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Spot.us: due anni d’inchieste pagate dai lettori

di    -    Pubblicato il 21/04/2010                 
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Spot.usAppena 30 dollari e potremo leggere dei disastri ecologici di Islais, un’insenatura di San Francisco, oggi minacciata da nuovi piani della compagnia dei trasporti cittadina. Solo 30 dollari da aggiungere ai 970 già raccolti da Spot.us per realizzare l’inchiesta di Matt Baume.

Il crowdfunding sta arrivando in Italia ma Spot.us esiste negli Stati Uniti dal 2008 e da allora ha reso possibile la pubblicazione di moltissime inchieste, una buona parte sviluppate in California. E d’altra parte qualcuno lo ha capito già: è il locale a prendere sempre più piede.

Dalle bidonville di San Francisco alle sue fogne, dalla scomparsa delle piccole scuole californiane all’efficacia di Twitter nei servizi pubblici. Tutte queste inchieste sono state finanziate dal pubblico che si è mostrato interessato all’una piuttosto che a un’altra.

Qualcuno ha donato cinque dollari, qualcun’altro cento. Privati cittadini e organizzazioni hanno permesso la pubblicazione di inchieste che altrimenti sarebbero potute invecchiare sulle scrivanie dei direttori dei giornali tradizionali. Invece oggi Alan Mairson e Megan Casey, due cittadini che hanno donato rispettivamente 25 e 10 dollari, leggono le storie di soprusi della polizia sulla popolazione nera di Oakland.

E in realtà non dovremmo parlare di donazione: in fin dei conti Mairson e Casey hanno comprato una notizia che volevano leggere, come avevano fatto prima di Spot.us comprando i giornali. E probabilmente non lo hanno fatto perché le “donazioni” sono detraibili dalle tasse, come la redazione di Spot.us tiene a precisare.

Ma Spot.us va oltre i giornali e sfrutta al massimo le potenzialità del web 2.0: filmati, gallerie fotografiche, inserti audio affiancano gli articoli. E come prassi affermata del web, i lettori possono lasciare commenti e contribuire alla completezza della notizia.

Il successo è confermato dal fatto che New York Times, Oakland Tribune, San Francisco Magazine, fondazioni e organizzazioni di informazione hanno iniziato a interessarsi a Spot.us e ora ne sono partner e alcune inchieste sono state pubblicate anche sul New York Times.

Tutto è documentato: le inchieste si dividono in “pubblicate”, “finanziate”, “quasi del tutto finanziate” e “da finanziare”. Il costo totale del singolo progetto è pubblico, come pubblico è il totale dei finanziamenti raccolti e chi li ha fatti.

Il giornalista che vuole proporre una storia deve solo registrarsi, presentare il progetto, aspettare il vaglio della redazione di Spot.us. Poi è il momento della raccolta fondi e successivamente della realizzazione del reportage. L’inchiesta finita viene controllata dalla redazione di Spot.us e poi pubblicata.

Cosa bisogna aspettarsi dal futuro? “Così tante cose!” si legge sul sito di Spot.us e infatti spiegano come per ora abbiano messo in pratica solo un quarto delle cose che hanno in mente per i tre soggetti a cui si indirizzano – cittadini, reporter e nuove organizzazioni. E in pieno spirito con la cultura della partecipazione aggiungono: “We are responsive to you, so your feedback is welcome”.

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