di Lucia Gabani e Martina Nasso
URBINO – Trecentonovantanove giorni. Più di un anno. Tanto bisogna aspettare per sottoporsi a un’analisi delicata e importante, di quelle che possono salvare una vita: la risonanza magnetica al cervello.
È da questo primo dato, frutto di una telefonata al Centro di prenotazioni unico regionale, il Cup, che parte questa inchiesta. Un viaggio virtuale nella sanità di Urbino per capire quanto tempo ci vuole per curarsi e per prevenire. Un viaggio che riserva molte sorprese e una conclusione amara: se si vuole sapere subito se si è malati o no, meglio andare altrove o pagare.
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“C’è posto nel 2018”. All’800 098 798, il numero verde del Cup, rispondono subito. Una voce registrata e una musica jazz tiene in linea per almeno venti minuti. Solo allora si riesce a parlare con un operatore. Così si scopre che a Urbino, per una visita ginecologica, si devono aspettare più di settecentocinquanta giorni. Sono così tanti che è troppo presto per prenotare il controllo, perché, spiega l’operatore, non c’è ancora un calendario disponibile. È meglio spostarsi e andare in un ospedale vicino: a Pesaro, a 40 chilometri, c’è posto, ma bisogna avere pazienza e attendere novantuno giorni. Con 45 chilometri si arriva a Fano, dove finalmente si ottiene la visita in una settimana. Liste d’attesa più corte? No, ma qualcuno ha disdetto l’appuntamento, quindi è meglio affrettarsi perché il posto lasciato libero potrebbe prenotarlo qualcun altro.
“Serve l’urgenza”. Per superare l’ostacolo delle lunghe liste d’attesa, è meglio chiedere al medico di base una ricetta urgente per fare l’esame. Un escamotage, ma anche un consiglio. È un operatore del Cup a indicarlo come il modo più efficace per fare una colonscopia in tempi brevi. A Urbino, senza priorità, sono quattrocentoventisette i giorni che trascorrono tra la chiamata e l’appuntamento. In questo caso, anche spostandosi, non si ottiene nulla: negli altri due ospedali principali della provincia si aspettano più di settecentocinquanta giorni. Un tempo inaccettabile per un esame che rappresenta uno strumento fondamentale per prevenire gravi malattie, come il tumore al colon.
“Le passo il privato”. In alcuni casi anche un giorno in più di attesa può fare la differenza. Quando si deve fare una visita delicata si perde la serenità e la paura cresce. e se si parla di cervello e cuore, per esempio, il tempo non sembra passare mai. All’ospedale della città ducale si attendono trecentonovanta giorni per una visita cardiologica. Una data che non si può nemmeno segnare nel calendario appeso in cucina. Allora si cerca di prendere appuntamento in un ospedale vicino, ma anche in questo caso si ricevono risposte sconcertanti. Trecentosessanta giorni per Pesaro, trenta in meno per Fano. Se la preoccupazione per i risultati della visita è tanta, però, si vuole fare in fretta. Capita che siano gli stessi operatori del Cup a consigliare di prendere un’altra via, quella della visita privata. Se si decide di seguire il loro consiglio, si attende in linea e dopo un minuto al massimo risponde un altro call center che prenota i controlli in pochi giorni. A farli sono gli stessi medici del servizio sanitario nazionale che fanno anche attività da privati dentro gli ambulatori degli ospedali.
“Quanto costa?”. Una settimana e 120 euro sono la soluzione per un controllo approfondito al cuore. Una cifra pari a due volte il ticket che si pagherebbe al servizio sanitario nazionale. La visita cardiologica, però, non è la più costosa. A Urbino una donna che vuole andare dal ginecologo può farlo in una settimana, con 160 euro. Se le liste d’attesa non fossero così lunghe potrebbe sottoporsi allo stesso controllo spendendo 20 euro, otto volte meno. Per una colonscopia ne servono 190, ma si ha la garanzia di sottoporsi all’esame in quattro giorni. Circa il doppio rispetto a quanto costerebbe l’esame rivolgendosi alla sanità pubblica. Quello che lascia davvero senza parole è scoprire che a Pesaro basta una settimana per fare una risonanza al cervello. Al prezzo di 344,19 euro, un terzo dello stipendio di un operaio e 100 euro in più rispetto al ticket. Per curarsi i cittadini sono chiamati a mettere mano sempre più al proprio portafogli, ma non tutti possono permetterselo.
“Servono limiti”. La soluzione è abbattere i lunghi tempi di attesa. Ma come farlo? Alcune risposte arrivano dalla Onlus Cittadinanzattiva. L’associazione chiede il blocco immediato dell’attività libero-professionale in due casi: se supera quella effettuata in reparto e se, per una visita con il servizio sanitario nazionale, si sforano i tempi di attesa massimi previsti dalla legge. Inoltre chiede di effettuare visite anche di sabato e domenica. “Serve una regolamentazione unica per i medici che esercitano attività libero-professionale nelle strutture ospedaliere” dice Monia Mancini, segretario regionale dell’associazione.