La storia di Napoli nel guanto dell’imprenditore anti-clan
Pubblicato il 10/04/2012
NAPOLI – Mauro Squillace ha ereditato dal nonno e poi dal padre una delle fabbriche di guanti più importanti del mondo, “Omega”. Una tradizione familiare lunga più di 100 anni, ma per lui all’inizio non è stato facile lavorare: “I grandi magazzini francesi, come La Fayette, mi chiudevano le porte in faccia negli anni ’70 perché ero giovane e napoletano. Ora sono loro a chiamarmi. All’estero esporto circa il 95 % della produzione. In Italia invece i grandi marchi come Versace e Armani passano per intermediari, che comprano prodotti di importazione a prezzi bassi”.
Poco apprezzato dai francesi, Squillace ha trasformato la sua napoletanità in un punto di forza: “La furbizia napoletana è un valore aggiunto se usato positivamente, per risolvere i problemi. Se uno vuole essere furbo solo per essere furbo, lo fa una volta il commercio, poi si brucia completamente. Noi diamo un servizio prima, durante e dopo la vendita.”
Squillace vende 60 mila paia di guanti all’anno e non risente affatto della crisi. Il suo guanto entra ed esce dall’azienda una ventina di volte prima di essere pronto. Tutti i passaggi, dal taglio alla definizione, sono fatti a domicilio, come da tradizione napoletana. “Mi riempie di orgoglio sentir dire a uno straniero che la visita alla fabbrica è stata più interessante di quelle a chiese e musei. Una volta un canadese, dopo aver comprato un paio di guanti, mi ha detto: ‘Io non sto comprando un guanto, ma la storia di Napoli”.
“Offro lavoro soprattutto a persone che vivono qui alla Sanità. Per questo mi rispettano tutti, anche i camorristi. So benissimo che c’è la camorra qua. Nel post-terremoto vennero a chiedermi una percentuale sui lavori di ristrutturazione del palazzo, ma io li mandai a quel paese. Il parroco di santa Maria alla Sanità, padre Antonio Loffredo, è un mio amico. Lui manda qui dei ragazzi a fare l’apprendistato per imparare il mestiere. E per togliere manodopera alla criminalità”.