URBINO, 17 GEN. – Era stata convinta nel 2014, da un amico, a diventare amministratrice di una ditta di Piobbico specializzata in lavorazioni edili. Ma quello che L. A. non si aspettava, era che accettando l’incarico sarebbe diventata un prestanome, probabilmente per nascondere delle irregolarità finanziarie. Una buona fede, quella dell’imputata, che è stata riconosciuta anche dai giudici, che l’hanno assolta dal reato di bancarotta fraudolenta.
La società, infatti, navigava in cattive acque già da tempo, tanto che i controlli effettuati dalla Guardia di Finanza hanno portato alla luce una contabilità talmente irregolare che non è stato possibile ricostruirne il patrimonio.
L.A. è stata scelta proprio per questo e, come lei stessa ha ammesso durante l’udienza conclusiva, ha accettato l’incarico al buio, senza farsi domande su doveri e responsabilità che le competevano e soprattutto senza conoscere la reale situazione economica della società.
Nei quattro mesi in cui ha svolto il ruolo di amministratrice, la donna non ha ricevuto alcuna documentazione né ha visitato la sede della ditta, come ha confermato uno dei testimoni sentiti dalla Pm Irene Lilliu.
“Come è possibile – ha chiesto quest’ultima all’imputata – che abbia accettato un incarico alla cieca?”. “Mi fidavo del mio amico, e non avrei mai pensato che lui potesse crearmi problemi. Non mi ha dato soldi né io ne ho dati a lui. Ancora oggi mi chiedo come sia possibile quello che è successo”. (p. b.)