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Il futuro di Indesit? “Sarà tutto in Italia”

di    -    Pubblicato il 20/04/2011                 
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Andrea Merloni a sinistra assieme al professor Valeriano Balloni dell'Istao

URBINO – Andrea Merloni, classe 1967, è presidente del consiglio di amministrazione della Indesit Company dall’aprile 2010. A proposito di utopia e impresa, in occasione dei “Dialoghi”, spiega che “in ogni iniziativa industriale non c’è valore del successo economico se non c’è anche l’impegno nel progresso sociale” citando lo zio, Aristide Merloni, il fondatore della Merloni, nel 1967. Anche se non si può prescindere dal profitto nella conduzione di un’azienda.

La Indesit ha varato il Piano Italia. Le prime mosse sono state quelle di chiudere gli stabilimenti di Bergamo e Treviso. Ma dei 120 milioni stanziati in tre anni quanto sarà investito nel nostro Paese? E nella regione Marche?
I 120 milioni sono tutti investiti in Italia e verranno usati per nuovi prodotti e per ottenere più efficienza nelle  fabbriche. Abbiamo accorpato la produzione realizzata in Italia: gli stabilimenti erano otto, ora li abbiamo accorpati in sei ma fondamentalmente la produzione rimane tutta italiana. Nella regione Marche lo stabilimento di Treviso, importante polo di produzione di acciaio inox, viene portato a Fabriano.

Come sta andando il reinserimento, “innovativo e ambizioso” nelle parole di Gianluca Ficco della Uilm, pianificato con i sindacati a seguito della chiusura degli stabilimenti di Bergamo e Treviso? Perché è innovativo?
E’ innovativo perché ci siamo presi l’impegno di non lasciare a piedi nessuno nel senso che ci siamo fatti carico della rilocazione di tutti i dipendenti. Sta andando bene, si parla di circa 500 dipendenti. Bene perché ci sono state molte offerte di lavoro, in questo naturalmente Bergamo è una città che nonostante la crisi ha dei livelli di occupazione che sono tra i migliori d’Italia. Il reinserimento avverrà a condizioni equivalenti e con contratti a tempo indeterminato. Stiamo anche lavorando a incentivi economici per le aziende che assumono i nostri ex-dipendenti e daremo la precedenza, nella cessione dei nostri stabilimenti dismessi, a quelle aziende che si impegnano a riassumere il maggior numero possibile di nostri operai.

Quali crede che saranno i destini societari della Indesit? Crescerà o verrà assorbita? Si ipotizza una crescita o una riduzione della produzione?
Se lo sapessi oggi avrei già fatto il piano per i prossimi anni. In questi 36 anni ci siamo dimostrati efficienti, organizzati e forse più efficaci di molti altri. Cerchiamo di continuare ad esserlo, ovviamente vorremmo crescere, ma quello che è il futuro è difficile da prevedere.

Come vede il futuro dell’industria degli elettrodomestici in Italia? Molte sono le industrie ancora in crisi: la Merloni commissariata o la Elettrolux che taglia il personale. Si continuerà a delocalizzare il lavoro spostandolo dove costa meno?
L’elettrodomestico nel generale ha un indotto molto grande e ha un peso rilevante sull’economia del paese. Certo che il mondo è difficile, la competizione è diventata sempre più agguerrita, i turbamenti economici non sono finiti. Quello che succede agli altri non lo so, le posso dire quello che succede alla mia azienda: noi abbiamo già dichiarato che lasciamo tutta la produzione in Italia, non stiamo delocalizzando e non abbiamo mai delocalizzato. Per quanto riguarda la Merloni, io non ci sono mai nemmeno stato in quegli stabilimenti.

Gli incentivi stanziati dal Governo nel settore degli elettrodomestici hanno fatto sentire la loro influenza o non sono stati utili a risollevare le vendite?
Credo che gli incentivi per quanto abbiano aiutato il mercato temporaneamente, dovrebbero essere dati per il  miglioramento delle tecnologie a lungo termine, cioè l’incentivo dovrebbe essere qualcosa che fa progredire la  tecnologia nel senso di minor consumo energetico, minor impatto ambientale e così via. L’incentivo spot dato per  qualche mese crea delle distorsioni nel mercato perché fa impennare la domanda che poi dopo crolla nuovamente, quindi alla fine non so se i benefici apportati sono maggiori dei problemi. Quindi secondo me, ammesso che debba essere pensato un incentivo, deve essere pensato collegato alla tecnologia e non a situazioni di mercato.

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