa intenta a comprare della verdura sembrano dar ragione a Canavacci: “È scoppiata una polemica inutile. Ci si lamenta del costo e per protesta li si fotografano con telefoni molto costosi”. C’è chi non si scandalizza per i 2 centesimi, ma ha altri motivi per arrabbiarsi: “Non si possono riutilizzare e si è parlato tanto di questo rispetto ad altri costi che aumentano”, afferma una signora.

I dipendenti dei supermercati di Urbino raccontano che negli ultimi giorni ci sono state molte proteste. E ancora adesso, a una settimana dall’entata in vigore della norma, girando tra i banchi dell’ortofrutta le opinioni sui sacchetti a pagamento sono divergenti. “Il costo è irrisorio e sono contenta che siano degradabili”, dice una signora alla Coop di Santa Lucia. Dello stesso parere anche una studentessa: “Sono a favore di questa norma però il vero spreco sono gli imballaggi preconfezionati”. Ma c’è anche un’altra ragazza a cui “non piace l’idea che tutto debba essere fatto per guadagnare. Le misure per l’ambiente dovrebbero essere gratuite”.

Il motivo principale del malcontento degli urbinati è legato alla percezione che sia un ulteriore ‘balzello’: “Si tratta di un provvedimento assurdo che riversa sul consumatore quello che prima veniva assorbito nei costi di gestione”, dichiara Amerigo Varotti, direttore di Confcommercio di Pesaro e Urbino.

“Oggi solo tre clienti su una cinquantina hanno preso il sacchetto, che noi mettiamo a 1 centesimo”, spiegano alla farmacia Ricciarelli, “prima lo prendevano tutti e lo riutilizzavano”. I bioshopper subiscono la stessa sorte anche alla farmacia comunale : “Non li prendono per principio”, spiega la responsabile Elisabetta Pretelli. Secondo lei ci sono anche altri motivi legati alla ‘diffidenza’ nei confronti dei sacchetti: “Qui non si tratta di frutta e verdura ma di medicinali, che è un po’ più delicato – prosegue – per cui le persone si sentono più in imbarazzo a chiedere il sacchetto per metterci il farmaco che non viene incartato”. Anche nella sua farmacia, come al Conad City in via Salvemini, sono state le persone anziane a manifestare il malcontento: “Una volta mi hanno fermato per strada per lamentarsi dei sacchetti a pagamento”, racconta Pretelli.  Per le farmacie non c’è l’obbligo di fornire il bio-sacchetto e il prezzo della bustina è variabile. Anche Elena Cossi, proprietaria della farmacia Vanni in via Gramsci, non condivide la norma né le modalità con cui è avvenuta la comunicazione della sua entrata in vigore: “Trovo iniquo far pagare un sacchetto pressoché inutilizzabile. Inoltre abbiamo saputo della norma due giorni prima del primo gennaio”. Ma per la farmacista il malcontento passerà entro breve: “Sbollirà, la gente alla fine si adatta”. Qualche problema di adattamento si è verificato anche tra i clienti della farmacia Lamedica. “Qualche giorno fa – racconta il proprietario, Antonio Lamedica – un cliente è uscito portando tutto a mano per non prendere il sacchetto”.