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Il “mito” di Bin Laden fa più paura dopo la sua morte

di    -    Pubblicato il 3/05/2011                 
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Massimiliano Cricco

URBINO – L’uccisione di Osama Bin Laden, vissuta come una vittoria dall’Occidente, potrebbe avere come conseguenza quella di rivitalizzare l’ostilità dei fondamentalisti nel segno del suo “martirio”. Massimiliano Cricco, docente di Relazioni internazionali nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Urbino e collaboratore di Limes, ha commentato l’operazione americana che ha portato alla morte del leader di al-Qaida e le sue ripercussioni a livello internazionale.

“Al-Qaida non ha una vera e propria organizzazione gerarchica – spiega il professor Cricco – ma agisce secondo un sistema di cellule sparse in tutto il mondo che in genere si attivano per ordini superiori ma che possono anche agire indipendentemente in caso di emergenza”. Il rischio, quindi, è che cellule di al-Qaida o cellule isolate salafite (la parte più integralista dell’islam) possano organizzare controvendette, rappresaglie e attentati in tutti i Paesi occidentali.

“Negli ultimi anni Bin Laden aveva perso gran parte del potere – continua il professor Cricco – la sua leadership si era affievolita perché sentendosi braccato aveva tagliato ogni rapporto anche con i media e la sua popolarità era calata, soprattutto tra i giovani arabi. Il leader dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione islamica che si considera l’erede del creatore del fondamentalismo islamico, ha dichiarato ai media occidentali che la morte di Osama ha rimosso una delle ragioni per cui la violenza si è praticata nel mondo”. Un’affermazione che suona come una volontà da parte delle giovani forze islamiche di dissociarsi dal terrorismo violento di Bin Laden.

Anna Maria Medici

Dello stesso parere Anna Maria Medici, docente di Sistemi politici dei Paesi islamici dell’Università di Urbino, facoltà di Scienze Politiche. “L’annuncio dell’uccisione di Bin Laden è importante anche come tassello dell’onda lunga del declino del terrorismo islamico qaedista e delle sue diverse articolazioni e mutazioni. Soprattutto se lo si intende come tentativo di intercettare il malcontento politico e sociale delle popolazioni musulmane per spingerle in una cornice di estremismo religioso”. Per molto tempo al-Qaida ha invocato l’uso della violenza come unico mezzo per rovesciare i governi arabi alleati degli Usa, spiega la professoressa Medici, e ha invitato i giovani arabi ad arruolarsi nelle sue fila. “In questo senso le rivolte in Africa del Nord, dove di recente era nata una base regionale della organizzazione, sono state quanto di più distante dalle parole d’ordine del terrorismo qaedista. Sicuramente, un ciclo si è chiuso”.

“L’organizzazione di al-Qaida, per quel che è stata e ha rappresentato, era già da tempo alle sue battute finali – spiega ancora Medici – ma questo declino e questa morte del leader non garantiscono certo che finisca oggi il terrorismo. La fase che si va chiudendo lascia in difficoltà molti oscuri alleati di al-Qaeda e il suo spettro può sempre servire. La storia ha più volte dimostrato che sono sufficienti poche centinaia di persone ben finanziate con potenti alleati senza scrupoli per seminare il terrore. E i nemici della stabilità e della democrazia non mancano”.

Anche il Pakistan si trova oggi in una situazione complessa. Si pensava che Osama Bin Laden si nascondesse in una grotta in zone impervie del Paese, poco conosciute anche alle stesse autorità. Invece è stato trovato in una cittadina a due passi dalla capitale. “I servizi segreti pachistani non potevano non sapere dove si trovava – aggiunge Cricco – e ora si teme che le cellule integraliste islamiche presenti nel Paese possano scatenare una vendetta contro il governo, colpevole di aver venduto Bin Laden. Un Bin Laden quasi dimenticato che dopo la morte potrebbe diventare un modello, un simbolo, un mito”. E questo, secondo quanto dichiarato dagli Usa, è uno dei motivi per cui il suo corpo sarebbe stato seppellito in mare: per evitare che i fanatici e integralisti potessero fare pellegrinaggi sulla sua tomba considerandolo come un martire e coagulare nuove forze eversive integraliste in tutto il mondo.

Il realtà proprio questo gesto potrebbe contribuire a mitizzare la sua figura. Secondo la professoressa Medici, infatti, il rischio è quello di far nascere infinite leggende sulla sua morte; Bin Laden era diventato un simbolo e la sua figura rimandava sempre meno al leader politico-militare e sempre di più ad una guida spirituale che interpreta grandi eventi e disegna orizzonti. “Ma era un simbolo anche grazie all’Occidente, perché le democrazie occidentali non si sono ancora emancipate dall’esigenza di personificare il ‘male’ e dare un volto al nemico”.
“Il terrore rimane, la paura c’è – conclude Cricco – la morte di un leader è sicuramente un colpo duro inferto agli integralisti islamici ma non è la fine di tutto né l’intensificarsi di tutto”.

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